Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21906 del 21/10/2011

Cassazione civile sez. II, 21/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 21/10/2011), n.21906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (OMISSIS), G.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato MARTIGNETTI MARIA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RESTANO MASSIMO;

– ricorrenti –

contro

A.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA I. GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato CONTENTO

GIANCARLO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CONTI GIORGIO, CONTINO GIUSEPPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 392/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/201 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato RESTANO Massimo, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CONTENTO Giancarlo, difensore della resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 13/4/2001 A.R. conveniva in giudizio G.F. e G.A. e, premesso di essere proprietaria, in forza di atto pubblico di divisione del quale indicava data ed estremi di trascrizione, di un podere confinante con terreni di proprietà dei G. gravati di servitù di passaggio su una strada carraia, chiedeva dichiararsi il proprio diritto a eseguire, a proprie spese, opere di manutenzione sulla strada carraia sulla quale era esercitata la servitù.

I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto della domanda attrice eccependo che la strada oggetto di causa era sempre stata utilizzata per finalità agricole e che le opere che intendeva realizzare l’ A. non erano finalizzate alla manutenzione della strada, ma ad alterarne consistenza e struttura per consentire il transito con veicoli diversi da quelli agricoli, violando l’art. 1067 c.c. che vieta innovazioni tali da rendere più gravosa la condizione del fondo servente; contestavano, inoltre, l’interpretazione di parte attrice sul titolo costituivo della servitù e sostenevano che la frase “avrà diritto di passaggio nel modo più ampio sulla carraia”, si riferiva non al contenuto del diritto, ma alle modalità di esercizio della servitù avuto riguardo alle esigenze del fondo dominante al momento della costituzione della servitù e non con riferimento ad ogni altra esigenza diversa da quella ricavabile dal titolo.

Il Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza, senza ammettere le prove richieste dalle parti, con sentenza del 16/3/2003 riteneva che l’attrice fosse legittimata ad eseguire opere di ordinaria o straordinaria manutenzione per conservare la servitù, ma non fosse legittimata a trasformare la strada carraia in una strada carrozzabile; pertanto rigettava la domanda.

L’ A. proponeva appello al quale resistevano i G. i quali, deducendo l’inammissibilità della produzione, in appello, del titolo che dimostrava la proprietà, da parte dell’attrice, del fondo dominante, chiedevano il rigetto della domanda di parte appellante per difetto di legittimazione attiva e comunque nel merito.

Con sentenza depositata il 26/5/2005 il Tribunale di Bologna in totale riforma della sentenza del giudice di primo grado, accoglieva la domanda attorea e dichiarava il diritto della A. ad eseguire le opere di manutenzione indicate in atto di citazione. Al riguardo rilevava:

– che la produzione del rogito notarile di divisione in appello, per provare il diritto di proprietà sul fondo dominante, era ammissibile non solo perchè il divieto di nuove prove secondo giurisprudenza consolidata, riguardava solo le prove costituende, ma anche perchè l’eccezione di difetto di legittimazione attiva era stata sollevata in primo grado solo con la memoria di replica, mentre in comparsa di costituzione la legittimazione attiva dell’attrice era stata implicitamente riconosciuta e, comunque, l’attrice, già con l’atto di citazione aveva indicato gli estremi dell’atto pubblico in forza del quale era divenuta proprietaria del fondo dominante;

– che il titolo costitutivo della servitù, attribuendo un diritto di passaggio “nel modo più ampio” includeva il passaggio con ogni mezzo perchè l’originario proprietario di tutta l’area poi in parte ceduta ai convenuti, non aveva motivo di imporsi limitazioni alla tipologia di veicoli in quanto sul suo fondo si trovavano anche fabbricati di civile abitazione e, di conseguenza, le parti si rappresentavano, già all’epoca, la necessità di transitare con veicoli diversi da quelli agricoli;

– che i convenuti non avevano interesse ad opporsi ad un miglioramento della strada esistente e poteva seriamente dubitarsi che tale miglioramento comportasse una maggiore gravosità della servitù;

che le modalità di esercizio della servitù dipendevano dal titolo e dalla sua interpretazione ed era quindi irrilevante la circostanza che l’ A. potesse o meno accedere alla pubblica via, con autoveicoli, percorrendo altro stradello.

G.F. e G.A. propongono ricorso per Cassazione fondato su tre motivi, al quale resiste con controricorso A.R.; i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 184, 345 c.p.c., dell’art. 111 Cost., dell’art. 2697 c.c. e il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 perchè il giudice di appello, sull’erroneo assunto per il quale la preclusione di nuovi mezzi di prova in appello non si estenderebbe ai documenti (alla luce della normativa anteriore alla L. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile al caso di specie) avrebbe ammesso la produzione di un documento (atto di divisione che proverebbe, a detta dei ricorrenti, la legittimazione attiva dell’attrice quale proprietaria del fondo dominante)che non era stato prodotto in primo grado e che pertanto non poteva più essere prodotto in appello per il divieto dell’art. 345 c.p.c., indipendentemente dalla circostanza che si trattasse di una prova precostituita e non di una prova costituenda, posto che la preclusione vale per entrambe le prove. I ricorrenti censurano inoltre la motivazione, addotta quale ulteriore motivo di ammissibilità della produzione, per la quale l’eccezione di difetto di prova della proprietà del fondo dominate sarebbe stata sollevata tardivamente in memoria di replica del primo grado, mentre in precedenza la legittimazione attiva era implicitamente riconosciuta in comparsa di risposta; si sostiene che il thema probandum sarebbe determinato dallo spirare del termine per le produzioni istruttorie di cui all’art. 184 c.p.c., mentre in precedenza nessuna eccezione poteva essere formulata.

2. L’art. 345 c.p.c., comma 3, effettivamente va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova “nuovi” – la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame, requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione (v.

Cass. S.U., sent. n. 8203 del 2005, e succ. conformi: n. 622, 1120, 15514 del 2006, n. 3644, n. 12792 del 2007, n. 11346 e n. 21561 del 2010).

Nel caso di specie, tuttavia, l’eccezione di inammissibilità del documento, sulla quale la Corte territoriale avrebbe erroneamente provveduto, è priva di rilevanza nel processo perchè, come risulta dalla decisione impugnata, la Corte di appello non ha fondato la propria decisione in punto legittimazione attiva sul documento tardivamente prodotto, ma ha fornito una autonoma motivazione rilevando che gli stessi convenuti, proprietari del fondo servente, avevano riconosciuto che l’ A. era proprietaria del fondo dominante.

D’altra parte, la correttezza della decisione, emerge con evidenza dallo stesso contenuto delle conclusioni assunte dai convenuti in comparsa di risposta, trascritte nel controricorso (pag. 3):

“…accertato che il fondo di proprietà G. è gravato di servitù di passaggio esclusivamente agricolo a favore della proprietà della sig.ra A.R….”. Questa ratio decidendi, per la quale viene implicitamente escluso che l’accertamento della titolarità del fondo, non contestata, potesse formare oggetto del thema probandum, non ha formato oggetto di impugnazione e pertanto il primo motivo risulta inammissibile, posto che l’eventuale suo accoglimento non potrebbe comportare una modifica della decisione in merito alla riconosciuta legittimazione dell’ A. quale proprietaria.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1063 c.c. e il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 perchè il giudice di appello avrebbe esaminato il titolo costitutivo della servitù in modo parziale, interpretando l’espressione “in modo più ampio” senza considerare l’intero testo della clausola contrattuale e, in particolare, la definizione come carraia del percorso sul quale doveva esercitarsi il passaggio; tale definizione allude, secondo i ricorrenti ad un passaggio su un terreno con erba per finalità agricole e non ad una strada.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1027,1028, 1063, 1064, 1065, 1067 c.c. e il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 perchè il giudice di appello non avrebbe indagato sulla comune intenzione delle parti (art. 1362 c.c.), limitandosi ad ricostruire la volontà di una sola parte e sulla base dell’erroneo presupposto di fatto per il quale sul fondo A. esistessero anche fabbricati di civile abitazione e senza considerare che per il traffico veicolare già esisteva altro accesso verso la pubblica via; il giudice inoltre non avrebbe preso in considerazione che all’epoca della costituzione della servitù la carraia era utilizzata esclusivamente per finalità agricole, che le esigenze del fondo dominante erano esclusivamente agricole, che non sarebbe stato applicato il criterio ermeneutica dell’art. 1065 c.c. per il quale nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve intendersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente, che le opere erano preordinate alla realizzazione di una diversa viabilità funzionale alle mutate esigenze del fondo dominante, in spregio del divieto di rendere più gravosa la servitù, che per la manutenzione di una strada carraia agricola non erano necessarie le opere che l’attrice intendeva realizzare.

5. Il terzo e il quarto motivo devono essere esaminati congiuntamente perchè con essi si censura, nella sostanza, la motivazione della sentenza di appello che si fonda sull’interpretazione letterale del titolo (interpretazione comunque contestata dai ricorrenti) e trascura di considerare, in concreto, quali fossero le modalità e le condizioni di esercizio della servitù al momento della sua costituzione e successivamente fino alla proposizione della domanda giudiziale diretta a sentir dichiarare il diritto dell’attrice ad eseguire opere asseritamente dirette alla manutenzione della servitù.

La censura complessivamente considerata, è fondata. La Corte territoriale ha errato nel dare primario rilievo ad una espressione contenuta nel titolo costitutivo della servitù nel quale, si stabiliva il passaggio nel modo più ampio sulla carraia, ma non si indicavano espressamente modalità di esercizio del passaggio diverse da quelle logicamente consentite dalle caratteristiche della carraia.

Il giudice di appello, inoltre, come correttamente rilevato dai ricorrenti, non ha preso in considerazione lo stato dei luoghi (al momento in cui fu costituita la servitù e al momento in cui si chiedeva l’autorizzazione per l’intervento conservativo); tale accertamento era invero indispensabile al fine di stabilire se le opere che intendeva eseguire il proprietario del fondo dominante fossero di mera conservazione della esistente servitù o se, inammissibilmente, fossero dirette a modificare lo stato dei luoghi (con ciò integrando una innovazione non consentita, ma nella sentenza impugnata non è dato rinvenire alcuna motivazione in merito alla natura dell’intervento) per un maggiore comodità del fondo dominante o a soddisfare bisogni nuovi per 1 quali che possano richiedere un ampliamento della servitù, tenuto conto che l’intervento modificativo e migliorativo esula dall’ambito dell’intervento conservativo considerato dall’art. 1069 c.c..

6. Sotto gli evidenziati profili, occorre, quindi, accogliere il secondo e il terzo motivo del ricorso e cassare la sentenza impugnata con rinvio al altra sezione della Corte di Appello di Bologna anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2011

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