Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21894 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/09/2017, (ud. 08/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12747/2016 proposto da:

C.G., CA.GR., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA DELLE BELLE ARTI N 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

PELLICANO’, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati VINCENZO STUMPO,

ANTONIETTA CORE1 11 e VINCENZO TRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1437/2015 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA,

depositata il 10/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA

CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Istituto nazionale della previdenza sociale – creditore della somma di euro 1.000 nei confronti di C.G., Ca.Gr., S.S. e I.C. in base ad una sentenza della Corte di Cassazione che aveva rigettato il loro ricorso e li aveva condannati al pagamento delle spese della discussione orale – notificò ai debitori atto di precetto per il pagamento di quel debito.

Avverso il precetto proposero opposizione C.G. e Ca.Gr. davanti al Giudice di pace di Reggio Calabria e nel giudizio si costituì l’INPS, chiedendo che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere avendo il precetto perso la propria efficacia ai sensi dell’art. 481 c.p.c..

Il Giudice di pace dichiarò la cessazione della materia del contendere e condannò l’INPS al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dall’ente previdenziale e il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 10 novembre 2015, ha accolto il gravame e, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, ha condannato C.G. e Ca.Gr. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado e di quelle di appello.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria propongono ricorso C.G. e Ca.Gr. con unico affidato a tre motivi.

Resiste l’INPS con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., ed i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 112,345 c.p.c. e art. 615 c.p.c., comma 1, in ordine ad una presunta novità della domanda proposta con l’atto di appello.

Sostengono le ricorrenti che il precetto era venuto meno per rinuncia, che il Giudice di pace aveva fatto applicazione del principio della soccombenza virtuale e che il gravame aveva introdotto una domanda nuova concernente la legittimità dell’azione esecutiva.

2. Con il secondo motivo ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c. e dell’art. 345c.p.c. e art. 615 c.p.c., comma 1, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo. Rilevano le ricorrenti che l’obbligazione di condanna alle spese pronunciata dalla Corte di cassazione ed oggetto del precetto non aveva natura di obbligazione solidale e che l’INPS avrebbe violato i principi sull’obbligazione solidale notificando atto di precetto a tutti i debitori per l’intera somma anzichè pro quota.

3. Con il terzo motivo ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 479 c.p.c., in relazione alle tabelle di cui al D.M. n. 127 del 2004, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo.

Sostengono le ricorrenti che la sentenza nulla avrebbe detto in ordine alla presunta illegittimità del precetto in quanto contenente voci di spesa non spettanti sulla base delle tariffe professionali applicabili ratione temporis.

4. Osserva la Corte, innanzitutto, che il ricorso si espone ad un preliminare rilievo di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), per mancanza di un’effettiva esposizione sommaria dei fatti di causa. Infatti, dalla parte del ricorso dedicata a tale esposizione non si evince in alcun modo nè il tenore delle motivazioni con cui il Giudice di pace dichiarò la cessazione della materia del contendere e provvide sulle spese di lite, nè il tenore delle ragioni dell’appello dell’I.N.P.S.. Tali elementi erano indispensabili per la percezione del fatto sostanziale e processuale e ciò è tanto vero che, procedendo alla lettura dei motivi, non è dato comprenderne il senso ed in particolare se, e in quali termini, le questioni poste rilevino in questa sede come ragioni di impugnazione della sentenza d’appello.

5. Ciò premesso in linea generale per tutti i motivi, la Corte in via solo ulteriore rileva, quanto al primo, che la sentenza del Giudice di pace, nella specie, oltre a dichiarare la cessazione della materia del contendere così come richiesto dall’INPS, condannò anche quest’ultimo alle spese; ne consegue che l’interesse ad impugnare la pronuncia limitatamente al profilo delle spese è sorto solo nel momento in cui il primo Giudice ha assunto tale decisione, per cui l’appello non ha introdotto alcun profilo di novità della domanda.

Quanto al secondo motivo, il richiamo all’art. 97 c.p.c., si dimostra del tutto improprio. Ed infatti, da un lato la sentenza di questa Corte 28 luglio 2011, n. 16612, che costituisce il titolo esecutivo, nel condannare i ricorrenti (fra cui C.G. e Ca.Gr.) al pagamento delle spese della discussione orale, era una condanna in solido; da un altro lato, quando l’art. 97, parla di più soccombenti, allude alla circostanza che ciascuno di essi si sia difeso da solo, mentre, se più soggetti agiscono o si difendono in giudizio con il ministero di un unico difensore, che rediga atti ad essi riferibili e li patrocini congiuntamente, il concetto di parte soccombente impone di considerarli come una parte unica, onde la condanna alle spese li riguardava come tali e soggiaceva agli artt. 1292 e 1294 c.c.. Ragione per cui l’INPS ben poteva intimare precetto a tutti i condebitori per l’intero, posto che ciò non implicava di aver agito in executivis contro tutti per l’intera somma.

6. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna delle ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte delle ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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