Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21885 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2018, (ud. 05/07/2018, dep. 07/09/2018), n.21885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20684-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI n.3, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

CESARE GLENDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 274/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, depositata il 23/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso in Cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Liguria, in tema di accertamento sintetico del reddito, per una maggiore capacità contributiva accertata dall’ufficio per l’anno 2008, in ragione del possesso di una serie di beni indice.

L’ufficio lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 commi 4, 5 e 6, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto sufficiente la prova della disponibilità, da parte del contribuente, di redditi già tassati per 129.316,00, nell’anno in contestazione, laddove sarebbe necessario dimostrare il nesso eziologico tra spese effettuate e disponibilità finanziarie.

La censura è infondata.

E’, infatti, insegnamento di questa Corte che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostante sintomatiche del fatto che la spera contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (Sez. 5, Sentenza n. 25104 del 26/11/2014, Cass. ord. n. 22944/15).

Nel caso di specie, trattandosi di una controversia nella quale al contribuente viene contestata la capacità reddituale per il tenore di vita condotto (connesso all’abitazione principale e secondaria, al possesso di un’autovettura Porsche ed all’utilizzo di una collaboratrice domestica) sia per quanto riguarda gli incrementi patrimoniali che le connesse spese di gestione, i giudici d’appello hanno accertato che i maggiori redditi per Euro 129.316,00 documentati dal contribuente, (oltre a quelli già dichiarati), erano già stati assoggettati a ritenuta alla fonte, e di essi il contribuente ne ha avuto la disponibilità proprio nell’anno in contestazione, pertanto, alla stregua del principio di diritto enunciato, quest’ultimo non doveva dimostrare di aver sostenuto il tenore di vita contestato proprio con tali redditi, in quanto la durata e il possesso era tale da ritenere che fosse circostanza sintomatica del fatto che ciò potesse essere accaduto e, quindi, idonea a vincere la presunzione legale dell’accertamento sintetico disposto dall’ufficio.

Pertanto, la CTR fa una completa ricostruzione in fatto della formazione durata e disponibilità delle somme accertate, senza che la difesa erariale censuri detta ricostruzione per omesso esame di fatti decisivi (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ma lamentando solo la mancanza del nesso eziologico tra il possesso di tali redditi e le spese contestate.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Poichè l’ufficio è un’amministrazione dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato (Sez. 6 – 1,, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714; Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare a A.E. le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo complessivi di Euro 4.100,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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