Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21891 del 29/08/2019

Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 30/08/2019), n.21891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26605/2018 proposto da:

M.M.H., elettivamente domiciliato in Roma Via C. Dossi

15 presso lo studio dell’avvocato Marini Elisabetta che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Sasso Gianluca;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Per il Riconoscimento

Della Protezione Internazionale Di Caserta, Procuratore Gen.Affari

Civili;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2609/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/06/2019 dal Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 1/6/2018 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Napoli in ordine alle istanze avanzate da M.M.H. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il richiedente asilo proveniente dal Bangladesh aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta di essere fuggito dal proprio paese e di avere lasciato il Bangladesh, nel gennaio 2014 per timore di essere ucciso dagli oppositori politici del padre che lo avevano più volte minacciato. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a quattro motivi e memoria.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6, e 14, nonchè artt. 8 e 27, 2 e 3 CEDU in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello non ha attivato il potere istruttorio officioso e non ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria al fine di accertare la reale situazione del paese di provenienza ed i fatti rilevanti al fine del riconoscimento della protezione internazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., commi 2 e 3, in quanto detta norma non è stata applicata nella sentenza impugnata in riferimento alla domanda relativa al riconoscimento dello status di rifugiato restringendo quindi i presupposti di applicazione del diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3.

Il ricorso è privo di fondamento.

Il primo motivo contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La Corte infatti ha ritenuto che doveva escludersi l’esistenza dei presupposti per accordare la protezione internazionale richiesta.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione di status di rifugiato e sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva l’assenza dei presupposti e di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014). Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la Corte ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento a notizie risultanti da siti internet dai quali ha evinto che nonostante le situazioni critiche di sicurezza, povertà e di ordine pubblico nel Bangladesh non sussiste una situazione di conflitto armato interno mentre il ricorrente al contrario, in violazione dei principi di specificità ed autosufficienza, non cita o trascrive il contenuto di eventuali altri siti dai quali trae informazioni contrastanti.

Il secondo motivo è infondato. In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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