Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21897 del 21/10/2011

Cassazione civile sez. II, 21/10/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 21/10/2011), n.21897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3730/2006 proposto da:

M.T. (OMISSIS), P.G.R.

(OMISSIS), difensore di se stesso ex art. 86 c.p.c., nonchè

di M.T. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA

PIRAMIDE CESTIA 1, presso lo studio dell’avvocato GRASSO ALFIO;

– ricorrenti –

contro

C.M.R., M.S.;

– intimati –

sul ricorso 8510/2006 proposto da:

C.M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato PURITANO

MARCELLO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ALGOZINI ALESSANDRO, FURITANO CECILIA;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

P.G.R. (OMISSIS) ex art. 86 c.p.c.,

M.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA PIRAMIDE CESTIA 1, presso lo studio dell’avvocato

GRASSO ALFIO, rappresentati e difesi dall’avvocato P.G.

R.;

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FOGLIANO N4/A, presso lo studio dell’avvocato BARLETTA

CALDARERA PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARLETTA

CALDARERA GIACOMO;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1226/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato ALGOZINI Alessandro, difensore della resistente che

si riporta alle difese depositate;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso previa riunione: rigetto del

ricorso principale; inammissibilità del ricorso incidentale di

M.S., accoglimento del ricorso incidentale non

condizionato di C.M.R.; inammissibilità del primo

motivo e assorbimento del secondo motivo, in subordine fondato, del

ricorso incidentale condizionato di C.M.R..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 6 ed il 7-4-1989 M. A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania M.G.R., M.T. e M.S. e, premesso che in data 8-7-1988 era deceduto senza lasciare testamento il sacerdote Mi.Ag., proprietario di vari beni immobili (rustici ed urbani) siti in (OMISSIS), nonchè di mobili, depositi bancari e valori, e che eredi legittimi del medesimo erano l’attore e gli altri due fratelli M.S. e M.T., esponeva che con scrittura autenticata del 12-6-1988 il “de cuius”, affetto da grave malattia, aveva nominato sua procuratrice generale “ad negotia” la predetta sorella M.T. la quale, in virtù di tale procura, con scrittura privata autenticata dal notaio Dante Caprio datata 19-8-1988 (quindi successiva alla morte del mandante) aveva trasferito la proprietà dell’intero asse ereditario al proprio figlio P.G.R. senza alcun esborso di prezzo, assumendosi nella detta scrittura che il corrispettivo era costituito dall’adempimento di obbligazioni assunte nel tempo da Mi.

A. nei confronti della mandataria e del P. “in forza di precedenti accordi”; l’attore deduceva l’invalidità e l’inefficacia del trasferimento per avvenuta estinzione della procura, conseguente alla morte del mandante, e per inesistenza di un contratto scritto di mandato che abilitasse il mandatario a stipulare atti che richiedevano la forma scritta; deduceva altresì la simulazione assoluta del preteso trasferimento per mancato versamento del prezzo della compravendita e per inesistenza delle asserite controprestazioni che avrebbero tratto origine da non meglio specificate obbligazioni in precedenza assunte dalla mandataria;

deduceva infine la nullità del contratto per mancanza di causa (prezzo della compravendita) e l’inefficacia dello stesso per inosservanza del diritto di prelazione a lui spettante sui beni del fratello, derivanti in gran parte da successione paterna; rivendicava pertanto il suo diritto all’eredità del fratello e chiedeva dichiararsi aperta la successione di Mi.Ag., procedersi alla divisione tra gli eredi legittimi dei beni relitti, dichiararsi la nullità o l’inefficacia del contratto di trasferimento della proprietà dei beni costituenti l’asse ereditano e condannarsi il P. e M.T. al rilascio di tali beni ed al rendiconto della gestione di essi con decorrenza dal 12-6-1988, nonchè al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.

Si costituiva in giudizio M.S. aderendo alle domande attrici.

Si costituivano in giudizio anche M.T. e P.G. R. chiedendo il rigetto delle suddette domande, ed assumendo che prima della stipula della scrittura del 19-8-1988 la M., nella qualità di procuratrice generale di Mi.Ag., aveva trasferito al P. i medesimi beni con scrittura privata del 15/6/1988, intervenuta prima del decesso del rappresentato, per cui le pretese delle controparti non avrebbero potuto trovare accoglimento per inesistenza di un patrimonio relitto.

In sede di precisazione delle conclusioni M.A. e M.S. contestavano la data apposta sulla scrittura privata del 15-6-1988, deducendo la nullità di tale scrittura, anch’essa in realtà redatta in epoca successiva al decesso di Mi.Ag., ed integrando, con riferimento alla stessa, le domande originarie.

L’adito Tribunale con sentenza non definitiva del 12-12-1998 dichiarava efficace e valida la scrittura privata di compravendita del 15-6-1988, rigettando conseguentemente per carenza di interesse la domanda tesa a far dichiarare l’inefficacia e invalidità della scrittura del 19-8-1988, dichiarava aperta la successione di Mi.

A., dichiarava non luogo a procedere sulla domanda di scioglimento della comunione per mancanza di beni relitti, rigettava le domande di rendiconto, rilascio e risarcimento danni, e disponeva per l’ulteriore istruttoria in ordine ad altra domanda con la quale l’attore aveva chiesto lo scioglimento della comunione ereditaria relativamente alla successione di M.R. e di L. M., suoi genitori.

Proposta impugnazione da parte di C.M.R. quale procuratrice generale di M.A. resistevano in giudizio la M. ed il P. che formulavano altresì un appello incidentale condizionato.

A seguito dell’interruzione del processo per la morte di M. A. la C. quale sua erede riassumeva il processo; si costituivano in giudizio la M., il P. e M. S., il quale aderiva ai motivi dell’appello principale.

Con sentenza non definitiva del 9-1-2006 la Corte di Appello di Catania ha dichiarato la nullità delle scritture private del 15/6/1988 e del 19-8-1988, ha dichiarato che i beni oggetto delle suddette scritture facevano parte dell’asse ereditario di Mi.

A., ha condannato P.G.R. a rilasciare detti beni in favore della C. nella qualità di erede di M. A., nonchè di M.S. e di M.T. quali eredi di Mi.Ag., ha disposto lo scioglimento della comunione ereditaria esistente tra le parti sui beni relitti da Mi.Ag., provvedendo come da separata ordinanza per l’ulteriore istruzione della causa, ha ordinato a M.T. e M.G.R. di rendere il conto della gestione dei beni suddetti, ciascuno per il periodo in cui ne aveva avuto il possesso, ed ha riservato al definitivo la pronuncia sulle spese di giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza M.T. e P.G. R. hanno proposto un ricorso articolato in sei motivi cui la C. ha resistito con controricorso introducendo altresì un ricorso incidentale basato su di un unico motivo ed un ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi cui i ricorrenti principali hanno resistito a loro volta con un controricorso;

M.S. con controricorso ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale; i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Sempre in via preliminare deve dichiararsi l’inammissibilità del controricorso di M.S.; infatti, a fronte di un ricorso principale notificatogli il 31-1-2006, quest’ultimo ha notificato a M.T. e P.G.R. il suddetto controricorso a messo posta il 10-4-2006, quindi oltre il termine prescritto nell’art. 370 c.p.c., di giorni quaranta decorrente dalla notifica del ricorso.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo di ricorso M.T. e P.G.R., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c., artt. 2697 e 2704 c.c., D.P.R. n. 156 del 1973, art. 41, lett. b), e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto la non veridicità della data della scrittura del 15/6/1988.

In proposito essi rilevano che la Corte territoriale ha aderito alla tesi della dattiloscrittura in epoca successiva all’apposizione dei francobolli e dei timbri, osservando che, pur constatando che i francobolli ed i timbri non erano fotocopiati, ma erano apposti in originale sulle fotocopie, nulla escludeva che il testo dattiloscritto fosse stato fotocopiato su fogli già muniti di francobolli e timbri, pur in assenza di un motivo di appello al riguardo, e senza comunque alcuna prova in tal senso, neppure di carattere presuntivo; inoltre l’affermazione del giudice di appello sopra riportata era in evidente contrasto con quanto già esposto in precedenza sul fatto che i timbri degli uffici postali erano stati apposti su fotocopie della scrittura predetta, e non su fogli in bianco.

I ricorrenti principali quindi assumono che originariamente sussistevano delle fotocopie della scrittura per cui è causa, successivamente fatte annullare all’ufficio postale con il timbro, che pertanto rendeva certa la data dell’originale dall’identico contenuto da cui essa era tratta; pertanto essi concludono che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto insussistente alla data del 15-6-1988 l’originale non bollato di detta scrittura, posta l’identità di contenuto, e considerato che l’oggetto della timbratura costituiva la fotocopia dell’originale.

Con il secondo motivo M.T. e P.G.R., deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c. e artt. 2697 e 2704 c.c. nonchè vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha sostenuto l’inversione nella successione temporale delle scritture del 15-6 e del 19-8-1988 e la redazione di entrambe dopo la morte di Mi.Ag..

Essi rilevano che la prima di queste due scritture prevedeva la sua successiva trasformazione in atto pubblico o scrittura privata con firme autenticate, nonchè il perfezionamento del contratto stipulato il 15-6-1988 ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40 e art. 41, comma 2; aggiungono che gli effetti reali del trasferimento dei beni di cui alla prima scrittura si sarebbero prodotti non prima della morte di Mi.Ag. ed al verificarsi sia dell’adempimento delle prestazioni previste a vantaggio di quest’ultimo sia della richiesta – successiva a detta morte – del perfezionamento del contratto “ex lege”; pertanto gli effetti traslativi del contratto si erano verificati con la seconda scrittura del 19-8-1988.

I ricorrenti principali inoltre sostengono che l’assunto della Corte territoriale in ordine alla pretesa carenza della citazione in una scrittura dell’altra scrittura era smentito dal fatto – di cui peraltro nella sentenza impugnata era stata omessa qualsiasi valutazione – che all’udienza del 13-5-2004 era stata prodotta copia fotostatica di raccomandata (inviata da M.T. a P. G.) con timbro postale del 5-8-1988 di cui venivano esibiti gli originali in udienza e versate in atti le fotocopie, cosicchè sussisteva la prova dell’anteriorità della scrittura dei 15-6-1988 per il riferimento alla data certa del 5-8-1988.

I ricorrenti principali poi considerano del tutto illogico il rilievo del giudice di appello in ordine alla pretesa mancanza di riferimento della scrittura del 19-8-1988 a quella del 15-6-1988; anzitutto dal punto di vista letterale la scrittura del 19-8-1988 richiamava accordi ed obbligazioni intercorsi anche con terzi (ovvero P. A. e M.T.), inoltre nella lettera del 5-8-1988 si affermava che il contratto sarebbe stato stipulato senza la partecipazione di P.A., posto che soltanto M. T. avrebbe dovuto trasferire i beni ereditari, infine era incomprensibile la tesi della pretesa preordinazione, atteso che la suddetta data del 5-8-1988 era antecedente di circa otto mesi rispetto all’inizio della controversia e precedeva di 14 giorni l’atto notarile del 19-8-1988.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

La sentenza impugnata ha ritenuto acquisita la prova della falsità della data della scrittura privata del 15-6-1988 dall’esame del contenuto della scrittura stessa, laddove M.T. dichiarava di stipulare “quale mandatario del proprio fratello Sac. Mi.

A….giusta procura generale ad negotia del 12/6/1988, con firma autenticata dal Notaio Dante Caprio di Acireale n. 110849 del Rep., reg/ta in Acireale il 22/6/1988 al n. 449 serie 2…”; infatti era evidente che una scrittura redatta il 15-6-1988 non avrebbe potuto indicare la data ed il numero della registrazione della procura generale, eseguita sette giorni dopo, e che quindi essa era stata posta in essere certamente dopo il 22-6-1988; in tale contesto, poi, scarso rilievo assumeva la circostanza relativa ai timbri postali apposti sulle copie del documento, timbri che non potevano conferire data certa ad una scrittura in una fattispecie in cui era documentalmente provata la posteriorità della redazione del documento rispetto alla data risultante dai timbri.

La Corte territoriale inoltre ha affermato che la conclusione della redazione della scrittura privata datata 15-6-1988 in epoca successiva al 22-6-1988 non era di per sè sufficiente per ritenere che la formazione di essa fosse posteriore al decesso di Mi.

A. con conseguente nullità del negozio per estinzione della procura; tuttavia sussistevano in atti elementi presuntivi gravi precisi e concordanti in tal senso ed anzi per concludere che tale scrittura fosse stata posta in essere dopo l’instaurazione del giudizio.

In proposito il giudice di appello ha evidenziato l’incomprensibilità della ragione per la quale le parti, una volta redatta la prima scrittura, avevano posto in essere poi la seconda scrittura, considerato che, secondo l’assunto sostenuto dai convenuti in sede di costituzione nel primo grado di giudizio, quest’ultima avrebbe costituito la “tramutazione in scrittura privata autenticata” del precedente negozio; in tal caso, infatti, sarebbe stato logico far autenticare le firme apposte sulla prima scrittura, e comunque la scrittura del 19-8-1988 avrebbe dovuto riproporre o quantomeno richiamare la precedente scrittura, mentre invece in proposito non vi era alcun accenno.

La sentenza impugnata ha anzi osservato che le due scritture contenevano negozi di natura diversa, posto che la seconda scrittura integrava un contratto di compravendita con effetti reali immediati in favore di P.G.R. il cui corrispettivo era costituito dai vantaggi in precedenza conseguiti dal mandante Mi.Ag. (ovvero detenzione di un garage in (OMISSIS) e prestazioni professionali, assistenza personale e servizi eseguiti per molti anni dal suddetto nipote), mentre con la scrittura del 15/6/1988 M.T., quale mandataria del fratello Ag., “cede e trasferisce in vendita con riserva di proprietà sua vita naturai durante” tutti i beni mobili e immobili del mandante al figlio in pagamento della detenzione del garage suddetto nonchè delle prestazioni professionali e di assistenza personale effettuate da oltre un ventennio non solo da P.G.R., ma anche e soprattutto dal di lui padre avvocato P.A., che invero era intervenuto alla stipula del contratto (mentre invece egli non figurava nell’atto del 19-8-1988), nonchè dalla stessa M. T., con la precisazione che dette prestazioni avrebbero dovuto essere eseguite anche per il futuro, prevedendosi la sottoposizione del contratto a condizione risolutiva nell’ipotesi di inadempimento al riguardo.

La Corte territoriale a tal punto ha rilevato che, data la natura del suddetto negozio che, secondo gli appellati, sarebbe stato concluso tre giorni dopo il conferimento della procura, ancor meno era spiegabile la seconda scrittura con la quale le parti si erano limitate a stipulare un contratto di compravendita nei termini sopra enunciati senza fare alcun riferimento alle precedenti pattuizioni (ovvero alla riserva di proprietà in favore del cedente, alle obbligazioni assunte sia da P.G.R. che dai suoi genitori per la futura assistenza al cedente ed alla previsione di inefficacia del negozio in caso di inadempimento di tali obblighi);

invece la scrittura del 19-8-1988, se effettivamente stipulata successivamente a quella datata 15-6-1988, avrebbe avuto un senso se le parti avessero in essa dato atto che, per effetto dell’avvenuto decesso di Mi.Ag., si erano estinte le obbligazioni, concernenti assistenza e servizi, assunte nei suoi confronti, ed era venuta meno la riserva di proprietà pattuita in favore del medesimo, cosicchè si era realizzato al momento della morte dei mandante il trasferimento della proprietà dei beni.

Il giudice di appello ha quindi ritenuto che la scrittura del 15/6/1988 era stata redatta in epoca successiva a quella del 19/8/1988 al fine di neutralizzare le contestazioni sollevate dai chiamati all’eredità di Mi.Ag., in particolare quelle attinenti alla avvenuta estinzione della procura per morte del mandante, alla simulazione assoluta ed alla mancanza di causa, ed alla non veridicità dell’assunto relativo alle prestazioni professionali “da molti anni” effettuate in favore del mandante da parte di P.G.R., all’epoca non ancora esercente l’attività di avvocato; in tale contesto trovavano plausibile spiegazione le pattuizioni contenute nella scrittura apparentemente redatta il 15-6-1988 con le quali si faceva risalire fa negoziazione ad epoca antecedente alla morte del mandante, si aggiungeva a quello che nell’altra scrittura costituiva il corrispettivo del trasferimento, palesemente sproporzionato rispetto al valore dei beni trasferiti, un elemento di maggior peso, costituito dall’obbligazione di assistenza e servizi assunta da P.G.R. ed anche da M.T. in favore di Mi.Ag. fino a quando questi sarebbe restato in vita, ed inoltre si era fatto intervenire alla stipula anche l’avvocato P.A., con la precisazione che le prestazioni in favore di Mi.Ag. erano state eseguite da oltre venti anni dal predetto e non già da P. G.R..

La sentenza impugnata ha pertanto ritenuto che la scrittura privata apparentemente datata 15-6-1988 era stata in effetti redatta in epoca successiva a quella del 19-8-1988 e quindi era stata posta in essere dopo la morte del mandante, con la conseguente invalidità della stessa per avvenuta estinzione della procura ai sensi dell’art. 1722 c.c., n. 4, e con la carenza del potere rappresentativo in capo a M.T., conclusione ovviamente cui doveva pervenirsi analogamente anche con riferimento alla scrittura del 19-8-1988.

Orbene è decisivo rilevare che con i motivi in esame i ricorrenti principali non hanno censurato la statuizione della Corte territoriale secondo cui era stata acquisita la prova della non veridicità della data della scrittura apparentemente redatta il 15/6/1988 sulla base del suo stesso contenuto, considerato che M.T. aveva dichiarato di stipulare “quale mandatario del proprio fratello Sac. Mi.Ag….giusta procura generale ad negotia del 12-6-1988, con firma autenticata dal Notaio Dante Caprio di Acireale n. 110849 del Rep., reg/ta il 22-6-1988 al n. 449 serie 2…”, posto che una scrittura redatta il 15-6-1988 non avrebbe potuto indicare la data ed il numero di registrazione della procura generale eseguita sette giorni dopo; a tal riguardo il giudice di appello ha evidenziato la inverosimiglianza della spiegazione che di tale fatto era stata fornita dagli appellati in comparsa di costituzione, secondo cui il giorno ed il numero della registrazione sarebbero stati preindicati nella scrittura e l’interessato, o chi per lui, si sarebbe poi recato presso l’ufficio competente nel giorno indicato ed avrebbe atteso il momento opportuno per registrare l’atto con il numero 449, sottolineando che neppure era stata chiarita la ragione dei ricorso ad una così insolita e macchinosa procedura; da tali premesse consegue che, atteso che la suddetta scrittura era priva di data certa, era onere degli attuali ricorrenti principali provare quale fosse la effettiva data della predetta scrittura privata e che, in assenza dell’assolvimento di tale onere, essa non poteva essere opposta alle controparti.

La decisività di tali considerazioni spiega altresì la ragione per la quale la sentenza impugnata ha attribuito scarso rilievo alla circostanza relativa ai timbri postali apposti sulle copie della scrittura privata in questione, atteso che essi, se normalmente sono idonei a conferire data certa ad una determinata scrittura, non potevano avere tale attitudine in una fattispecie in cui era stato documentalmente provato che la data di redazione della scrittura non poteva essere quella figurante nel documento, come del resto confermato dalla consulenza grafica redatta dalla dottoressa C.A.R. su incarico dell’appellante; è comunque opportuno in questa sede rilevare l’infondatezza dell’assunto dei ricorrenti principali secondo cui sussistevano in atti fotocopie della scrittura del 15-6-1988 fatte annullare con timbro postale che faceva corpo unico con esse rendendo certa la data ivi apposta;

invero nella fattispecie non è invocabile il principio di diritto cui tale tesi si richiama, secondo cui in tema di data di scrittura privata nei confronti di terzi, se la scrittura privata non autenticata forma un unico corpo con il foglio sul quale è stato impresso il timbro postale, la data risultante da quest’ultimo deve ritenersi come data certa della scrittura, ai fini della computabilità di fronte ai terzi, perchè la timbratura effettuata in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad una attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita (Cass, 25-7-1997 n. 6943; Cass. 1-10-1999 n. 10873; Cass. 28-6-2002 n. 9482; Cass. 14-6-2007 n. 13912), essendo evidente che tale orientamento presuppone che la scrittura privata della cui data si discute sia stata spedita al destinatario da parte del mittente, e non sia quindi rimasta nella disponibilità di quest’ultimo, come in effetti si è verificato nella fattispecie, dove i ricorrenti principali non contestano che le fotocopie della scrittura privata per cui è causa sulle quali erano stati apposti i timbri dagli uffici Postali di (OMISSIS) non erano state spedite (vedi ad esempio pagine 37-38 e 54-55 del ricorso principale); infatti unicamente la sottrazione del foglio alla disponibilità del mittente e la sua ricezione da parte del destinatario consentono di verificare l’anteriorità della scrittura rispetto all’apposizione del timbro.

Infine il profilo di censura dei ricorrenti principali riguardo alla raccomandata del 5-8-1988 (dalla quale si evincerebbe l’anteriorità della scrittura del 15-6-1988 rispetto alla scrittura del 19-8-1988) è irrilevante, sia perchè è già stata evidenziata la decisività delle ragioni espresse dalla sentenza impugnata (non oggetto di censure in questa sede) per le quali la scrittura del 15-6-1988 non aveva data certa, sia perchè ogni caso la suddetta raccomandata reca una data successiva al giorno della morte di Mi.Ag., cosicchè il fatto che sarebbe stata acquisita la certezza dell’esistenza della scrittura del 15-6-1988, menzionata nella lettera del 5-8-1988, almeno a quest’ultima data, è ininfluente, in quanto detta scrittura sarebbe comunque successiva all’8-7-1988, giorno della morte di Mi.Ag., con la conseguenza anche in tal caso dell’invalidità della stessa per avvenuta estinzione della procura ai sensi dell’art. 1722 c.c., n. 4.

Con il terzo motivo i ricorrenti principali, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 279 c.p.c., artt. 1362 e 1363 c.c. e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver qualificato come compravendita il contratto contenuto nelle due scritture del 15-6 e del 19-8-1988.

Premesso che la qualificazione del contratto in questione non poteva essere oggetto di sentenza non definitiva, M.T. e P. G.R. assumono che l’interpretazione resa in proposito dal giudice di appello non ha tenuto conto nè del senso letterale delle parole, nè dell’intenzione delle parti nè della valutazione delle clausole le une per mezzo delle altre; la corretta applicazione di tali criteri avrebbe consentito di ritenere che il trasferimento dei beni ivi elencati sarebbe avvenuto a titolo di pagamento delle specifiche prestazioni previste, e di concludere che pertanto si era in presenza di una “datio in solutum”a schema atipico, posto che detto effetto traslativo era stato differito all’esito della esecuzione delle suddette prestazioni, in un contesto di tutela di interessi collaterali, in particolare dell’interesse di Mi.

A. alla prosecuzione delle prestazioni oggetto di avvenuto adempimento solutorio senza ulteriori pagamenti aggiuntivi; in conclusione l’effetto reale traslativo veniva regolato nella scrittura del 15-6-1988 nel suo esplicarsi successivamente all’adempimento delle prestazioni assistenziali in favore di Mi.

A., collegandolo ad una ulteriore condizione sospensiva potestativa mista ad un termine iniziale, ovvero al perfezionamento del contratto “ex lege” n. 47 del 1985 dopo la morte di Mi.

A., da stipulare a semplice richiesta orale del creditore P.G.R.; orbene nella missiva del 5-8-1988 veniva attestato il suddetto adempimento, e nella scrittura del 19-8-1988 le parti avevano dato atto della avvenuta attuazione di quanto previsto in precedenza, e quindi del passaggio della proprietà dei beni ereditar in favore di P.G.R..

Con il quarto motivo M.T. e P.G.R., deducendo omessa e/o insufficiente motivazione, sostengono che erroneamente la Corte territoriale ha accolto il motivo di appello relativo alla pretesa invalidità della scrittura del 15-6-1988 e, pertanto, alla invalidità della scrittura del 19-8-1988 per pretesa estinzione della procura.

I ricorrenti principali rilevano che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, i contratti documentati dalle suddette scritture non erano diversi ma integravano un’unica negoziazione che veniva portata a compimento in passaggi successivi, come dimostrava la documentazione in atti; neppure era vero che il negozio asseritamente concluso il 15-6-1988, prevedendo compiutamente gli effetti che sarebbero conseguiti alla morte del mandante, non avrebbe comportato una ulteriore negoziazione, considerato che il primo negozio, se non fosse stato formalizzato in quello del 19/8/1988, sarebbe risultato nullo in base alla L. n. 47 del 1985.

I ricorrenti principali inoltre assumono che, a seguito del conferimento della procura generale “ad negotia” del 12-6-1988, M.T. aveva stipulato il contratto del 15-6-1988 quale mandataria di Mi.Ag., e che il potere di stipulare il contratto del 19-8-1988 le era derivato quale mandataria per il carattere di ultrattività del mandato dovuto alla natura dell’affare (riserva di proprietà e condizione sospensiva vita natural durante per il solo effetto traslativo), e per la ricorrenza di un mandato “in rem propriam” (considerato che nella procura generale era compresa per la mandataria la facoltà di stipulare anche con se stessa), ed aggiungono che sussisteva a carico della M. anche l’obbligo di dare esecuzione al mandato suddetto ai sensi dell’art. 1728 c.c., per la sussistenza di pericolo nel ritardo a non effettuare il trasferimento a richiesta di P.G.R., considerato che dall’esame della raccomandata prodotta nel giudizio di primo grado del conduttore di uno dei beni oggetto della controversia era emerso che M.A. e M.S. già agivano per compromettere i diritti ormai prossimi ad entrare a far parte della sfera giuridica di P.G.R..

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono in parte inammissibili ed in parte infondate.

Sotto un primo profilo è agevole rilevare che la qualificazione da parte dei ricorrenti principali dei negozi contenuti nelle due scritture del 15-6-1988 e del 19-8-1988 sollevano una questione in ordine alla quale essi sono privi di interesse, posto che in ogni caso la diversa soluzione prospettata al riguardo non comporta alcuna incidenza sul fatto decisivo che la scrittura del 15-6-1988 è priva di data certa per le ragioni sopra esposte, e dunque non opponibile alle controparti.

Con riferimento poi al preteso potere di M.T. di stipulare il contratto di cui alla scrittura del 19-8-1988, si osserva anzitutto che l’asserito carattere di ultrattività del mandato, sorto secondo i ricorrenti principali a seguito della stipula del contratto di cui alla scrittura del 15-6-1983, è escluso dalla considerazione che la rilevata mancanza di data certa di tale scrittura comportava l’impossibilità in radice di dare esecuzione alle pattuizioni in essa contenute; quanto inoltre alla sussistenza nella specie di un mandato In rem propriam” per la previsione nella procura generale del 12-6-1988 della facoltà accordata a M. T. di vendere anche a sè medesima i beni di proprietà di Mi.Ag., si rileva che tale configurabilità è esclusa per il fatto che nella procura medesima non erano state determinate le modalità concrete di tale eventuale vendita, ed in particolare il relativo prezzo; infine con riguardo alla prospettazione di un obbligo di M.T. di dare esecuzione al mandato per pericolo nel ritardo, i ricorrenti principali deducono una questione che implica la valutazione di circostanze di fatto non trattate nella sentenza impugnata; pertanto essi, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, avevano l’onere – in realtà non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avessero fatto, per dar modo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Appare comunque opportuno aggiungere, con riferimento in generale alla tesi della ultrattività del mandato per le diverse ragioni prospettate dai ricorrenti principali e sopra enunciate, che l’estinzione del potere di rappresentanza per morte del soggetto che l’ha conferito non è opponibile ai sensi dell’art. 1396 c.c., comma 2, ai terzi che l’hanno ignorata senza loro colpa, e che nella specie la Corte territoriale con statuizione non oggetto di censure in questa sede ha escluso che P.G.R. non fosse a conoscenza dell’avvenuto decesso dello zio Mi.Ag., con la conseguente non necessità di una formale comunicazione al medesimo del predetto evento; inoltre giova rilevare che nel mandato conferito nell’interesse del mandatario con attribuzione di procura, l’irrevocabilità del mandato prevista dall’art. 1723 c.c., comma 2, si esaurisce nel rapporto interno tra il mandante ed il mandatario e, pertanto, l’efficacia e la validità del contratto concluso con il terzo dal mandatario restano sempre subordinate alla permanenza del potere di rappresentanza (Cass. 11-2-1998 n. 1388), nella specie estinto per la morte del rappresentato.

Con il quinto motivo i ricorrenti sostengono che, essendo errata la declaratoria di nullità delle scritture del 15-6-1988 e del 19/8/1988, erano illegittime le consequenziali statuizioni del giudice di appello di appartenenza all’asse ereditario di Mi.

A. dei beni oggetto delle scritture stesse, di condanna di P.G.R. al rilascio di tali beni, di scioglimento della comunione ereditaria esistente su di essi, dell’ordine agli esponenti di rendere il conto della gestione per il periodo di rispettivo possesso dei beni, oltre che di riserva al definitivo della pronuncia sulle spese e di prosecuzione della causa nel merito per la divisione ereditaria.

Con il sesto motivo i ricorrenti assumono che, essendo fondate le censure sopra enunciate, e non sussistendo ragioni per la prosecuzione della causa di divisione, le controparti avrebbero dovuto essere condannate al rimborso delle spese processuali.

Entrambi tali censure restano assorbite all’esito del rigetto dei precedenti motivi del ricorso principale.

Venendo quindi al ricorso incidentale, si osserva che con l’unico motivo formulato la C., denunciando violazione dell’art. 1218 c.c., e segg., artt. 2043, 2056 c.c. e art. 278 c.p.c., censura la sentenza impugnata perchè, pur avendo accolto la domanda di M. A. di condanna di M.T. e P.G.R. alla reintegra dei beni ereditari che essi detenevano da diciotto anni percependone i frutti, aveva rigettato la domanda di condanna generica delle controparti al risarcimento dei danni per mancata prova ed addirittura mancata allegazione degli stessi; essa rileva che ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni è sufficiente l’accertamento di un fatto anche potenzialmente produttivo di conseguenze dannose.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha rigettato la domanda di condanna generica della M. e del P. al risarcimento dei danni non essendo stati tali danni dimostrati ed anzi neppure allegati.

Orbene, premesso che è comunque estraneo all’ambito di tale domanda l’ordine di rendere il conto della gestione dei beni ereditari (oggetto, come si è già esposto, di una autonoma statuizione da parte del giudice di appello nei confronti di M.T. e di P.G.R.), si rileva che la mancata censura, quantomeno in termini specifici, dell’affermazione della sentenza impugnata circa la mancata allegazione dei danni lamentati – la cui natura invero neppure in questa sede è stata indicata – rende irrilevante il richiamo dei ricorrenti principali al principio della sufficienza della sussistenza di un fatto anche potenzialmente produttivo per l’emissione di una sentenza di condanna generica ai risarcimento dei danni, non essendo stato prospettato, neppure in termini generici, un danno ulteriore rispetto alla mancata percezione dei frutti relativi ai suddetti beni ereditari.

Il ricorso incidentale deve quindi essere rigettato.

Infine il ricorso incidentale condizionato resta assorbito all’esito del rigetto del ricorso principale.

La preponderante soccombenza, avuto riguardo all’economia del giudizio, dei ricorrenti principali comporta la loro condanna in solido al pagamento delle spese del giudizio stesso in favore della C., liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna M.T. e P.G.R. in solido al rimborso in favore della C. delle spese di giudizio, liquidate in Euro 200,00 per spese ed in Euro 5000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2011

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