Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21887 del 30/08/2019

Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 30/08/2019), n.21887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25027/2018 proposto da:

N.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Emo 144 presso lo

studio dell’avvocato Studio Legale Sorrentino che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Di Meo Giuseppe;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 691/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/06/2019 dal Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 12/2/2018 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Napoli in ordine alle istanze avanzate da N.B. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il richiedente asilo proveniente dal Gambia aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta di essere fuggito dal proprio paese per sfuggire alla giustizia avendo accoltellato un soggetto da cui il giorno precedente aveva subito un fallo nel corso di una partita di calcio. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,8 e 11 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello non ha attivato il potere istruttorio officioso e non ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria al fine di accertare la reale situazione del paese di provenienza ed i fatti rilevanti al fine del riconoscimento della protezione internazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello non ha ritenuto esistente sulla base del racconto del ricorrente i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria e la grave violazione dei diritti umani fondamentali e ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare correttamente la situazione di violenza esistente e non ha usato informazioni aggiornate e precise sulla situazione dei paesi di origine.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, artt. 2 e 10 Cost., nonchè art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento alla forma residuale della protezione per motivi umanitari, la corte territoriale ha omesso ogni valutazione in ordine alla dedotta condizione di difficoltà soggettiva del richiedente, sia in relazione alla vicenda determinante l’espatrio che alla situazione di pregiudizio per lo stato di esule e nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è privo di fondamento.

I motivi proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La Corte infatti ha ritenuto che doveva escludersi l’esistenza dei presupposti per accordare la protezione internazionale richiesta.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano il diritto alla protezione sussidiaria. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014). Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la Corte ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da siti internet dai quali ha evinto che nonostante le situazioni critiche di sicurezza, povertà e di ordine pubblico nel Gambia non sussiste una situazione di conflitto armato interno mentre il ricorrente al contrario, in violazione dei principi di specificità ed autosufficienza, non cita o trascrive il contenuto di eventuali altri siti dai quali trae informazioni contrastanti. In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Del tutto generica, comunque si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ricorrono i presupposti per non l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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