Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21889 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 28/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 28/10/2016), n.21889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9077-2011 proposto da:

P.F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116 SC. B INT16/A, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA ZANELLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO LAMMA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, C.F. (OMISSIS), in perso del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia, in VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 824/2010 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA,

depositata IL 20/12/2010 R.G.N. 162/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M., in perso del Sostituito Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’immissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.F.F., dipendente del Comune di Savona inquadrato da ultimo nella categoria D3 (ex 8 qualifica funzionale), profilo economico 5 del CCNL comparto Enti Locali, transitato dal (OMISSIS) all’esito dell’accoglimento della domanda di mobilità volontaria, alle dipendenze dell’Agenzia delle Dogane di La Spezia ed ivi inquadrato nella Area 3 profilo economico F3 del CCNL Agenzie Fiscali, aveva convenuto in giudizio L’Agenzia delle Dogane per l’accertamento del diritto all’inquadramento dal (OMISSIS) nell’area 3 profilo F5 del CCNL di comparto e, dal (OMISSIS) nella medesima area, profilo economico F6 e per ottenere la condanna al pagamento delle differenze retributive correlate a detto inquadramento.

2. La Corte di Appello di Genova, adita dall’Agenzia delle Dogane, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto le domande proposte dal P. ritenendo che:

3. era corretto l’inquadramento effettuato dall’Agenzia delle Dogane in quanto, pur considerando il D.P.C.M. n. 446 del 2000, vi era corrispondenza tra la categoria D3 di cui al CCNL Enti Locali e l’Area C2-C3 (rispettivamente 8^ e 9^ qualifica) del CCNL Ministeri;

4. la tabella di equiparazione allegata al citato D.P.C.M. non conteneva alcuna indicazione della Categoria D5 ma si arrestava alla equiparazione tra la categoria D4 e l’area C super e prevedeva al di sopra di questa soltanto la categoria dirigenziale.

5. l’esame della documentazione acquisita al processo dimostrava che l’equiparazione tra i diversi inquadramenti si basava solo sulle diverse categorie di appartenenza e che non era preso in considerazione il profilo economico.

6. la domanda avente ad oggetto il mantenimento della progressione orizzontale acquisita presso la Amministrazione di provenienza era infondata in quanto il lavoratore non aveva prospettato di avere percepito, all’esito del passaggio alle dipendenze dell’Agenzia delle Dogane, un trattamento economico deteriore ma aveva fondato la sua domanda solo sulla dedotta erroneità del nuovo inquadramento senza indicare gli elementi idonei a confrontare i due di trattamenti retributivi; non poteva, pertanto, ritenersi pacifica la circostanza della fruizione di un deteriore trattamento economico, contestata nel giudizio di appello dall’Agenzia delle Dogane con conseguente ipplicabilità del principio di non contestazione tempestiva. Ha anche rilevato che la documentazione allegata da quest’ultima provava, invece, che il trattamento economico attribuito era superiore a quello fruito dal lavoratore presso il Comune.

7. Avverso detta sentenza il P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 in relazione all’art. 1406 c.c., al D.P.C.M. n. 446 del 2000, al CCNL in data 31.3.2009 del Comparto Regioni ed Autonomie Locali persole non dirigente ed agli Art. 17 e sgg CCNL Comparto Agenzie Fiscali 2002-2005.

9. Il ricorrente, premesso che la classificazione del CCNL Agenzie Fiscali è identica a quella del comparto Ministeri, assume che l’unica fonte di riferimento, applicabile in via analogica, ai fini del giudizio di corrispondenza degli inquadramenti, sarebbe costituita dal D.P.C.M. n. 446 del 2000, e lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente e malamente interpretato ed applicato detto D.P.C.M., il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 e l’art. 17 del CCNL comparto agenzie fiscali.

10. Assume che la Corte territoriale avrebbe errato, e anche illogicamente motivato, nel ritenere che la mancata previsione nella tabella di corrispondenza contenuta nel D.P.C.M. della categoria D5 comportava che l’equiparazione tra i vari inquadramenti doveva essere basata sulle diverse categorie di appartenenza senza considerazione del profilo economico; che avrebbe confuso categorie giuridiche e profili economici, nella parte in cui aveva qualificato come categoria D3 ciò che, invece, era solo un profilo economico nell’ambito della categoria giuridica; assume che la tabella di equiparazione di cui al citato D.P.C.M. non è limitata alle categorie ABCD ma accanto a queste ultime prevede anche i profili economici con la conseguenza che le posizioni D1 D2 D3 D4 dovrebbero essere considerate posizioni economiche determinate dalla progressione orizzontale, che si realizza nell’ambito della categoria D.

11. Deduce, inoltre, che essendo il profilo D5 di posizione apicale nell’area corrispondente alle funzioni direttive, il nuovo inquadramento doveva corrispondere alla qualifica ed alla posizione economica apicale della correlativa Area, propria dell’ordinamento dell’Agenzia delle Dogane che è, appunto, la posizione F5 e non poteva comportare la regressione alla qualifica iniziale prevista per l’accesso concorsuale dall’esterno all’area direttiva (D3); che l’omessa considerazione nella tabella allegata al D.P.C.M. del profilo economico D5 non costituirebbe ragione da sè sola sufficiente ad escludere l’applicazione alogica del D.P.C.M..

12. Assume che la sentenza avrebbe fatto erronea ed illogica applicazione del CCNL Regioni ed autonomie locali del 31.3.1999, contenente la revisione del sistema di classificazione, perchè non avrebbe considerato che dal combinato disposto degli artt. 3, 5, 13 e dell’allegato A del citato contratto si ricava che ciò che la Corte territoriale definisce categoria giuridica D3 non è altro che il mero profilo economico inizialmente attribuito.

13. Richiama il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 ed il comma 2 bis cit. art. per sostenere che il trasferimento, che configura l’ipotesi di cui all’art. 1406 c.c., deve garantire la conservazione dell’inquadramento sia nell’area funzionale che nella posizione economica corrispondenti a quello dell’Amministrazione di provenienza.

14. Lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato: la richiesta di mobilità del 4.4.2005 di esso ricorrente, nella quale era stato chiesto che il trasferimento avvenisse con pie salvaguardia della posizione giuridico ed economica; la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate del 15.6.2005, che aveva segnalato al Comune con ordine di priorità al n. 3 esso ricorrente con la posizione economica D5; la comunicazione del Comune del 14.7.2005 che aveva segnalato che il profilo di esso ricorrente D3-D5 era equivalente, se non superiore, all’Area C3 super del CCNL comparto Ministeri; deduce che da questi documenti si desume che l’Agenzia delle Dogane, avendo dichiarato di volere acquisire un dipendente di altra amministrazione con profilo economico D5, avrebbe dovuto attribuirgli posizione economica equivalente.

15. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c..

16. Assume che la Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che, per effetto del trasferimento, esso ricorrente aveva percepito emolumenti superiori rispetto a quelli precedentemente fruiti, desumendolo dal prospetto allegato 14 dell’agenzia delle dogane. Deduce di avere contestato detta circostanza nella memoria di costituzione nel giudizio di appello, rilevando l’inefficacia probatoria del documento perchè predisposto unilateralmente dall’Agenzia e lamenta il giudice del merito avrebbe fatto erronea applicazione dei principi in tema di onere probatorio.

Esame dei motivi.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

17. La controversia si colloca nell’ambito dei processi di mobilità dei pubblici dipendenti all’interno della Pubblica Amministrazione, come regolati dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 30 e 31.

18. In particolare la vicenda dedotta in giudizio è disciplinata “ratione temporis” dell’art. 30, comma 2 bis, introdotto dal D.L. n. 7 del 2005, art. 5, comma 1 quater convertito nella L. n. 43 del 2005 (il trasferimento dal Comune di Savona all’Agenzia delle Dogane è avvenuto il (OMISSIS)).

19. La norma dispone il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza, sostanzialmente recependo il principio affermato da questa Corte, secondo cui nel passaggio va, in ogni caso, garantita l’equivalenza fra l’inquadramento goduto dal lavoratore nell’ente di provenienza e quello spettategli presso l’amministrazione di destinazione (Cass. SSUU 26420/2006, 503/2011; Cass. 10933/2011, 17117/2013, 18416/2014, 3064/2016).

20. Nelle sentenze sopra richiamate è stato anche precisato che la precisazione che l’inquadramento nell’ambito della Amministrazione di destinazione deve essere individuato in quello maggiormente corrispondente, nell’ambito della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’ente “ad quem”, all’inquadramento in essere presso l’ente di provenienza.

21. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della disposizione sopra richiamata e dei principi affermati da questa Corte perchè ha accertato che, pur avendo riguardo al D.P.C.M. n. 446 del 2000, invocato dal lavoratore a sostegno della sua rivendicazione, vi era corrispondenza tra la categoria D3 prevista dal CCNL Enti Locali e l’Area C2-C3 del CCNL Ministeri, cui corrisponde pacificamente l’Area 3 profilo economico F3 del CCNL Agenzie Fiscali (cfr ricorso pg 4, punto 10 di questa sentenza).

22. Il ricorrente incentra le sue doglianze sull’assunto dell’applicabilità del citato D.P.C.M., lamentando che la Corte territoriale non ne avrebbe fatto corretta interpretazione ed applicazione, avendo, a suo dire, confuso tra categorie giuridiche e profili economici, nella parte in cui aveva qualificato come categoria D3 quello che sarebbe, invece, mero profilo economico nell’ambito della categoria D5.

23. In altri termini, come evidenziato nei punti da 9 a 11, di questa sentenza, il ricorrente premesso che la classificazione del CCNL Agenzie Fiscali è identica a quella del comparto Ministeri, assume che l’unica fonte di riferimento applicabile in via analogica, ai fini del giudizio di corrispondenza tra “vecchio” e “nuovo” inquadramento sarebbe costituita dal D.P.C.M. n. 446 del 2000, e che la Corte territoriale avrebbe erroneamente e malamente interpretato ed applicato detto D.P.C.M., con conseguente violazione del D.Lgs. 165 del 2001, art. 30 e l’art. 17 del CCNL comparto agenzie fiscali.

24. Le censure sono infondate.

25. Al D.P.C.M. 14 dicembre 2000, n. 446, che disciplina (art. 1) la fattispecie, del tutto diversa da quella in esame in cui si è realizzato il passaggio dall’Ente locale (Comune di Savona) all’agenzia delle Dogane, relativa al trasferimento del personale delle amministrazioni statali agli enti locali, ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 7, comma 4, ed alle tabelle di equiparazione in esso riportate non può attribuirsi il rilievo e l’efficacia che vi attribuisce il ricorrente.

26. Tanto per l’essenziale ragione che il D.P.C.M. n. 446 del 2000, provenendo da una autorità esterna al rapporto di lavoro, non può provvedere alla funzione di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo all’esercizio di un siffatto potere, ma solamente a quella di dare attuazione alla mobilità (volontaria) tra pubbliche amministrazioni (Cass. SSUU n. 503/2011; Cass. n. 118416, 17764, 1044, 596 del 2014, 14124/2015, 3064/2016).

27. Non avendo alcuna efficacia vincolante l’equiparazione delle qualifiche individuate in detto D.P.C.M., consegue che è del tutto corretta e giuridicamente giustificata la verifica compiuta dalla Corte territoriale, nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’amministrazione di destinazione, per individuare la qualifica maggiormente corrispondente a quella di inquadramento prima del trasferimento (Cass. SSUU. 503/2011).

28. Va rilevato che la comparazione eseguita dalla Corte di merito nell’addivenire al convincimento della coincidenza tra la qualifica di provenienza e quella attribuita dall’Agenzia delle Dogane, con riguardo alle discipline collettive di riferimento (ente di provenienza ed ente di destinazione) non è stata oggetto di censura.

29. Quanto alla violazione dell’art. 17 del CCNL Enti Locali 31.3.1999 e degli artt. 17 e sgg. del CCNL Comparto agenzie Fiscali 2002-2005 si osserva entrambi i contratti hanno previsto all’interno di ciascuna delle categorie di inquadramento del persole diversi livelli retributivi, individuati nelle tabelle A, allegate a ciascun dei contratti, con indicazione dei criteri per la loro attribuzione. La Corte territoriale, pertanto non ha confuso i piani relativi all’inquadramento nella qualifica o categoria giuridica ed alla attribuzione del profilo economico.

30. Sono immissibili le deduzioni contenute nella parte finale del motivo in esame (pgg. 18 e 19 del ricorso) con le quali si addebita alla Corte territoriale l’omesso esame di “elementi decisivi”, perchè sono estranee al perimetro del vizio azionato, che è riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e non all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

31. Ulteriore profilo di immissibilità consegue al fatto che il ricorrente non ha specificato se ed in quale atto processuale le allegazioni relative all’esistenza di “elementi decisivi” e la documentazione a sostegno siano stati sottoposti all’esame della Corte territoriale.

Il secondo motivo è infondato.

32. La Corte territoriale, infatti, non ha posto a carico del ricorrente un onere invece gravante sulla Agenzia, ma si è limitata ad evidenziare che dal documento prodotto dal quest’ultima emergeva il superiore trattamento economico attribuito al P. e che la produzione era ammissibile a fronte della mancanza di allegazioni del lavoratore in ordine all’entità del trattamento economico ricevuto.

33. Quanto alla dedotta violazione dell’artt. 116 c.p.c. va osservato che questa disposizione prescrive, come regola di valutazione delle prove, quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti. Il giudice del merito è libero, infatti, di scegliere le risultanze istruttorie ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, e di dare liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 2418/2013, Cass. 1892/2002, 15355/2004, 1014/2006, 18119/2008, del 1998 nonchè Cass. n. 1892 del 2002, n. 15355 del 2004, n. 1014 del 2006; n. 18119 del 2008, Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013).

34. Nel caso in esame il ricorrente non ha chiarito a quale risultanza probatoria la Corte territoriale abbia attribuito valore diverso da quello attribuito dall’ordinamento, e in quali termini e perchè la regola del prudente apprezzamento sia stata violata.

35. Non è ravvisabile la violazione dell’art. 115 c.p.c., perchè non è risultato in alcun modo contestato che la Corte territoriale abbia fondato la sua decisione sul materiale probatorio acquisito nel corso del giudizio, nei termini offerti dalle parti.

36. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.

37. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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