Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21905 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 09/10/2020), n.21905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16782-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio GREZ & ASSOCIATI SRL,

rappresentata e difesa dall’avvocato ILARIA CASTELLANI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2350/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR della Toscana, con sentenza nr. 2350/2018, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e Agenzia della riscossione avverso la pronuncia della CTP di Firenze con cui era stato accolto il ricorso presentato dalla Lega Italiana Calcio Professionale avente ad oggetto una intimazione di pagamento di Euro 175.378,03.

Rilevava che le questioni in discussione erano incentrate sulla prospettata decadenza dal potere di proporre appello avverso l’intimazione di pagamento per mancata impugnazione del provvedimento di diniego della definizione dei carichi di ruolo pendenti nonchè dell’intervenuta prescrizione.

Osservava in ordine al primo aspetto che detta decadenza non si era verificata in quanto il provvedimento di diniego si riferiva alla vicenda giuridica infraprocedimentale avente un oggetto distinto ed indipendente rispetto alla pretesa impositiva e come tale eventualmente rilevante ai fini dell’interruzione della prescrizione.

Relativamente all’altro tema in discussione affermava che la definizione della controversia mediante condono non costituiva riconoscimento di debito ma una facoltà concessa al contribuente per estinguere una pretesa fiscale ritenuta non dovuta nel suo importo complessivo.

Sottolineava infatti che il principio affermato dalla giurisprudenza in base al quale alla proposizione dell’istanza di condono deve attribuirsi valore di comportamento concludente vale nel caso la definizione si perfezioni sussistendone i presupposti normativi divenendo irretrattabile per il contribuente; circostanza questa che non si era invece verificata nel caso in esame così come espresso nel provvedimento di diniego.

Osservava che l’Amministrazione finanziaria non aveva posto in essere alcun atto interruttivo della prescrizione fino alla notifica del provvedimento di diniego avvenuta in data 17.1.2012 dovendosi ritenere lo sgravio un atto interno non notificato al contribuente.

Rilevava infine che la sentenza appellata aveva affermato come nel caso di sanzioni amministrative non derivanti da un provvedimento giurisdizionale il termine di prescrizione fosse quinquennale e che sul punto non vi fosse stata alcuna impugnazione.

Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle Entrate e Agenzia della Riscossione propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso e ricorso condizionato la Lega Calcio Professionistico.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 c.c. e dell’art. 329 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nr. 3.

Si critica il particolare la decisione nella parte in cui non ha inteso riconoscere al preteso pagamento parziale, a seguito della definizione della lite, il valore di riconoscimento dell’esistenza del debito e l’effetto di interruzione della prescrizione.

Si sostiene poi che analogo effetto interruttivo deve potersi applicare al diniego di condono notificato dall’Amministrazione in data 17.1.2012 così come la notifica avvenuta in data 4.12.2007 dello sgravio fiscale.

Si osserva inoltre che la mancata impugnativa del diniego costituirebbe un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi dell’eventuale prescrizione maturata ed avrebbe comportato l’acquiescenza alla pretesa impositiva vantata dall’Amministrane.

In questa prospettiva si afferma che il contribuente avrebbe dovuto impugnare il diniego di condono che gli era stato notificato facendo in tal modo valere in quella sede tutte le eccezioni compresa quella di prescrizione volte a contestare la pretesa avanzata dall’Ufficio.

Il motivo è infondato.

E’ incontroverso che al contribuente venne notificata in data 20.2.2001 una cartella di pagamento e che la stessa non venne impugnata dalla contribuente stesso nei termini di legge, così acquisendo definitività.

Risulta infatti dalla stessa narrativa del controricorso che la Lega Calcio aveva proposto ricorso gerarchico alla Direzione Regionale delle Entrate di Napoli avverso l’atto di accertamento di violazione e irrogazione di sopratasse relativamente a tributi per asserita mancata emissione di biglietti e che successivamente veniva eseguita in data 20.2.2001 la notifica della cartella di pagamento e che a seguito di ciò nel maggio del 2003 la Lega provvedeva al pagamento delle somme per la definizione del carico di ruolo in questione rinunciando al ricorso amministrativo e che dopo 9 anni l’Amministrazione comunicava in data 17.1.2012 il mancato perfezionamento dell’istanza di condono e che ad essa faceva seguito l’intimazione di pagamento in data 3.3.2015 da parte di Equitalia.

Ciò posto occorre ricordare che il diritto alla riscossione di un’imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 (nel testo vigente “ratione temporis”), bensì al termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2953 c.c. per l'”actio iudicati” (Cass., 7 aprile 2017, n. 9076).

Inoltre, questa Corte, a sezioni unite, ha affermato che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (Cass. Civ., 10 dicembre 2009, n. 25790; Cass. 2019 nr. 5577).

Ora venendo al caso in esame la CTR ha delimitato l’oggetto dell’impugnazione all’intimazione di pagamento evidenziando che il provvedimento di diniego costituiva un procedimento distinto ed indipendente rispetto alla pretesa impositiva ed al fine di valutarne la legittimità ha preso in esame la validità degli atti presupposti, spiegando le ragioni per le quali la richiesta fiscale si doveva considerare prescritta.

Il tema del condono non ha costituito oggetto di esame da parte della CTR, che lo ha affrontato solo per la necessità di ripercorrere le fasi che avevano condotto all’emissione della intimazione di pagamento, il cui presupposto era costituito dalla cartella la cui pretesa impositiva proprio perchè fatta valere con la notifica risalente al 20.2.2001 doveva ritenersi ormai coperta dalla prescrizione quinquennale non interrotta dal parziale pagamento effettuato non con effetti estintivi.

Osserva, in particolare, il giudice di appello che l’Amministrazione fino alla notifica del provvedimento di diniego, non aveva posto in essere alcun atto interruttivo non potendosi riconoscere una tale valenza allo sgravio che rappresenta un atto interno.

Così sintetizzato il percorso motivazionale seguito dalla CTR occorre rilevare che in merito all’applicazione del termine quinquennale della prescrizione applicabile al caso de qua nessuna contestazione è stata sollevata dalla ricorrente così come nessuna critica è stata mossa in ordine alla riconosciuta diversità ed indipendenza dei procedimenti che danno luogo all’impugnazione del diniego di condono rispetto a quello riguardante l’impugnazione della pretesa impositiva. In questo quadro il preteso atto interruttivo individuato dall’Amministrazione finanziaria nell’atto di pagamento per il condono risalente al maggio 2003 anche a voler prescindere dalle considerazioni sviluppate nella gravata decisione, sarebbe comunque inidoneo ad interrompere il decorso quinquennale del termine posto che successivamente ad esso il primo atto con cui l’Ufficio ha contestato il perfezionamento della procedura di condono risale al 17.1.2012 ben oltre il quinquennio.

Con riguardo allo sgravio parziale del ruolo che risale al 4.12.2007 va osservato che la CTR ha accertato, con una valutazione in fatto non suscettibile di essere sindacata in questa sede, che tale atto non sia stato notificato alla contribuente senza considerare che tale aspetto non risulta sia stata comunque fatto oggetto di specifica censura da parte della ricorrente.

Alla stregua di quanto sopra esposto il ricorso principale va rigettato con conseguente assorbimento dei motivi introdotti in via di ricorso incidentale condizionato dalla controricorrente e diretti a far valere la pretesa inammissibilità dell’atto di appello per carenza di specificità dei motivi, nonchè l’inammissibilità(della censura relativa all’eccezione di acquiescenza, la pretesa idoneità del diniego di condono ad interrompere il decorso del termine prescrizionale, pretesi vizi motivazionale e di difetto di contraddittorio riguardanti l’avviso di pagamento.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso;

condanna l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia della riscossione a rifondere alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7000,00, oltre spese forfettarie in ragione del 15% e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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