Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21902 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 07/09/2018, (ud. 05/04/2018, dep. 07/09/2018), n.21902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16436-2013 proposto da:

L.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato ARTURO SALERNI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AURELIO DE ANGELIS

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 523/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/02/2013 R.G.N. 213/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per inammissibilità in via

principale in subordine rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DAMIZIA MARIA ROSARIA per delega verbale Avvocato DE

ANGELIS AURELIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bari, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda avanzata da L.S., dipendente del Ministero della Giustizia con inquadramento in posizione economica C1, diretta a ottenere il risarcimento dei danni da perdita di chances per non avere l’Amministrazione dato corso alla procedura di riqualificazione per la copertura di 477 posti nella posizione economica C3.

2. La Corte territoriale ha osservato che le procedure di riqualificazione previste dall’art. 20 C.C.N.L. comparto Ministeri 1998/2001 furono dapprima sospese e poi dichiarate illegittime mediante pronunce del giudice ordinario e del giudice amministrativo. In particolare, ha osservato che la disciplina contrattuale, che non attribuisce al lavoratore un diritto alla riqualificazione, demandava alla contrattazione collettiva integrativa la determinazione dei criteri generali per la definizione delle procedure per le selezioni di cui all’art. 15 e il contratto collettivo integrativo aveva fissato tali criteri agli artt. 16, 17 e 18, ma le procedure poste in essere dalle parti collettive erano state dichiarate nulle per illegittimità dei criteri selettivi individuati dalle parti. Ha poi escluso l’esistenza di una colposa inerzia imputabile al Ministero, in quanto le diverse pronunce giurisdizionali avevano impedito all’Amministrazione convenuta di procedere oltre nella riqualificazione, secondo i criteri originariamente concordati con i sindacati; nel novembre 2006 l’Amministrazione stipulò un accordo in virtù del quale si era impegnata a presentare un disegno di legge volto a determinare le dotazioni organiche in modo conferente alla progressione professionale del personale della giustizia; il nuovo CCNL 14.9.2007 aveva introdotto nuovi criteri per la progressione di carriera del personale della giustizia.

3. Per la cassazione di tale sentenza il L. propone ricorso affidato a due motivi. Il Ministero della giustizia è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione del giudicato interno. Si assume che in primo grado il Ministero della Giustizia si era difeso contestando l’imputabilità dell’inadempimento, ma nulla aveva eccepito circa l’esistenza stessa dell’obbligo di riqualificazione del proprio personale dipendente e dell’inadempimento di tale obbligo, come evidenziato anche dal Giudice di primo grado; che il Ministero appellante aveva omesso di formulare uno specifico motivo di impugnazione in relazione a tale capo della sentenza di primo grado, per cui sulla statuizione relativa alla sussistenza della violazione dell’obbligo facente capo all’Amministrazione si era formato il giudicato interno.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle disposizioni dell’art. 15 CCNL 1998/2001, in forza delle quali i passaggi fra le aree avvengono mediante procedure selettive, previo superamento di un corso-concorso. Si assume l’irrilevanza dell’argomento secondo cui sarebbe stato impossibile portare a compimento le procedure di riqualificazione a causa delle innumerevoli decisioni giurisdizionali intervenute, posto che lo stesso Ministero completò i percorsi di riqualificazione per altri dipartimenti diversi da quello di appartenenza del ricorrente.

3. Il primo motivo è infondato. L’affermazione che si assume contenuta nella sentenza di primo grado secondo cui non sarebbe stata contestata dal Ministero l’esistenza del diritto del dipendente alla riqualificazione non costituisce una capo autonomo suscettibile di passare in giudicato. Il relativo accertamento è travolto dalla sentenza di appello, che ha riformato integralmente la sentenza di primo grado.

4. Il secondo motivo presenta innanzitutto profili di inammissibilità, perchè privo di specificità rispetto alla sentenza impugnata. Questa ha evidenziato il carattere programmatico delle previsioni contrattuali, il comportamento attivo posto in essere dall’Amministrazione e le difficoltà incontrate nel concludere l’iter a motivo dei giudizi avviati da altri lavoratori dinanzi all’A.G. (ordinaria ed amministrativa) e dei conseguenti provvedimenti giurisdizionali, atti ad interferire sulla vicenda riguardante le procedure di riqualificazione dei dipendenti del Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria dell’Amministrazione della Giustizia. A fronte di ciò, l’odierno ricorrente oppone il carattere precettivo e non programmatico della previsione contrattuale e da tale asserzione fa discendere una diversa soluzione della controversia, senza specificamente censurare la ratio decidendi sulla quale la sentenza si fonda e sostanzialmente proponendo una diversa ricostruzione dei fatti, inammissibile nella presente sede di legittimità. Il mezzo di gravame, per come è formulato, è dunque privo di sufficienti caratteri di specificità e completezza nonchè di concreta riferibilità alla decisione impugnata, in quanto non è dato comprendere sulla base di quale errata interpretazione della normativa contrattuale sia censurata la anzidetta decisione.

5. Occorre poi rilevare su analoghe domande aventi ad oggetto il danno da perdita di chances prospettato come conseguenza dell’inadempimento da parte del datore di lavoro pubblico dell’obbligo, contrattualmente previsto, di organizzare procedure selettive per progressioni verticali, sono intervenute altre pronunce di questa Corte:

– con la recente ordinanza n. 30872 del 2017, è stato dichiarato inammissibile analogo ricorso proposto da altri dipendenti del Ministero della Giustizia avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, che aveva confermato la pronuncia di prime cure, secondo cui la domanda era priva di allegazioni idonee a consentire, ove dimostrate, di ritenere che ciascuno dei ricorrenti, qualora la procedura fosse stata espletata, avrebbe avuto la concreta possibilità di superare il corso di riqualificazione;

– con la sentenza delle S.U. n. 21678 del 2013 è stato rigettato il ricorso proposto da altri dipendenti del Ministero della Giustizia avverso la sentenza che aveva respinto analoga domanda risarcitoria ed è stato affermato che, in tema di risarcimento del danno per perdita di chances di promozione incombe sul singolo dipendente l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo, il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale e il danno, ossia la concreta sussistenza della probabilità di ottenere la qualifica superiore.

6. Il ricorso va dunque rigettato. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, essendo il Ministero della Giustizia rimasto intimato.

7. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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