Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21896 del 21/10/2011

Cassazione civile sez. II, 21/10/2011, (ud. 11/07/2011, dep. 21/10/2011), n.21896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 799/2006 proposto da:

A.M. VEDOVA V. C.F. (OMISSIS),

V.M.S. C.F. (OMISSIS), V.A.

C.F. (OMISSIS), V.M. C.F. (OMISSIS),

S.A. C.F. (OMISSIS), V.O. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 68, presso lo studio dell’avvocato GAGLIARDINI Livio, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAGLIARDINI ALESSANDRO;

– ricorrenti –

contro

T.P. C.F. (OMISSIS), T.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 140, presso lo studio dell’avvocato FERRETTI Anna Maria,

che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3966/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/07/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Ferretti Anna Maria difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P. e T.M. agivano ex art. 2932 c.c., nei confronti di A.M., vedova V., e di O., Mo.

e V.M., per ottenere, previa offerta del residuo prezzo dovuto, sentenza costitutiva di trasferimento della proprietà di alcuni terreni siti in (OMISSIS), loro rispettivamente promessi in vendita con separate scritture private del 1985-1986 dal de cuius dei convenuti, Ve.Ma.. I V. – A. resistevano alla domanda, assumendo che sui terreni in questione i promissari acquirenti avevano costruito dei capannoni industriali, uno dei quali era stato eretto sconfinando su di un fondo della residua proprietà del promittente.

Il Tribunale di Roma rigettava la domanda principale, ritenendo che oggetto dei preliminari di vendita fossero beni ormai diversi, per effetto della ridetta attività edificatoria, da come promessi.

Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Roma, che accoglieva la domanda dichiarando il trasferimento dei terreni, subordinatamente al pagamento del prezzo ancora dovuto.

Riteneva la Corte d’appello, che il giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto che le edificazioni sui terreni fossero successive alla stipula dei contratti preliminari, mentre in realtà in tali atti i promissari avevano dichiarato di aver realizzato varie costruzioni, trattandosi di terreni che essi occupavano già da molti anni, sicchè era evidente che le parti fossero a perfetta conoscenza dello stato dei luoghi. Anche lo sconfinamento di uno di tali fabbricati sulla residua proprietà V., osservava la Corte capitolina, era anteriore al relativo contratto preliminare, come si ricavava dalla documentazione tecnica allegata alla domanda di condono. Pertanto, doveva ritenersi indubbia la volontà dei contraenti di negoziare il trasferimento della proprietà dei terreni su cui insistevano i capannoni e gli altri fabbricati, così come esattamente descritti nelle successive domande di condono. Quanto al prezzo, che determinava per ciascuna delle scritture di preliminare di vendita, rilevava che esso era stato in parte già corrisposto al momento della stipula dei contratti preliminari, in parte versato successivamente su libretti bancari al portatore in deposito fiduciario presso terzi, e che all’effettivo integrale versamento di esso doveva subordinarsi l’effetto traslativo. La Corte territoriale osservava, inoltre, quanto all’accertato sconfinamento di uno dei capannoni su di una porzione di terreno rimasta in proprietà al promittente venditore, per la superficie di mq. 80, che la fattispecie rientrava sotto la previsione dell’art. 938 c.c., e che, ovviamente esclusa detta superficie dall’effetto traslativo di cui alla pronuncia ex art. 2932 c.c., ogni questione in merito avrebbe potuto essere oggetto di un diverso giudizio, non ostandovi il trasferimento dei diversi fondi individuati dalle parti nei contratti preliminari.

Il ricorso per cassazione di A.M., vedova V. e di O., Mo. e V.M. avverso detta sentenza, è affidato a sei motivi.

Gli intimati resistono con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, perchè la Corte territoriale, pur avendo ammesso che i T. avevano fatto offerta del prezzo, nell’accogliere la domanda non ha tenuto conto dell’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice non è esonerato dal condizionare “l’adempimento della prestazione” all’effettivo versamento del prezzo; e pur dando atto del mancato pagamento integrale di quest’ultimo, ha illogicamente affermato che gli attori sarebbero stati tenuti al versamento del residuo dopo la pubblicazione della sentenza. Per contro, prosegue parte ricorrente, dai preliminari di vendita si ricava che i promissari erano tenuti al pagamento dell’intero prezzo al momento della stipula dell’atto pubblico, mentre è risultato accertato che legittimamente i V. non si sono presentati innanzi al notaio per la stipulazione del definitivo, in quanto le controparti si erano rese inadempienti al pagamento del prezzo. Inoltre è irrilevante “il gratuito apprezzamento” fatto dalla Corte romana secondo la quale sarebbe sufficiente il fatto che gli attori avrebbero offerto ai V. il pagamento del prezzo, considerazione priva di pregio perchè il debitore è liberato dall’obbligazione solo se dimostra di aver pagato quanto dovuto, cosicchè la Corte territoriale ha finito per assegnare in proprietà ai T. i terreni per cui è causa senza che i promissari abbiano provveduto al pagamento del corrispettivo.

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., nonchè il vizio motivazionale della sentenza impugnata.

Afferma parte ricorrente che nell’interpretare il contratto la Corte d’appello avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto dell’obbligazione di pagamento del residuo prezzo al momento della presentazione delle parti innanzi al notaio, e del fatto che tale obbligazione non è stata adempiuta, nè è stata offerta nelle forme di legge, sicchè la domanda avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.

3. – Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., e il vizio di motivazione, in quanto la Corte territoriale ha condannato gli appellati al trasferimento della proprietà dei beni di cui ai contratti preliminari, subordinatamente al pagamento dell’intero prezzo pattuito, senza che una simile domanda sia mai stata formulata, e senza considerare che l’inadempienza dei promissari in ordine all’obbligazione di pagamento del prezzo era ormai definitiva.

4. – Con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2643 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, denunciando i ricorrenti che la Corte territoriale è incorsa in errore per aver ordinato al conservatore dei RR.II. la trascrizione della sentenza impugnata, ordine che, una volta annullata la sentenza d’appello, verrebbe a cadere.

5. – Il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, consistente, per aver la Corte territoriale condannato i sigg.ri V. alle spese nonostante essi non si fossero resi inadempienti verso alcuna delle obbligazioni assunte.

6. – Con il sesto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 938 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, poichè la Corte d’appello avrebbe omesso di spiegare che i V. non hanno assunto nessun obbligo di vendita relativamente al piccolo appezzamento di mq. 80 individuato dal c.t.u., rispetto al quale, pertanto, l’occupazione da parte dei sigg.ri T. deve ritenersi arbitraria. La norma dell’art. 938 c.c., richiamata al riguardo dai giudici d’appello, non può trovare applicazione al caso di specie, sia perchè non è stato stipulato alcun preliminare di vendita relativamente a tale piccolo appezzamento di terreno, sia in quanto gli attori non hanno formulato alcuna domanda ai sensi della norma appena citata, nè la Corte d’appello ha motivato circa la prova della ritenuta buona fede degli occupanti.

7.- I primi cinque motivi – da esaminare congiuntamente, il primo, il secondo e il terzo basandosi sul medesimo assunto, cioè l’inadempimento degli attori, il quarto ed il quinto contenendo delle censure apparenti che, in realtà, altro non deducono se non effetti legali di un ipotetico rigetto della domanda – sono manifestamente infondati.

7.1. – E’ pacifico indirizzo di questa Corte, elaborato per evitare lo squilibrio sinallagmatico che, diversamente, si verificherebbe tra le parti, che l’effetto traslativo della sentenza di esecuzione in forma specifica degli obblighi derivanti da un contratto preliminare di compravendita immobiliare è subordinato alla condizione del pagamento del prezzo (o del suo residuo), ove le parti abbiano pattuito che tale versamento debba avvenire all’atto della stipulazione del contratto definitivo (Cass. nn. 1964/00, 1839/97, 10069/96 e 3926/96).

7.1.1. – Nello specifico parte ricorrente non formula obiezioni a tale indirizzo, ma rimuovendone l’esistenza tenta di isolare tra loro le rispettive obbligazioni delle parti; e nell’affermare che i promissari acquirenti avrebbero dovuto pagare il prezzo al momento della stipula del contratto definitivo, si contraddice adducendo, quale ragione giustificatrice della mancata presentazione dei V. innanzi al notaio per la conclusione del definitivo di vendita, lo stesso preteso inadempimento dei promissari.

7.2. – Del pari destituita di pregio è l’affermazione secondo cui la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione per aver subordinato, senza apposita domanda, il trasferimento della proprietà al pagamento del prezzo. La prestazione del corrispettivo della cessione della proprietà, o la sua offerta, costituiscono, infatti, condizioni dell’azione ex art. 2932 c.c., sicchè ove il corrispettivo debba essere prestato al momento della stipulazione del definitivo, il giudice deve subordinare l’effetto traslativo al pagamento del prezzo, secondo la collaudata tecnica della sentenza condizionale (giurisprudenza costante di questa Corte: v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 16881/07).

8. – Il sesto motivo è inammissibile.

Contrariamente a quanto assume parte ricorrente, la Corte capitolina si è limitata ad escludere che gli 80 mq. della residua proprietà V., occupati da uno dei capannoni realizzati dai T., potesse essere oggetto di trasferimento in quanto si trattava di una parte di terreno non promessa in vendita. Coerentemente, la pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., è stata limitata ai soli fondi promessi, esclusa la porzione anzi detta, e di ciò gli odierni ricorrenti non possono dolersi.

Il richiamo all’art. 938 c.c., contenuto nella stessa sentenza è, invece, null’altro che un obiter dictum – come tale insuscettibile di censura – volto a meglio chiarire che la questione della sorte della parte di terreno occupata ma non promessa in vendita, è estranea alla causa petendi e al petitum della domanda, e che pertanto può essere oggetto di una diversa controversia, in nulla pregiudicata dalla decisione.

9. – Conclusivamente, il ricorso è infondato e va respinto.

10. – Le spese del presente procedimento di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2011

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