Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21905 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 07/09/2018, (ud. 18/04/2018, dep. 07/09/2018), n.21905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17536-2016 proposto da:

BALTOUR S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO MARCACCI BALESTRAZZI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO ANTONETTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, V.ODERISI DA GUBBIO

78, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO ELIGIO LIBERATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE TEDESCHI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 513/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/05/2016 r.g.n. 129/2016.

Fatto

RILEVATO

1. che con sentenza n. 513 pubblicata il 12.5.2016, la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto il reclamo proposto dalla Baltour s.r.l. avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 4.11.2014 al sig. L. per superamento del periodo di comporto;

2. che la Corte d’appello ha dichiarato inammissibili le allegazioni in fatto della società sul proprio livello occupazionale alla data del 15.11.2005, e le relative produzioni documentali, in quanto tardive perchè effettuate per la prima volta in sede di reclamo, benchè fin dal ricorso introduttivo di primo grado il lavoratore avesse affermato che la Baltour s.r.l. aveva sempre impiegato più di ventisei dipendenti;

3. che, in ragione del dato occupazionale come correttamente accertato dal Tribunale, la Corte di merito ha ritenuto applicabile alla società, in base al disposto della L. n. 1054 del 1960, art. 2 il R.D. n. 148 del 1931, con individuazione del periodo di comporto secondo la disciplina di cui al primo documento allegato all’Accordo sindacale del 15.11.2005;

4. che ha considerato irrilevante, nel caso in esame, quanto stabilito dal D.Lgs. n. 285 del 2005, intervenuto dopo l’accordo del 15.11.2005 che, avvalendosi della facoltà riconosciuta dalla legge finanziaria (L. n. 311 del 2004, art. 1,comma 148), aveva integrato il c.c.n.l. degli autoferrotranvieri con riferimento alle imprese esercenti i servizi di linea aventi più di 25 dipendenti;

5. che ha aggiunto come i criteri dettati dall’accordo sindacale del 15.11.2005 erano stati ribaditi anche dalla contrattazione collettiva successiva, il che confermava l’irrilevanza del D.Lgs. n. 285 del 2005;

6. che avverso tale sentenza la Baltour s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore;

7. che la società datoriale ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

8. che col primo motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., commi 1 e 2, anche in relazione all’art. 345 c.p.c. e alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 59, con omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti e con omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

9. che ha censurato la valutazione effettuata dalla Corte di merito sia quanto alla ritenuta tardività delle allegazioni erroneamente considerate idonee a introdurre in sede di reclamo un tema di indagine nuovo e sia quanto alla omessa valutazione di indispensabilità dei documenti relativi al requisito occupazionale della società nell’anno 2005;

10. che col secondo motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa interpretazione ed applicazione del D.Lgs. n. 285 del 2005 con particolare riguardo al R.D. n. 148 del 1931, art. 10, comma 3, della L. n. 1054 del 1960 e dell’Accordo sindacale del 15.11.2005, art. 4, con omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

11. che ha censurato la decisione della Corte di merito per aver ritenuto applicabile una normativa abrogata, il R.D. n. 148 del 1931, relativa ad un sistema di gestione dei trasporti di competenza statale come pubblico servizio in regime di concessione, sistema non più esistente in quanto modificato dal D.Lgs. n. 285 del 2005, incentrato sul regime privatistico dell’autorizzazione, come espressamente statuito dall’art. 10, comma 2, e come desumibile dall’art. 3, comma 2, lett. c) citato D.Lgs.;

12. che, secondo la società, la L. n. 1054 del 1960, art. 5, aveva esteso la disciplina del R.D. n. 148 del 1931 (unicamente al personale già in forza, addetto ai servizi di linea extraurbani delle aziende con più di 25 dipendenti, applicandosi per il restante personale la disciplina di diritto comune e il contratto nazionale di lavoro;

13. che l’Accordo sindacale del 15.11.2005 si componeva di due distinti documenti: il primo relativo ai lavoratori per i quali trovava applicazione il R.D. n. 148 del 1931 il secondo (addendum) valido per i lavoratori non soggetti al citato regio decreto, come si ricava dall’art. 4 dello stesso, e quest’ultimo doveva trovare applicazione nei confronti del lavoratore;

14. che col terzo motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 112 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti e per omessa motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

15. che ha sostenuto come la Corte territoriale non avesse tenuto conto della data di assunzione del sig. L., 23.1.2012, successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 285 del 2005, elemento che avrebbe dovuto condurre ad escludere il riconoscimento in favore del predetto dello status giuridico di cui al R.D. n. 148 del 1931, che, conseguentemente, avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso di specie l’addendum all’accordo sindacale del 15.11.2005, che prevede un periodo di comporto pari a sei mesi, nel caso di specie superati dal sig. L. (assente 190 giorni), con conseguente legittimità del licenziamento intimato ai sensi dell’art. 65 del vigente c.c.n.l. autoferrotranvieri;

17. che le argomentazioni esposte rivelano – secondo la ricorrente -la temerarietà della domanda proposta dal lavoratore, che avrebbe dovuto e deve condurre all’applicazione dell’art. 96 c.p.c.;

18. che il primo motivo di ricorso, con cui è nella sostanza denunciato un error in procedendo, è infondato atteso che la Corte di merito si è attenuta all’insegnamento di questa Corte secondo cui, nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talchè la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rende inutile provare il fatto stesso perchè lo rende incontroverso, (Cass., S.U., n. 11353 del 2004; Cass. n. 1878 del 2012; Cass. n. 5356 del 2009; Cass. n. 5191 del 2008), con la conseguenza che al mancato adempimento, da parte del convenuto, all’onere di specifica contestazione dei fatti allegati dall’attore a fondamento della domanda, consegue l’effetto dell’inopponibilità della contestazione nelle successive fasi del processo e, sul piano probatorio, quello dell’acquisizione del fatto non contestato ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, (Cass. 11108 del 2007);

19. che, difatti, nel processo di cognizione, l’onere previsto dall’art. 416 c.p.c. per il rito del lavoro, e dall’art. 167 c.p.c. per il rito ordinario, di proporre nella comparsa di risposta tutte le difese e di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che non è più consentito al convenuto, per il principio di preclusione in senso causale, di rendere controverso un fatto non contestato, nè attraverso la revoca espressa della non contestazione, nè deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; di conseguenza, deve ritenersi preclusa in grado di appello, e quindi di reclamo, la contestazione dei fatti posti a base della domanda, ove non effettuata nel giudizio di primo grado, (Cass. n. 26859 del 2013);

20. che non è quindi ravvisabile la violazione degli artt. 437 e 345 c.p.c. e L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 59, avendo la Corte di merito correttamente giudicato inammissibili le deduzioni (e le relative istanze probatorie) con cui la società ha contestato, per la prima volta in sede di reclamo, il requisito occupazionale posto a base della domanda attorea;

21. che deve parimenti escludersi la violazione delle norme suddette per non avere la Corte di merito ritenuto indispensabili e acquisito i documenti richiesti dalla società e volti a dimostrare l’assenza del requisito occupazionale allegato dal lavoratore, documenti peraltro non trascritti nel ricorso in esame e non prodotti in questa sede; questa Corte ha più volte statuito come ai fini dell’ammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, “sono qualificabili come indispensabili i soli documenti la cui necessità emerga dalla sentenza impugnata, dei quali non era apprezzabile neppure una mera utilità nel pregresso giudizio di primo grado, mentre non è ammissibile il nuovo documento che già appariva indispensabile durante lo svolgimento del giudizio di primo grado e prima del formarsi delle preclusioni istruttorie, sicchè la sentenza non si è potuta fondare su di esso per la negligenza della parte, che avrebbe potuto introdurlo”, (Cass. n. 5013 del 2016; Cass. n. 13432 del 2013; Cass. n. 7441 del 2011);

22. che il secondo motivo di ricorso è inammissibile laddove censura l’erronea applicazione al lavoratore del primo documento di cui all’Accordo sindacale del 15.11.2005, senza che tuttavia tale accordo risulti trascritto e prodotto in questa sede e in mancanza di qualsiasi indicazione sulla collocazione dello stesso negli atti processuali, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4;

23. che il motivo risulta comunque infondato in quanto le censure mosse non valgono a incrinare la corretta interpretazione data dalla Corte di merito alle disposizioni di legge prese in esame;

24. che, difatti, la L. n. 1054 del 1960, art. 1 aveva esteso le disposizioni di cui al R.D. n. 148 del 1931 “al personale addetto agli autoservizi di linea extraurbani, anche se non direttamente dipendente da azienda concessionaria, e semprechè, a giudizio del Ministero dei trasporti – Ispettorato generale della motorizzazione civile e trasporti in concessione – risulti superiore a 25 il numero di personale occorrente per le normali esigenze di tutti gli autoservizi, anche se urbani, ovunque esercitati dall’azienda”;

25. che la Legge finanziaria n. 311 del 2004, art. 1 comma 148, “nell’ambito del processo di armonizzazione al regime generale”, aveva abrogato, a decorrere dall’1.1.2005, l’allegato B al R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, e i trattamenti economici previdenziali di malattia, riferiti al lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto rientranti nell’ambito di applicazione del citato regio decreto, prevedendo che gli stessi fossero “dovuti secondo le norme, le modalità e i limiti previsti per i lavoratori del settore industria”;

26. che il D.Lgs. n. 285 del 2005 aveva sì stabilito, all’art. 10, comma 2, che “Le disposizioni di cui al R.D.L. 21 dicembre 1931, n. 1575, convertito dalla L. 24 marzo 1932, n. 386, nonchè la L. 22 settembre 1960, n. 1054, non si applicano ai servizi di linea così come definiti all’art. 2, comma 1, lett. a)”, in tal modo escludendo le imprese esercenti servizi di linea con più di 25 dipendenti dall’ambito di applicazione del R.D. n. 148 del 1931;

27. che, tuttavia, il D.Lgs. n. 285 del 2005 era intervenuto dopo la conclusione dell’accordo sindacale del 15.11.2005, che nel primo documento disciplinava il trattamento di malattia e il comporto per i lavoratori soggetti al R.D. n. 148 del 1931e che doveva pertanto trovare applicazione nel caso di specie;

28. che il motivo di ricorso non contiene alcuna specifica censura sulla irrilevanza nella fattispecie in esame, come argomentata dalla Corte di merito, dell’abrogazione della L. n. 1054 del 1960 ad opera del D.Lgs. n. 285 del 2005, continuando il R.D. n. 148 del 1931 a trovare applicazione in base alla disciplina introdotta dall’accordo aziendale con efficacia anteriore al decreto legislativo;

29. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile, in ragione della omessa trascrizione e produzione dell’accordo sindacale invocato, e, comunque, infondato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 atteso che se la disciplina del comporto trova fonte nell’accordo sindacale del 15.11.05, risulta irrilevante la data di assunzione del dipendente rispetto al D.Lgs. n. 285 del 2005;

30. che le censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non sono in alcun modo riconducibili allo schema legale del nuovo testo della disposizione in esame, ratione temporis applicabile, operando peraltro nel caso di specie la disciplina cd. della doppia conforme, di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54,comma 1, lett. a) convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012;

31. che le considerazioni finora svolte conducono al rigetto del ricorso con condanna della società ricorrente, in base al principio di soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità;

32. che deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 18 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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