Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2189 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24658-2020 proposto da:

M.M., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli

avvocati TRANI SILVIO, FORTUNA ELENA;

– ricorrente –

contro

COMUNE NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI N. 46, presso lo studio LEGALE

LEONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FERRARI FABIO MARIA;

– controricorrente –

contro

R & C DI S.A. & C. SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6050/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. M.M. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Ischia il Comune di Napoli al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro occorso in data 30 luglio 2003.

A fondamento della propria pretesa dedusse che mentre era alla guida del proprio ciclomotore cadde rovinosamente a terra a causa delle pessime condizioni del manto stradale riportando ingenti danni sia patrimoniali che non patrimoniali.

Sì costituì in giudizio il Comune di Napoli sollevando, in via preliminare, l’eccezione di incompetenza per territorio e contestando nel merito la fondatezza della pretesa avversaria.

Dichiarata l’incompetenza territoriale dal Giudice di Pace di Ischia il giudizio veniva riassunto dinanzi al Giudice di Pace di Napoli. In tale sede il Comune di Napoli chiese di essere autorizzato alla chiamata in garanzia della R&C di S.A. e C. SaS.

La causa venne istruita mediante escussione di testi e CTU medica, all’esito della quale il Giudice di Pace, con ordinanza fuori udienza, dichiarò la propria incompetenza per valore, fissando il termine per la riassunzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli.

Riassunta la causa dinanzi al Tribunale di Napoli quest’ultimo con sentenza n. 9373/2014 del 20 giugno 2014 rigettò integralmente la domanda attorea.

2. La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 6050/2019 del 14 dicembre 2019 ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da M.M., confermando la decisione del giudice di primo grado e condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite.

3. Avverso tale decisione M.M. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo di ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe errato nel dichiarare l’appello inammissibile per la mancata impugnazione del capo della sentenza relativo alla mutatio libelli.

Osserva in particolare che, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’Appello il Tribunale non aveva ritenuto determinante, ai fini del rigetto, la sola mutatio libelli, essendosi pronunciato anche sul merito. La questione processuale, dunque, sarebbe stata sollevata meramente ad abundantiam e ciò avrebbe reso superflua la sua impugnazione.

Sostiene altresì il ricorrente che il Tribunale avrebbe errato nel rigettare nel merito la domanda, dovendo invece ritenersi provato il carattere di insidia e trabocchetto della buca alla luce delle dichiarazioni dei testi S.A. e Popolo Valentina.

5. Il ricorso è infondato.

Il ricorrente, innanzitutto, non coglie la ratio decidendi della sentenza del Tribunale, poi condivisa dalla Corte d’Appello.

Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (Cass. S.U. n. 3840/2007; Cass. 11675/2020.

Infatti una volta che il giudice di merito rilevi l’inammissibilità della domanda, ed il Tribunale l’aveva rilevata avendo affermato che l’attore “in maniera del tutto inammissibile” aveva modificato la domanda, ogni affermazione sul merito è da ritenere svolta ad abundantiam essendosi ormai il giudice spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito (cfr. Cass. S.U. 15122/2013);

Pertanto risulta del tutto infondata la tesi del ricorrente secondo cui la decisione del Tribunale di rigettare la domanda risarcitoria non si baserebbe sulla mutatio libelli, ma sul mancato raggiungimento della prova in ordine alla responsabilità dell’ente locale nel verificarsi dell’evento.

Il ricorrente, tuttavia, non ha svolto alcuna critica né proposto appello avverso ta argomentazion e pertanto, correttamente, la Corte d’Appello ne ha rilevato il passaggio in giudicato con conseguente superfluità dell’esame della causa nel merito.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.200 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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