Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21898 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 09/10/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 09/10/2020), n.21898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21698-2017 proposto da:

VALLE UMBRA SERVIZI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI

DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato MARCO PROSPERETTI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.M., P.T., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA 1/B, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE MARIA GIOVANELLI, rappresentate e difese dagli avvocati

LUCIANO BROZZETTI, e DANTE DURANTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 160/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 31/05/2017, R.G.N. 25/2016.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che, in accoglimento del ricorso proposto da R.M. e P.T., aveva accertato la natura illecita dei contratti di appalto intercorsi tra la Valle Umbra Servizi s.p.a. (V.U.S. s.p.a.) ed i Consorzi Leonardo e ABN e, per l’effetto, aveva accertato che con le due lavoratrici si era instaurato un rapporto di lavoro subordinato a decorrere rispettivamente dal 10 marzo 2003 e dal 27 aprile 2007 con inquadramento per entrambe nel sesto livello del c.c.n.l. per i dipendenti di aziende del settore gas-acqua e con condanna della convenuta al pagamento in loro favore della somma di Euro 98.850,47 per la R. ed Euro 50.864,18 per la P., oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.

2. Il giudice di appello ha ritenuto che la società non avesse specificatamente censurato le molteplici ragioni poste a fondamento della decisione del giudice di primo grado. In particolare ha osservato che, contrariamente a quanto asserito dalla società ricorrente, il giudice di primo grado aveva diffusamente preso in esame tutti i documenti allegati in giudizio, ivi compreso il contratto di appalto, ed aveva tenuto conto delle dichiarazioni rese dai testi traendone elementi a sostegno della ingerenza del committente sulle modalità con le quali era resa la prestazione in tutto analoghi a quelli esercitati dal datore di lavoro. Ha ritenuto che la sentenza resa in altro giudizio ed avente il medesimo oggetto non fosse utile poichè non era possibile, non essendo stati prodotti gli atti di parte, verificare la sovrapponibilità delle fattispecie. Ha ritenuto che l’apposizione della clausola di gradimento del personale addetto all’appalto era espressione anch’essa della penetrante ingerenza della committente nel rapporto di lavoro intrattenuto formalmente con la società appaltatrice del servizio. Ha condiviso la ricostruzione del materiale probatorio operata dal primo giudice giungendo alla conclusione che la V.U.S. s.p.a. aveva esercitato il suo potere gerarchico e organizzativo attraverso ordini particolareggiati e rigorosi impartiti ai dipendenti dell’appalto, restando irrilevante la circostanza che si trattasse di mansioni esattamente riconducibili alle attività date in appalto. Quanto alla natura in house providing della società, con conseguente inapplicabilità del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 il giudice di appello ha posto in evidenza che la questione era stata trattata d’ufficio, quale obiter rafforzativo della sua decisione, da parte del giudice di primo grado ed ha concluso che le deduzioni formulate solo in appello dalla società, che nulla aveva allegato nell’atto introduttivo del giudizio, erano tardive e perciò inammissibili. Del pari ha ritenuto tardiva e inammissibile la censura che investiva l’inquadramento riconosciuto osservando che nel costituirsi in giudizio la società non aveva contestato le puntuali allegazioni delle ricorrenti. Ha poi ribadito che le lavoratrici erano tenute al rispetto dell’orario imposto dalla committente – senza che avesse rilievo il fatto che diversamente dagli altri dipendenti non avevano un badge – e che era la V.U.S. s.p.a. che autorizzava le ferie e giustificava le assenze. Inoltre la sentenza di appello sottolinea che nessun referente delle appaltatrici era presente sull’appalto il che confermava il diretto esercizio del potere gerarchico e organizzativo da parte della committente, reale datrice di lavoro.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Valle Umbra Servizi s.p.a. affidato a tre motivi al quale resistono con controricorso la R. e la P. che preliminarmente eccepiscono l’inammissibilità del ricorso in relazione alla sua tardiva proposizione ed all’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza. Le controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1. Risulta dagli atti di causa che la sentenza della Corte di appello è stata depositata il 31 maggio 2017 ed è stata notificata al procuratore costituito in appello il 7 giugno successivo. Da tale data è iniziato a decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione che risulta essere stato avviato per la notifica solo il 19 settembre del 2017 quando era oramai maturata la decadenza dalla facoltà di impugnare la sentenza.

4.1. Nè tale termine era sospeso, come deduce la ricorrente, per effetto della disciplina emergenziale introdotta in occasione degli eventi sismici che hanno interessato anche alcune località della regione (OMISSIS) dove la società ha la sua sede.

4.2. il D.L. n. 8 del 2017, art. 17 convertito nella L. n. 45 del 2017, ha aggiunto al D.L. n. 189 del 2016, art. 49, comma 9-ter, il seguente periodo: “Per i soggetti che, alla data degli eventi sismici del 26 e 30 ottobre 2016, erano residenti o avevano sede nei Comuni di (OMISSIS), il rinvio d’ufficio delle udienze processuali di cui al comma 3 e la sospensione dei termini processuali di cui al comma 4, nonchè il rinvio e la sospensione dei termini previsti dalla legge processuale penale per l’esercizio dei diritti e facoltà delle parti private o della parte offesa, di cui al comma 7, operano dalla data dei predetti eventi e sino al 31 luglio 2017 e si applicano solo quando i predetti soggetti, entro il termine del 31 marzo 2017, dichiarino all’ufficio giudiziario interessato, ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, l’inagibilità del fabbricato, della casa di abitazione, dello studio professionale o dell’azienda.”.

4.3. Il comma 2 della citata disposizione prevede poi che “se la dichiarazione di cui al D.L. n. 189 del 2016, art. 49, comma 9-ter, secondo periodo, non è presentata nel termine ivi previsto, cessano, alla scadenza del predetto termine, gli effetti sospensivi disposti dal primo periodo del medesimo comma 9-ter e sono fatti salvi quelli prodottisi sino al 31 marzo 2017.”

4.4. Si tratta di disposizione che amplia sia l’area geografica che l’arco temporale di sospensione dei termini processuali già prevista dal D.L. n. 186 del 2016, art. 49 nella sua originaria formulazione per far fronte agli eventi sismici del 24 agosto 2016 (sospensione dal 24 agosto 2016 al 31 maggio 2017 per i soggetti residenti nei Comuni indicati nell’allegato 1 tra i quali non vi era il Comune di (OMISSIS)), estendendola anche ai soggetti residenti nei Comuni indicati nell’allegato 2 e per gli eventi sismici del 26 e del 30 ottobre 2016 a decorrere da tali date e fino appunto al 31 luglio 2017, ma pretende, per l’ulteriore estensione del termine di sospensione, che l’interessato a beneficiarne presenti una dichiarazione di inagibilità dell’immobile sintomatica della grave incidenza sulla parte dell’evento sismico.

4.5. Si tratta di norma a carattere eccezionale che, nel prorogare ulteriormente la sospensione dei termini già disposta dall’art. 49 citato fino al 31 maggio 2017, procede ad un bilanciamento degli interessi tra loro opposti: quello ad una difesa effettiva da assicurare nel ricorso di condizioni soggettive particolari da attestare attraverso una dichiarazione proveniente dall’interessato alla proroga dei termini e quello, immanente al processo, a che lo stesso sia contenuto in tempi ragionevoli. E’ pertanto rimessa alla discrezionalità della parte la scelta di volersene avvalere e la condizione necessaria è che la stessa dichiari, nei modi e nei tempi indicati, l’esistenza del presupposto che legittima il differimento restando salva, in caso di mancata dichiarazione, la sospensione dei termini fino alla data di scadenza del termine per la sua presentazione (il 31 marzo 2017) così come espressamente previsto dalla norma stessa.

4.6. Poichè nel caso in esame la ricorrente non ha dimostrato di aver presentato la dichiarazione di inagibilità ricordata il termine è regolarmente decorso dalla data di notifica della sentenza (il 7 giugno 2017) e pertanto alla data della notifica del ricorso per cassazione (il 19 settembre 2017 il termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2 era oramai decorso.

5. In conclusione per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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