Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21893 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21893 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 19725-2013 proposto da:
REGIONE ABRUZZO 80003170661, in persona del Presidente della
Regione pro tempore, elettivamente domiciliata in RONIA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
BRUNO AQUILINO, MICHELE D’ANNIBALLE, GABRIELE DI
LALLO, GIUSEPPE MARIO DI TULLIO, GIUSTINO TUCCI,
elettivamente domiciliati in ROMA, L.G0 TRIONFALE 7, presso lo
studio dell’avvocato STEFANO FIORINI, rappresentati e difesi

Data pubblicazione: 27/10/2015

dall’avvocato GABRIELE SILVETTI giusta procura speciale a
margine del controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 392/2012 del TRIBUNALE di VASTO,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Stefano Varone difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Fiorini Stefano (delega avvocato Silvetti Gabriele)
difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO
La Corte di appello di l’Aquila ha dichiarato inammissibile, con
ordinanza ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., l’appello proposto dalla
Regione Abruzzo avverso la sentenza del Tribunale di Vasto che
aveva dichiarato il diritto degli attuali controricorrenti alla
perequazione della retribuzione individuale di anzianità a quella
percepita da altri dipendenti inquadrati in pari ruolo a norma degli
articoli 1 L.R. Abruzzo n. 16 del 2008 e 43 L.R. Abruzzo n. 6 del 2005
ed 1 L.R. Abruzzo n. 118 del 1998 fino all’abrogazione sopravvenuta
per effetto della L.R. Abruzzo n. 24 del 2011 con condanna della
Regione a corrispondere le differenze retributive maggiorate degli
interessi legali a decorrere dalle rispettive date di entrata in vigore delle
citate leggi regionali.
Avverso questa sentenza la Regione Abruzzo ricorre in cassazione
sulla base di tre censure cui resiste con controricorso la parte intimata.
Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di tardività del
ricorso per cassazione formulata dalla parte controricorrente. Si
Ric. 2013 n. 19725 sez. ML – ud. 10-09-2015
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depositata il 07/12/2012;

sostiene che il ricorso per cassazione sarebbe tardivo perché il termine
di 60 giorni nel caso specifico deve essere calcolato con decorrenza
dalla comunicazione a mezzo p.e.c. all’Avvocatura dello Stato.
L’eccezione non è fondata.
È necessario precisare che la Corte d’appello dell’Aquila si è

l’appello inammissibile perché non aveva ragionevole probabilità di
essere accolto. Il ricorso per cassazione è stato quindi proposto contro
il provvedimento di primo grado ai sensi dell’art. 348-ter, terzo comma,
c.p.c.
La seconda parte di tale comma disciplina la decorrenza del termine
per proporre ricorso per cassazione, disponendo: “In tal caso, il
termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di
primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore,
dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’art. 327 in
quanto compatibile”.
Quindi, il provvedimento oggetto dell’impugnazione è la sentenza di
primo grado, ma il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla
comunicazione o notificazione (se anteriore) della ordinanza di
inammissibilità emessa dal giudice di appello.
La parte che solleva l’eccezione sostiene che nel caso in esame la
comunicazione dell’ordinanza sarebbe avvenuta il giorno 28 giugno
2013 a mezzo posta elettronica certificata. Poiché il ricorso per
cassazione è stato rimesso per la notifica all’ufficiale giudiziario in data
28 agosto 2013, esso risulterebbe tardivo e quindi inammissibile.
Per dimostrare il proprio assunto la parte che solleva l’eccezione
richiama il documento n. 3 del fascicolo depositato in Cassazione che
dovrebbe essere la versione stampabile della comunicazione di
cancelleria ricevuta via p.e.c. e dalla quale si dovrebbe rilevare l’inoltro
Ric. 2013 n. 19725 sez. ML – ud. 10-09-2015
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pronunciata con ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., dichiarando

del messaggio avvenuto alle ore 9,44 del 28 giugno 2013. Si argomenta
che, essendo stata detta comunicazione effettuata ad essa parte contro
ricorrente il 28 giugno 2013 era da presumersi che la cancelleria della
sezione lavoro

della Corte di appello avesse provveduto

contestualmente all’inoltro della medesima comunicazione ad

Osserva il Collegio che agli atti dei controricorrenti non risulta
prodotto il menzionato documento individuato con il n.3. e,
comunque, se pure lo stesso vi fosse stato non sarebbe stato idoneo a
provare la comunicazione dell’ordinanza all’Avvocatura dello Stato il
28 giugno 2013.
Da quanto esposto consegue che, nel caso in esame, non essendo
stato dimostrata l’avvenuta comunicazione dell’ordinanza ex art. 348
bis c.p.c. all’Avvocatura dello Stato, il termine per proporre ricorso per
cassazione non poteva che essere quello di cui all’art. 327 c.p.c. e,
quindi, il ricorso non è tardivo.
Quanto al merito, con i motivi di ricorso la Regione deduce la
violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 3, 2, comma 3 e 24
del d. Lgs. n. 165/2001, dell’art. 1 della L.R. Abruzzo n. 118 del 1998,
dell’art. 43 della L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, per come modificato dalla
L.R. Abruzzo n. 6 del 2008, art. 1, comma 2, alla luce degli art. 36 e
117 della Costituzione anche nel relativo combinato disposto e rileva
che l’impianto della normativa regionale, su cui si fonda l’impugnata
sentenza, risulta adottato in violazione della riserva di competenza alla
contrattazione collettiva del profilo retributivo del personale
dipendente della Regione Abruzzo, oltre che in violazione dei criteri di
riparto fra legislatore statale e regionale nonché del parametro
regolatore di cui all’art. 36 Cost. Chiede pertanto che sia disapplicata la
predetta normativa regionale o, in subordine, che sia sollevata la
Ric. 2013 n. 19725 sez. ML – ud. 10-09-2015
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entrambe le parti in causa (quindi, anche all’Avvocatura dello Stato).

questione di legittimità costituzionale delle citate norme previa
valutazione della non manifesta infondatezza della questione.
Denuncia, inoltre, violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della L.R
Abruzzo n. 118 del 1998 come modificato dall’art. 43 della Legge
regionale Abruzzo n. 6 del 2005 e dall’art. 1, comma 2, Legge regionale

legittimato, con la sua interpretazione, un allineamento dinamico verso
l’alto della voce retributiva.
Con la terza critica, la Regione Abruzzo, asserendo violazione dalla
L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, comma 2, rileva che la Corte del
merito non ha tenuto conto che nell’amministrazione regionale sono
confluiti lavoratori provenienti da soggetti diversi dalle
amministrazioni in senso proprio quali i consorzi di bonifica la
retribuzione dei cui dipendenti non può essere considerata quale
parametro per la determinazione del MA essendo detti consorzi
estranei alle pubbliche amministrazioni di cui al d.1g-s. n. 165 del 2001,
art. 2, comma 2.
Questa Corte, nel decidere controversie identiche alla presente, ha
rilevato che “la Corte costituzionale con sentenza n. 211 del 2014
investita dal Tribunale di Teramo della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 43 della L.R. Abruzzo 8 febbraio 2005 n. 6
(Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2005 e
pluriennale 2005-2007 della Legge Regione Abruzzo – Legge
finanziaria regionale 2005), come sostituito dall’art. 1, comma 2, della
L.R. Abruzzo 21 novembre 2008, n. 16 (Provvedimenti urgenti ed
indifferibili) in riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lett. 1), dal
momento che la disciplina del trattamento economico dei dipendenti
regionali rientrerebbe nella materia dell’ordinamento civile che
appartiene alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ha dichiarato
Ric. 2013 n. 19725 sez. ML – ud. 10-09-2015
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Abruzzo n. 16 del 2008, censurando la sentenza impugnata per aver

l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 della predetta L.R. Abruzzo 8
febbraio 2005 n. 6 come sostituito dall’ art. 1, comma 2, della L.R.
Abruzzo 21 novembre 2008 n. 16 nella parte in cui introduce il comma
2 bis nell’art. 1 della L.R. Abruzzo 13 ottobre 1998 n. 118
(Riconoscimento agli effetti economici della anzianità di servizio

confronti del personale inquadrato nel ruolo regionale a seguito di
pubblici concorsi ed estensione dei benefici previsti dalla L. n. 144 del
1989 al personale ex L. n. 285 del 1977). Tanto perché l’art. 43 della
citata L.R. n. 6 del 2005, nel disciplinare la retribuzione individuale di
anzianità dei dipendenti regionali, allineandone l’ammontare a quello
percepito dai dipendenti che, provenendo da altre amministrazioni,
sono transitati nei ruoli regionali, incide sul trattamento economico dei
dipendenti regionali prevedendone un incremento allorché ricorrano le
condizioni previste e, quindi, eccede dall’ambito di competenza
riservato al legislatore regionale invadendo la materia dell’ordinamento
civile, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato” (cfr. Cass. 2
dicembre 2014, n. 25492; Cass. 10 dicembre 2014, n. 26045; Cass. 15
dicembre 2014, n. 26320).
Stante la declaratoria d’incostituzionalità. della L.R. Abruzzo n. 6 del
2005, art. 43 come sostituito dalla L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1,
comma 2, nella parte in cui introduce il comma 2 bis nella L.R.
Abruzzo 13 ottobre 1998, n. 118, art. 1, su cui si fonda la domanda del
dipendente, il ricorso per cassazione va accolto, la sentenza impugnata
va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod.
proc. cv., con il rigetto della originaria domanda.
Il recente intervento della Corte costituzionale e l’orientamento
espresso dai giudici di merito inducono questa Corte a ritenere
Ric. 2013 n. 19725 sez. ML – ud. 10-09-2015
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prestato presso lo Stato, Enti Pubblici, Enti Locali e Regioni, nei

sussistenti le ragioni di cui all’art. 92, comrna 2, cod. proc. civ. per
compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e,
decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2015.

dell’intero processo..

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