Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 219 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 219 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO

SENTENZA

sul ricorso 18613-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

GUADALUPI LAPO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato
PASTACALDI MARCO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FANFANI FABIO giusta delega a
margine;

Data pubblicazione: 09/01/2014

– controricorrente

avverso la sentenza n. 52/2009 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 15/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Presidente e Relatore

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che si
riporta e chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

Dott. AURELIO CAPPABIANCA;

RG. 18.613/09
t

Svolgimento del processo
L’avvocato Lapo Guadalupi propose ricorso avverso
il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia all’istanza di
rimborso dell’irap versata negli anni dal 1999 al 2004.
A fondamento del ricorso, il contribuente assumeva

di aver svolto la propria attività professionale in
assenza di “autonoma organizzazione”.
L’adita

commissione

provinciale

respinse

il

ricorso, con decisione, che, in esito all’appello
dell’Agenzia, fu, tuttavia, riformata, dalla
commissione regionale, che affermò l’illegittimità del
contestato rifiuto.
Avverso la decisione impugnata, l’Agenzia ha
proposto ricorso per cassazione in unico motivo.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso,

l’Agenzia

deducendo “insufficiente motivazione su fatto decisivo
e controverso in relazione all’art. 360, coma l n. 5,

c.p.c.”

censura la decisione impugnata ascrivendo

alla stessa di non essersi fatta carico
dell’indicazione delle specifiche risultanze, in forza
delle quali, superando le deduzioni di essa ricorrente,
ha ritenuto di escludere la ricorrenza del requisito
1

fr‘

R.G. 18.613/09

dell'”autonoma

organizzazione”

nell’attività

processionale del contribuente.
La doglianza va disattesa.
La decisione impugnata è, invero, fondata sul
rilievo che dalle risultanze processuali emerge che,

era avvalso dell’attività di lavoratori dipendenti, non
aveva disposto di beni strumentali di significativa
entità né era stato organicamente inserito nell’ambito
di studio associato, giacché aveva svolto la propria
attività in ambiente di piccole dimensione all’interno
di struttura ove lavoravano altri professionisti
indipendenti gli uni dagli altri sia per il risultato
che per le spese.
Gli esposti rilievi (ed, altresì, la circostanza,
pure risultante in sentenza, che il contribuente
percepiva pagamenti dal titolare della struttura)
evidenziano che la censura dell’Agenzia – rivelandosi,
così, radicalmente inammissibile urta contro il
coerente accertamento in fatto posto dal giudice del
merito a base di ratio decidendi perfettamente aderente
a consolidati criteri ermeneutici.
Ancorché

vizio

prospettando

di

motivazione,

l’Agenzia appare, invero, richiedere a questa Corte un
2

negli anni in contestazione, il contribuente non si

R.G. 18.613/09
,

:

apprezzamento

delle

inammissibilmente

risultanze

diverso

rispetto

processuali
a

quello

legittimamente effettuato dai giudici del merito,
in realtà, a rimettere in discussione

accertamenti in

fatto del giudice del merito, che,

espressi con motivazione esauriente,

ancorate le

risultanze processuali e immune da lacune o vizi logici
(nemmeno evocati), si sottraggono al sindacato di
legittimità. Ciò in quanto, nell’ambito di tale
sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico-formale e della
correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta
dal giudice del merito, cui resta riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e,
all’uopo, di valutare le prove, controllarne
attendibilità e concludenza, e scegliere, tra le
risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a
dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. 22901/05,
15693/04, 11936/03).
Alla stregua delle considerazioni che precedono,
s’impone il rigetto del ricorso.
Per la soccombenza, l’Agenzia va condannata alla
refusione delle spese del presente giudizio di
3

tendendo,

R.G. 18.613/09

legittimità, liquidate in dispositivo, in applicazione
dei criteri stabiliti dal d.m. 140/2012.
P. Q. M.
la Corte: rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia alla
refusione delle spese del presente giudizio di

e

1.300,00 (di

cui 1.100,00, per onorario), oltre spese generali ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29
ottobre 2013.

legittimità, liquidate in complessivi

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