Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21905 del 21/10/2011

Cassazione civile sez. II, 21/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 21/10/2011), n.21905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V.P., D.V.F., DI.VA.AG., i primi

due nella qualità di eredi di D.V.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA M. DIONIGI 57, presso lo studio

dell’avvocato DE CURTIS CLAUDIA, rappresentati difesi dagli avvocati

ALLODI Giovanni, ROMANO DOMENICO;

– ricorrenti –

contro

AMMIMISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI ((OMISSIS)) in persona del

Presidente pro tempore della Giunta Provinciale dott. DI PALMA

Riccardo, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 22,

presso lo studio dell’avvocato MILETO BRUNELLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati DI FALCO ALDO, MAURIZIO M. MARSICO;

COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A. CATALANI 26, presso lo studio

dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO, rappresentato e difeso dagli

avvocati BARONE EDOARDO, TARALLO GIUSEPPE;

– controricorrenti –

e contro

DI.VA.AN.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3238/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’avvocato Romano DOMENICO, difensore dei ricorrenti, che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento 2^ motivo del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati atti di citazione del 13/7/1992 Di.Va.Ag. e D.V.A. chiedevano declaratoria di avvenuto acquisto per usucapione di due appezzamenti di terreno (uno per ciascuno) all’interno della più vasta area individuata al foglio 32, particella 36 ex 25 del catasto terreni di (OMISSIS); esponevano di avere posseduto, con possesso pacifico e ininterrotto, per oltre un ventennio i suddetti terreni di proprietà dell’Amministrazione Provinciale che ne era divenuta proprietaria a seguito di decreto di esproprio del 21/5/1961.

Nei processi riuniti si costituiva l’Amministrazione Provinciale che contestava le domande attrici ed eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva in quanto non era più proprietaria dei beni che in data 23/6/1982 erano stati trasferiti al Comune di Napoli per essere successivamente attributi alla USL n. (OMISSIS); nel merito, eccepiva che i fondi reclamati erano parte integrante e individuabile del complesso di un Ospedale.

Gli attori chiedevano l’autorizzazione alla chiamata in causa del comune di Napoli che, previa autorizzazione del G.I., era chiamato in causa con atto notificato l’11/4/1995.

Il Comune di Napoli si costituiva, contestava la domanda attrice e comunque eccepiva di non essere passivamente legittimato perchè con decreto n. 4025/82 del Presidente della Giunta Regionale tutta la zona era stata destinata alla USL (OMISSIS) nei confronti della quale, a suo dire, andava proposta la domanda.

Espletate le prove testimoniali e la C.T.U. il Tribunale di Napoli con sentenza 1/12/2000 rigettava per infondatezza le domande degli attori e dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Provincia di Napoli.

Proponeva appello Di.Va.Ag. e, per la distinta domanda proposta da D.V.A., proponevano appello Di.Va.An., D.V.F. e D.V.P. quali eredi di D.V. A. censurando la decisione di primo grado sia con riferimento alla ritenuta carenza di legittimazione passiva dell’Amministrazione Provinciale, sia con riferimento al merito della decisione che aveva ritenuti insussistenti, in fatto, i presupposti per l’usucapione.

Le appellate amministrazioni provinciale e comunale si costituivano e chiedevano il rigetto dell’appello e, con appello incidentale, la condanna degli attori al pagamento delle spese di primo grado che erano state compensate dal primo giudice.

Con sentenza del 2/12/2004 la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale.

La Corte territoriale rilevava:

– che i beni de quibus con verbale di consegna del 23/6/1982 erano stati consegnati alla USL (OMISSIS) in conseguenza del decreto del 27/5/1982 del Presidente della Giunta Regionale con il quale era stato stabilito che i beni immobili degli ospedali psichiatrici erano trasferiti al patrimonio del Comune con vincolo di destinazione alle UUSSLL;

– che era provato (e neppure contestato)che i fondi costituivano parte integrante del complesso ospedaliere dovendo essere utilizzati per opere di urbanizzazione primaria e secondaria al servizio dei padiglioni;

che pertanto i terreni, all’epoca della domanda, appartenevano patrimonio indisponibile del Comune in quanto destinati a pubblico servizio e ai sensi dell’art. 828 c.c. non potevano essere sottratti alla loro destinazione con la conseguenza che i beni non erano suscettibili di usucapione.

Di.Va.Ag. e D.V.F. e D.V.P. quali eredi di D.V.A. propongono ricorso per Cassazione fondato su tre motivi; resistono con controricorso le Amministrazioni provinciale e comunale; non si è costituta l’intimata Di.Va.

A.. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. e dell’art. 2909 e il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5; essi sostengono che le Amministrazioni resistenti non hanno proposto appello avverso la statuizione del primo giudice che implicitamente riconosceva l’usucapibilità dei beni in contestazione avendo rigettato le domande attrici non perchè i beni non fossero usucapibili, ma perchè non era decorso il ventennio dalla data in cui la Provincia proprietaria aveva disposto dei beni consegnandoli al Comune.

2. Il motivo è infondato perchè la Provincia e il Comune erano pienamente vittoriose nel merito in primo grado e pertanto, difettando di interesse al riguardo, non avevano l’onere di proporre, a seguito del gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado (per tali dovendosi intendere non solo quelle esplicitamente respinte, ma anche le eccezioni che risultino superate o non esaminate perchè assorbite o anche); i convenuti erano tenuti soltanto a riproporle espressamente nel giudizio di appello (come è avvenuto) in modo tale da manifestare la loro volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. (cfr., per l’affermazione del principio, ex multis, Cass. 26/11/2010 n. 24021).

3. Con il secondo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 826, 828, 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In sintesi, si sostiene viziata da contraddittorietà e da erronea valutazione delle prove la motivazione per la quale i terreni de quibus sarebbero rientrati nel patrimonio indisponibile del Comune e, come tali, non sarebbero stati suscettibili di usucapione perchè dovevano essere utilizzati per opere di urbanizzazione primaria e secondaria a servizio dei padiglioni destinati al ricovero e alla cura dei degenti. Secondo i ricorrenti, le prove raccolte e, in particolare, gli accertamenti del C.T.U., univocamente dimostravano la mancata concreta destinazione dei suoli a finalità pubbliche essendo stato accertato che i terreni erano coltivati, privi di opere pubbliche e con una recinzione che li divideva dal complesso ospedaliero.

4. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un Ente territoriale si stabilisce in relazione alle caratteristiche funzionali ed oggettive del bene stesso e ciò presuppone non solo che il bene sia di proprietà dell’Ente, ma anche una concreta destinazione dello stesso ad un pubblico servizio (cfr. Cass. 9.9.1997, n. 8743; Cass. 16/12/2009 n. 26402).

Nel caso di specie la Corte di Appello di Napoli richiama il decreto prefettizio di esproprio del 1963, con il quale i beni erano destinati alla costruzione dell’Ospedale psichiatrico, ma non risulta se quella destinazione sia stata in concreto realizzata.

Il giudice di secondo grado richiama, poi, la L. n. 833 del 1978 e il decreto del 27/5/1982 del Presidente della Giunta Regionale della Campania U.S.L. che, in attuazione della suddetta legge aveva trasferito i beni degli Ospedali psichiatrici al Comune di Napoli perchè fossero attribuiti alle U.S.L. e, infine, il verbale di consegna del 23/6/1982 con il quale i beni in contestazione (già appartenenti al complesso ospedaliero psichiatrico del (OMISSIS)) erano consegnati al patrimonio comunale.

Da queste premesse in fatto, la Corte territoriale trae la conclusione che i fondi per cui è causa costituiscono parte integrante del complesso ospedaliero dovendo essere utilizzati per opere di urbanizzazione primaria e secondaria al servizio dei padiglioni ospedalieri.

Tuttavia, la destinazione dei beni a soddisfare una pubblica esigenza non può discendere dalla mera manifestazione della volontà della P.A. di destinarli al pubblico servizio, ma occorre il requisito oggettivo della effettiva destinazione del bene all’utilità pubblica a cui è finalizzato: occorre quindi che questa destinazione sia concreta.

In tal senso si è già pronunciata questa Corte a S.U. affermando il principio secondo il quale un bene non appartenente al demanio necessario può rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali (indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826 c.c., comma 3) solo se sussiste il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio (Cass. S.U. 28/6/2006 n. 14865).

In conformità al precedente e proprio in materia di usucapione di beni pubblici, Cass. 16/12/2009 n. 26402 ha affermato il principio di diritto secondo il quale “l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un Ente territoriale discende non solo dalla esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad uso pubblico, ma anche dalla concreta utilizzazione dello stesso a tale fine, la cui mancanza deve essere desunta dalla decorrenza, rispetto all’adozione dell’atto amministrativo, di un periodo di tempo tale da non essere compatibile con l’utilizzazione in concreto del bene a fini di pubblica utilità”. La Corte territoriale ha motivato solo su uno dei due requisiti necessari per l’appartenenza del bene al patrimonio indisponibile, ossia sulla volontà dell’amministrazione di utilizzare i beni per opere di urbanizzazione primaria e secondaria al servizio dei padiglioni ospedalieri, ma ha omesso ogni considerazione e valutazione sul requisito oggettivo, ossia sulla concreta utilizzazione dei beni per l’uso pubblico; il motivo di ricorso va dunque accolto.

5. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. e dell’art. 1158 c.c. e il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Si sostiene che l’amministrazione provinciale convenuta, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, non era carente di legittimazione passiva nella causa di usucapione in quanto era la proprietaria dei beni al momento in cui era maturata l’usucapione e nei suoi confronti doveva essere proposta la domanda.

6. Il motivo è infondato perchè, come esattamente rilevato dalla Corte di Appello di Napoli, al momento della proposizione della domanda la Provincia non era più proprietaria dei beni e, come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. 18/10/2004 n. 20397;

Cass. 26/4/2000 n. 5335; 8/6/1994 n. 5559) la domanda doveva essere proposta nei confronti di chi era proprietario del bene al momento della domanda e non nei confronti di chi lo era nel periodo in cui maturava l’usucapione.

6. In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione quanto alla domanda proposta dai D. V. nei confronti del Comune di Napoli.

Per il rigetto del terzo motivo di ricorso restano confermate la reiezione della domanda proposta nei confronti dell’Amministrazione provinciale di Napoli e le relative statuizioni in punto spese e i ricorrenti devono essere condannati a pagare alla predetta amministrazione provinciale le spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta gli altri;

cassa, in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione quanto al rapporto processuale tra i ricorrenti e il Comune di Napoli.

Rigetta il ricorso nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Napoli e condanna i ricorrenti a pagare alla predetta Amministrazione, in persona del Presidente pro tempore, le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2011

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