Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21901 del 30/08/2019

Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/08/2019), n.21901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24562/2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta

elettronica certificata

antonino.novello.pec.ordineavvocaticatania.it, rappresentato e

difeso dall’avvocato Antonino Novello, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con sede in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PALERMO, depositato il 6/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con provvedimento del 29 marzo 2017, la Commissione territoriale di Palermo ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, come pure quelli per il riconoscimento della protezione umanitaria, invocati da R.A., cittadino pakistano.

2.- Con decreto depositato il 6 luglio 2018, il Tribunale di Palermo ha respinto l’opposizione poi proposta dal detto richiedente.

Il giudice del merito ha rilevato, in particolare, che, “a prescindere da qualsivoglia rilievo in ordine all’attendibilità delle propalazioni del ricorrente (profilo rispetto al quale risultano peraltro condivisibili le valutazioni negative operate dalla Commissione, apparendo scarsamente credibile quanto affermato dallo stesso), deve rilevarsi che i fatti dal medesimo denunciati non valgono, con ogni evidenza, a integrare un rischio di “persecuzione” correlato a motivi di “razza, religione, nazionalità, particolare gruppo sociale, opinione politica””.

Con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il Tribunale ha riscontrato che non può “attualmente predicarsi con riferimento alla regione territoriale di provenienza del ricorrente la sussistenza di un’ipotesi di conflitto armato interno contrassegnato da una pervasività, da un’estensione territoriale e da un livello di violenza indiscriminata suscettibile di porre in ogni caso a rischio l’incolumità personale del ricorrente medesimo, sia pur a prescindere dalla prova dell’esistenza di una minaccia personale nei confronti di quest’ultimo”.

“Nulla di specifico è stato allegato, e meno che meno documentato” ha concluso il Tribunale – in punto di protezione umanitaria, “lamentando solo il ricorrente una generale situazione di violazione di diritti umani in Pakistan, senza che il medesimo abbia tuttavia anche solo adombrato le oggettive e gravi situazioni personali che non consentirebbero l’allontanamento dal territorio nazionale”.

3.- Avverso questo decreto ricorre R.A., presentando ricorso articolato in tre motivi di cassazione.

Resiste, con apposito atto, il Ministero degli Interni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione del Tribunale di Palermo: (i) col primo motivo per violazione di legge, per avere questo applicato il principio dell’onere probatorio attenuato così come affermato dalle SS.UU. con la sentenza n. 27310 del 2008 e per non avere valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5; (ii) col secondo motivo per violazione di legge, per non avere il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); (iii) col terzo motivo per violazione di legge, per non avere il Tribunale valutato la gravità dell’attuale situazione del Pakistan ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

5.- Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo di ricorso non si confronta, in particolare, con la ratio decidendi assunta dal decreto palermitano, che non si limita a valutare la credibilità della narrazione compiuta dal richiedente. Ma pure si incentra, con rilievi comunque assorbenti, sulla circostanza che i fatti riportati dal medesimo non rientrano nell’arco delle situazioni prese in considerazione in relazione allo status di rifugiato. Nè può revocarsi in dubbio la ragionevolezza e plausibilità della soluzione così raggiunta, posto che, secondo quanto ripetuto nel motivo, il ricorrente ebbe a dichiarare “di lavorare presso una piccola clinica ginecologica, dove durante un parto una signora è deceduta assieme al bambino, fatto per cui furono accusati il medico della struttura e lo stesso ricorrente”.

Il secondo motivo di ricorso si risolve nella richiesta di un nuovo esame della situazione di fatto che attualmente presenta il Paese del Pakistan. Situazione, del resto, già esaminata dal Tribunale palermitano, con supporto di report autorevoli e aggiornati (cfr., in particolare, il rapporto EASO dell’agosto 2017) e con cura puntuale.

Il terzo motivo di ricorso appare del tutto generico, limitandosi ad assumere che “tanto la storia personale del richiedente, quanto la situazione oggettiva del Paese possono condurre, anche valutate singolarmente, al riconoscimento della protezione per motivi umanitari”. Lo stesso, in effetti, non viene a indicare e a isolare alcuna situazione di vulnerabilità, che sia specifica alla persona del ricorrente.

6.- Il Collegio ritiene di compensare le spese relative al presente giudizio di legittimità. L’atto di controricorso depositato dall’Avvocatura, non risulta, nella quarantina di righe di cui si compone, pertinente rispetto ai tratti specifici e individui del ricorso, che è stato presentato; nè risulta portare un qualche contributo rispetto al relativo dibattito processuale.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese relative al giudizi di legittimità per le ragioni indicate in motivazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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