Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21888 del 30/08/2019

Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 30/08/2019), n.21888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25149/2018 proposto da:

I.K., elettivamente domiciliato in Avellino Via T. Benigni

10 presso lo studio dell’avv.to Antonio Barone che lo rappresenta e

difende giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 924/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/02/2018.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 23/2/2018 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Napoli in ordine alle istanze avanzate da I.K. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il richiedente asilo proveniente dalla Costa D’Avorio aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta di essere fuggito dal proprio paese per sfuggire alla giustizia avendo accoltellato un soggetto da cui il giorno precedente aveva subito un fallo nel corso di una partita di calcio. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 10 ed 11, come modificato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello, nonostante la espressa istanza del ricorrente, non aveva fissato l’udienza di comparizione delle parti sebbene mancante la videoregistrazione dell’audizione svoltasi davanti alla competente Commissione Territoriale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 8 e 11 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello non ha attivato il potere istruttorio officioso e non ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria al fine di accertare la reale situazione del paese di provenienza ed i fatti rilevanti al fine del riconoscimento della protezione internazionale.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. C), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello non ha ritenuto esistente sulla base del racconto del ricorrente i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria e la grave violazione dei diritti umani fondamentali e ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare correttamente la situazione di violenza esistente e non ha usato informazioni aggiornate e precise sulla situazione dei paesi di origine e di transito cioè la Libia.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6 e art. 19, comma 1, artt. 2 e 10 Cost., nonchè degli artt. 112 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento alla forma residuale della protezione per motivi umanitari, perchè la corte territoriale ha omesso ogni valutazione in ordine alla dedotta condizione di difficoltà soggettiva del richiedente in relazione alla vicenda determinante l’espatrio, e la situazione di vulnerabilità.

Il ricorso è privo di fondamento.

Il primo motivo attinente ad una questione di rito, è infondato e deve essere respinto in quanto risulta dal provvedimento impugnato che il Tribunale territoriale, in mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese davanti alla competente Commissione Territoriale non eseguita per motivi tecnici, ha fissato e regolarmente tenuto l’udienza di comparizione delle parti in data 25/10/2017.

Il secondo e terzo motivo proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La Corte infatti ha ritenuto che doveva escludersi l’esistenza dei presupposti per accordare la protezione internazionale richiesta.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano il diritto alla protezione sussidiaria. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014). Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la Corte ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento a notizie risultanti da siti internet dai quali ha evinto che nonostante le situazioni critiche di sicurezza, povertà e di ordine pubblico nella Costa D’Avorio non sussiste una situazione di conflitto armato interno mentre il ricorrente al contrario, in violazione dei principi di specificità ed autosufficienza, non cita o trascrive il contenuto di eventuali altri siti dai quali trae informazioni contrastanti.

Per quanto riguarda il paese di transito cioè la Libia di cui è mancata ogni indagine e valutazione della condizione della ricorrente in Libia, ai fini della protezione sussidiaria, occorre considerare che “nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito, nella specie la Libia, si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, ma tale profilo può essere valutato solo ai fini della ricostruzione della vicenda individuale e, di conseguenza, della credibilità del dichiarante”) (Cass. n. 2861 e 31676 del 2018).

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto il ricorrente ha già ottenuto la protezione umanitaria.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto per i primi tre motivi, inammissibile il quarto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

Rigetta i primi tre motivi, inammissibile il quarto. Nulla spese. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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