Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21883 del 28/10/2016

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 28/10/2016), n.21883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24819/2011 proposto da:

Z.M., C.F. (OMISSIS), A.A. C.F. (OMISSIS),

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’Avvocato ETTORE

LEPERINO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

A.N.M. AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ S.P.A., P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio

dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCO CASTIGLIONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO, senza numero di R.G. proposto da:

G.R., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato TORTORANO FRANCO, giusta delega

in atti;

– ricorrente successivo-

contro

A.N.M. AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI

PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO CASTIGLIONE,

giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo –

sul ricorso 29182/2011 proposto da:

M.S., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZO RICCARDI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ A.N.M. S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI

PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO CASTIGLIONE,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7142/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/11/2010 R.G.N. 6669/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con distinti ricorsi al Giudice del lavoro di Napoli, A.A., G.R., Z.M. e M.S. agivano nei confronti dell’Azienda Napoletana Mobilità (A.N.M.) per l’accertamento del loro diritto a fruire, a titolo di “competenze accessorie unificate” (CAU), della componente prevista alla colonna B del verbale di Accordo aziendale del 29 marzo 2001 e per la condanna dell’Azienda al pagamento delle relative differenze retributive.

2. Premesso di essere stati assunti con contratto di formazione e lavoro (in data (OMISSIS) l’ A. e lo Z.; in data nel (OMISSIS) il G.; in data (OMISSIS) il M.), poi trasformati in contratto a tempo indeterminato, con attribuzione della qualifica di operatore di esercizio, parametro 140, e che successivamente era stato attribuito il parametro 1580, i ricorrenti deducevano che l’Accordo nazionale del 27.11.2000 aveva stabilito, nel contesto del riordino dei compensi e,delle indennità previste aziendalmente, l’equiparazione dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti; che l’Accordo aziendale del 29 marzo 2001, nel dare attuazione all’accordo nazionale, aveva distinto le “competenze accessorie unificate” (c.d. CAU) in due diversi importi, il primo denominato “colonna A” e il secondo denominato “colonna B” e qualificato assegno ad personam; che l’Azienda non gli aveva riconosciuto la voce di cui alla colonna B, attribuita solo al personale con contratto a tempo indeterminato in servizio alla data del (OMISSIS).

3. Richiamata la previsione di cui della L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 5, secondo la quale, in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio, i ricorrenti deducevano che una corretta interpretazione della normativa contrattuale alla luce del dettato legislativo imponeva di ritenere che anche per i lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro stipulati in epoca anteriore al (OMISSIS) le competenze accessorie unificate dovessero essere corrisposte integralmente, poichè entrate nella struttura della retribuzione, e che non potesse operare la limitazione riguardante i nuovi assunti.

4. In via subordinata, chiedevano che si dichiarasse il loro diritto di fruire, a titolo di “competenze accessorie unificate” (CAU), della componente prevista alla colonna B del verbale di Accordo aziendale del 29 marzo 2001, a far data dal momento della attribuzione del nuovo parametro retributivo (158).

5. La società convenuta resisteva alla domanda deducendo che le “competenze accessorie unificate” non rientravano tra le componenti della retribuzione dei lavoratori in contratto di formazione e lavoro, i quali pertanto durante lo svolgimento di tale rapporto non le avevano percepite; che l’Accordo aziendale del 29 marzo 2001, attuativo dell’Accordo nazionale del 27 novembre 2000 e dell’Accordo nazionale preliminare del 2 marzo 2000, nel ristrutturare l’istituto riducendone il valore per tutti i lavoratori nella misura di cui alla colonna A, aveva previsto per i soli lavoratori a tempo indeterminato già in servizio alla data del (OMISSIS), cioè per coloro che a quella data già percepivano le competenze accessorie unificate, un assegno ad personam, impropriamente denominato CAU B, pari alla differenza tra il precedente maggior valore del trattamento in atto e il successivo minore importo rideterminato in sede di accordo; che legittimamente l’assegno non era stato corrisposto a chi alla data del (OMISSIS) non godeva delle competenze accessorie unificate, ossia ai lavoratori assunti dopo tale data e ai lavoratori che avevano un contratto di formazione e lavoro in corso. Contestava che tale interpretazione ed applicazione della disciplina contrattuale contrastasse con la disposizione di cui L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 5.

6. La domanda subordinata veniva accolta in primo grado.

7. Tale sentenza veniva riformata dalla Corte di Appello di Napoli di Napoli, adita dalla Azienda, che, con la sentenza n. 7142, in data 29.11.2010, respingeva l’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dai lavoratori, e accogliendo l’appello principale della società e respingendo l’appello incidentale dei lavoratori, respingeva le domande proposte con il ricorso di primo grado.

8. Ad avviso della Corte territoriale, la società appellante aveva confutato in maniera puntuale l’iter argomentativo posto a fondamento della decisione impugnata, individuando il “devolutum”.

9. Nel merito la Corte territoriale, ha ritenuto che per i lavoratori in CFL non poteva neppure ipotizzarsi un trattamento economico deteriore che giustificasse l’attribuzione dell’assegno ad personam; tale emolumento era stato, infatti, attribuito con il fine di salvaguardare l’irriducibilità della retribuzione a coloro già percepivano le competenze accessorie unificate e che ne avrebbero visto ridotto il valore nella misura di cui alla colonna A, c.d. nuova CAU, attribuita a tutti i dipendenti. Nè gli accordi collettivi si ponevano in contrasto con la L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 5, il quale sancisce il diritto dei lavoratori al computo dell’anzianità di servizio maturata nel periodo di formazione e lavoro, poichè tale disciplina, di carattere imperativo, non veniva in considerazione nella fattispecie in esame, in cui l’attribuzione della componente rivendicata non era correlata all’anzianità di servizio.

10. La Corte territoriale osservava che la clausola dell’Accordo del 2001, invocata dalla lavoratrice a sostegno della domanda subordinata, era applicabile soltanto ai lavoratori già in servizio prima del (OMISSIS) che avevano già percepito le CAU nella misura più favorevole prevista in precedenza e che solo per questi lavoratori operava il meccanismo di adeguamento.

11. Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto distinti ricorsi, l’ A. e lo Z. (sulla base di quattro motivi), il M. (sulla base di tre motivi, ed il G. (sulla base di due motivi) ai quali ha resistito con distinti controricorsi la A.N.M. s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi del ricorso proposto da A.A. e Z.M..

Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’affermata infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, lamentando che la Corte territoriale avrebbe respinto l’eccezione con motivazione di mero “stile” senza alcun confronto con il contenuto dell’atto di gravame.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 863 del 1984, art. 3 e deducono la nullità della clausola contrattale contenuta nell’art. 2 lett. f) del CCNL del 27.11.2000.

12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del CCNL 27.11.2000 e degli artt. 1362 c.c. e segg., in relazione all’art. 2 del CCNL del 27.11.2000 e dell’Accordo sindacale del 29.3. 2001.

13. Deducono, in via subordinata, che, ove disattesa la tesi principale – del riconoscimento del diritto con decorrenza dalla data della trasformazione del rapporto, avvenuta con attribuzione del parametro (140) di primo inquadramento -, il diritto alla componente CAU B dovrebbe essere riconosciuto almeno dal momento dell’assegnazione del successivo parametro retributivo (158) attribuito in corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

14. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e 3, punto3) del CCNL del 27.11.2000 e violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione agli artt. 2 e 3, punto 3 del CCNL del 27.11.2000 e all’accordo sindacale del 20.3.2001 ed omessa insufficiente contraddittoria circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte.

15. I motivi del ricorso proposto da M.S..

16. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 863 del 1984, art. 3, omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione

17. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’accordo preliminare sul rinnovo del contratto autoferrotranvieri del 2.3.2000, del CCNL 27.11.2000 e del successivo accordo integrativo aziendale ed omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione alla natura delle competenze accessorie unificate

I motivi del ricorso proposto da G.R..

18. Con il primo motivo il G. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 863 del 1984, art. 3 e del principio di diritto enunciato dalle SSUU nella sentenza 20074/2010.

19. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., in relazione dell’Accordo aziendale del 29.3.2001 e omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’accordo aziendale del 29.3.2001.

20. Deduce, in via subordinata, che, ove disattesa la tesi principale – del riconoscimento del diritto con decorrenza dalla data della trasformazione del rapporto, avvenuta con attribuzione del parametro (140) di primo inquadramento -, il diritto alla componente CAU B dovrebbe essere riconosciuto almeno dal momento dell’assegnazione del successivo parametro retributivo (158) attribuito in corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo.

21. Esame dei motivi.

22. Il primo motivo del ricorso proposto dai ricorrenti A. e Z. è inammissibile perchè i ricorrenti non hanno ottemperato al duplice onere previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 (previsto a pena di inammissibilità del ricorso) e dall’art. 369 c.p.c., n. 4 (previsto a pena di improcedibilità del ricorso), non avendo riprodotto nel ricorso il contenuto, sia pure nei passi salienti e rilevanti, dell’atto di appello, e di cui non è indicata la sede di produzione (Cass. SSUU 5698/2012, 22726/2011; Cass. 9888/2016, 15229/2015, 988/2015, 19157/2012, 15477/2012, 2281/2010).

23. I motivi dei distinti ricorsi riuniti possono essere congiuntamentà/N quanto intimamente correlati alla interpretazione delle norme di legge e di contratto che disciplinano la fattispecie dedotta in giudizio.

24. Essi sono infondati.

25. Con specifico riferimento alla dedotta “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. in L. n. 863 del 1984 e del relativo principio di diritto enunciato dalle S.U. della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 20074/2010 (art. 360 c.p.c., n. 5)”, il tenore delle censure – nello sviluppo argomentativo dell’impugnazione – è teso a contestare l’interpretazione dell’art. 2, lett. F, dell’Accordo collettivo nazionale del 27.11.2000 operata dalla Corte di appello, per contrasto con norma di legge e violazione del principio di non discriminazione.

26. Poichè si verte in un’ipotesi di denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, che è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, ciò comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle relative clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 c.c. e segg.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione (Cass. 19 marzo 2014 n. 6335, il cui orientamento viene qui condiviso e ribadito).

27. Deve dunque ritenersi che, nel regime processuale speciale introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, la denuncia di violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali accomuni questi alle fonti di diritto oggettivo, limitatamente al sindacato esperibile in sede di legittimità.

28. Ciò premesso, i motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.

29. Innanzitutto, occorre richiamare la giurisprudenza formatasi specificamente in ordine al medesimo contenzioso della presente causa e precisamente la sentenza Cass. n. 18946 del 2014, seguita da numerose altre, tutte conformi: Cass. nn. 18947, 18948, 18949, 18950, 18951, 19434, 19435, 19436; Cass. n. 21329, 21330, 21331, 21332, 21333, 21334, 21335, 21336, 21337, 21338; Cass. n. 25256 del2015, e, da ultimo, Cass. n. i 5587, 5588, 5589 del 2016).

30. L’Accordo nazionale 11.4.1995, art. 7, nel regolare il trattamento retributivo spettante ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non contemplava le competenze accessorie unificate (“la retribuzione per i giovani assunti con contratto di formazione e lavoro è costituita dalla retribuzione conglobata, dall’ex indennità di contingenza, dalla indennità di mensa e dalla indennità domenicale”), che difatti non sono state erogate – e neppure rivendicate – per il periodo di svolgimento del contratto di formazione e lavoro. Oggetto della domanda non è la mancata erogazione delle competenze accessorie unificate nel periodo di formazione e lavoro, non avendo il lavoratore contestato la legittimità del trattamento economico percepito durante l’esecuzione di tale contratto fino al momento della trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere legittima la previsione di trattamenti retributivi sotto alcuni profili inferiori per i lavoratori in formazione lavoro, in ragione della peculiarità di questo contratto in cui una parte del tempo è dedicata alla formazione (cfr. Cass. 15.5.2008, n. 12321 e Cass. 29.1.1998, n. 887).

31. Occorre altresì precisare che esula dall’oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità di tale contratto, trasformato in rapporto a tempo indeterminato alla sua scadenza. La causa petendi della rivendicazione economica non risiede nell’assunto dell’esistenza di vizi del contratto di formazione lavoro, tali giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nella controversia non si fa questione di diritti patrimoniali consequenziali all’accertamento della conversione del rapporto con effetto ex tunc.

32. Venendo all’esame delle fonti normative che regolano la fattispecie, deve osservarsi quanto segue.

33. L’Accordo nazionale preliminare del 2.3.2000, intendendo operare “una riforma della retribuzione…”, stabilì, al punto 3, che, a livello di contrattazione aziendale, le parti sociali avrebbero proceduto “alla riclassificazione degli istituti salariali aziendali, nella prospettiva di realizzarne una semplificazione e razionalizzazione” e che in quest’ambito sarebbe stata definita “la quota delle voci salariali aziendali da riservare ai nuovi assunti, escludendo prioritariamente quelle voci non collegate a prestazioni effettivamente svolte e al premio di risultato di cui all’art. 6 del vigente C.C.N.L.”.

34. Il successivo Accordo nazionale 27.11.2000, all’art. 2, lett. F), ebbe a precisare che “Ai fini dell’attribuzione della retribuzione aziendale, i CFL in corso alla data di sottoscrizione del contratto vanno considerati nuovi assunti. Di conseguenza per essi deve valere quanto è stato determinato o sarà determinato a livello aziendale in applicazione del punto 3 dell’accordo 2 marzo 2000 e successive integrazioni”.

35. L’Accordo aziendale del 29.3.2001, intervenuto per dare attuazione ai predetti accordi nazionali, ha così provveduto a definire, “nel rispetto dei diritti acquisiti, una nuova struttura della retribuzione aziendale”, nonchè “la retribuzione aziendale da corrispondere ai nuovi assunti a decorrere dal (OMISSIS)”. In tale contesto ha previsto di:

36. “- uniformare e definire per il personale in servizio a tempo indeterminato l’importo della CAU nell’ambito dello stesso parametro trasformando in assegno ad personam (come stabilito dalla colonna 8 della tabella allegata) la differenza tra il valore economico attualmente corrisposto e quello che si andrà a corrispondere”;

37. “- corrispondere al personale attualmente in forza che assumerà, successivamente all’inquadramento di prima applicazione e a qualsiasi titolo un nuovo parametro retributivo, le CAU della colonna A e l’importo indicato dalla colonna 8 relativamente al nuovo parametro assegnato”;

38. “- corrispondere al personale assunto successivamente al (OMISSIS) la voce CAU indicata nella colonna A della tabella allegata”.

39. I ricorrenti assumono che la previsione di cui all’art. 2, lett. F), dell’Accordo A nazionale del 27.11.2000, nel contemplare l’equiparazione dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti, ai fini della determinazione della “quota delle voci salariali aziendali” da riservare agli stessi in sede di “attribuzione della retribuzione aziendale”, violerebbe il disposto di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, convertito dalla L. n. 863 del 1984, art. 1, nell’interpretazione fornita da Sezioni Unite sent. n. 20074 del 2010.

40. Secondo tale pronuncia, in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva (come nel caso degli aumenti periodici di anzianità).

41. Quando si tratta di verificare la computabilità del periodo di formazione e lavoro nell'”anzianità di servizio” dei lavoratori assunti inizialmente con contratto di formazione e lavoro ed il cui rapporto sia stato poi trasformato in ordinario lavoro a tempo indeterminato (dell’art. 3 cit., comma 5) ovvero che siano stati assunti a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro (dell’art. 3 cit., comma 12), la particolare garanzia posta, per il lavoratore, dall’art. 3, commi 5 e 12, cit., non riguarda solo gli istituti di fonte legale (quale all’epoca l’indennità di anzianità ed attualmente il trattamento di fine rapporto), che, in ragione di tale prescrizione, non sono suscettibili di deroghe in peius ad opera della disciplina collettiva, ma anche istituti di fonte contrattuale la cui regolamentazione sia interamente rimessa alla contrattazione collettiva.

42. Il problema si era posto con specifico riferimento agli aumenti periodici della retribuzione, istituto non previsto dalla legge e quindi interamente rimesso alla regolamentazione collettiva, in quanto la normativa contrattuale, nel regolamentare appunto gli scatti di anzianità del lavoratore, aveva escluso dal computo dell’anzianità utile il periodo del contratto di formazione lavoro.

43. E’ stato così affermato chè “Il contratto collettivo potrebbe non prevedere affatto l’istituto degli scatti di anzianità, come anche lo può prevedere articolando nel modo più vario la progressione di tali aumenti retributivi automatici, ma non può escludere dal computo dell’anzianità di servizio, a tal fine, il pregresso periodo di formazione e lavoro. L’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione. Con riguardo agli istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco – ciò rientra nell’ambito dell’autonomia collettiva – ma non è possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga: il legislatore considera che la formazione congiunta al lavoro sia ex lege equiparabile a lavoro prestato.

44. Sotto questo profilo l’equiparazione suddetta opera anche come una clausola di non discriminazione: il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, non può più essere discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di servizio è tale solo in forza dell’equiparazione legale suddetta. Analogamente non sarebbe possibile una disciplina differenziata in ragione della pregressa formazione perchè ciò integrerebbe la fattispecie di una discriminazione vietata…” (S.U., sent. cit.).

45. Osserva il Collegio che, nel caso in esame, non si controverte della disciplina riguardante l’applicazione degli istituti contrattuali collegati all’anzianità di servizio, come gli scatti di anzianità e i passaggi automatici di classe stipendiale. La componente retributiva denominata CAU B, o assegno ad personam, è un istituto contrattuale la cui erogazione non trova fondamento nell’anzianità di servizio, di talchè non appaiono direttamente invocabili i sopra citati principi delle S.U., pienamente condivisi anche da questo Collegio e che nemmeno l’Azienda ricorrente contesta.

46. Risulta dal tenore degli Accordi nazionali, nel significato letterale e in una lettura sistematica della clausole, che le parti sociali, intendendo operare una riclassificazione degli istituti salariali aziendali, nella prospettiva di realizzarne una semplificazione e razionalizzazione nel contesto di una riforma della retribuzione, equipararono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti (come si è visto, l’accordo collettivo nazionale 27.11.2000 prevede a tal fine: “i CFL in corso alla data di sottoscrizione del contratto vanno considerati nuovi assunti”); ciò al solo, limitato fine di definire la quota delle voci salariali aziendali da riservare agli stessi, con esclusione delle voci non collegate a prestazioni effettivamente svolte e al premio di risultato. Nessun elemento emergente dalle parole usate o dal senso complessivo della clausole consente di ritenere che, con tali previsioni, le parti collettive abbiano inteso pregiudicare i diritti derivanti dall’anzianità di servizio maturata dai lavoratori durante – o per effetto – del contratto di formazione e lavoro o abbiano inteso introdurre un trattamento discriminatorio o comunque lesivo di diritti

quesiti. Dette clausole, prive di tale significato, si prestano invece ad essere interpretate in conformità alla norma imperativa di cui si discute.

47. L’Accordo aziendale del 29 marzo 2001 ha dettato, a sua volta, una disciplina in linea con l’Accordo nazionale, interpretato nel rispetto della L. n. 863 del 1984. La componente CAU B, qualificata assegno ad personam, corrisponde – nell’accertamento di fatto compiuto in sede di giudizio di merito – alla differenza tra il trattamento percepito dal personale in servizio prima dell’accordo e quello, di minore importo, risultato dalla revisione dell’istituto. Il dato di fatto è circostanza pacifica in giudizio. Ciò non può che corroborare l’assunto secondo cui l’intenzione delle parti contraenti fosse quella di garantire il rispetto del principio di irriducibilità della retribuzione (art. 2103 c.c.), state la volontà, espressamente enunciata, di fare salvi, nella “nuova struttura della retribuzione aziendale”, “i diritti acquisiti”.

48. Tale principio certamente interessava coloro che alla data dell’Accordo nazionale del 27.11.2000 già percepivano le competenze accessorie unificate, ma non coloro che – come i lavoratori con CFL e i nuovi assunti – non percepivano tale emolumento. Costoro non potevano dunque subire il pregiudizio che l’assegno ad personam era destinato a compensare.

49. Tale interpretazione è coerente con il senso delle parole usate nella prima parte della clausola, diretta ad “uniformare e definire per il personale in servizio a tempo indeterminato l’importo della CAU nell’ambito dello stesso parametro trasformando in assegno ad personam (come stabilito dalla colonna B della tabella allegata) la differenza tra il valore economico attualmente corrisposto e quello che si andrà a corrispondere”, previsione testualmente riferibile alla sola funzione di “compensazione” tra il trattamento in atto e il minore importo che sarebbe stato erogato in futuro a tutto il personale in servizio.

50. Nè potrebbe invocarsi l’esistenza di un diritto quesito.

51. Giova ricordare che nell’ambito del rapporto di lavoro sono configurabili diritti quesiti, che non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva in mancanza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori, solo con riferimento a situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come nel caso dei corrispettivi di prestazioni già rese, e non invece in presenza di quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono frequenti nel contratto di lavoro, da cui scaturisce un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa, autonome tra loro e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi (Cass. n. 20838 del 2009, n. 1576 del 2000; v. pure Cass. n. 3982 del 2014).

52. Nel caso in esame, le c.d. CAU, nel valore riconosciuto al personale prima della revisione dell’istituto e della riduzione della sua misura, non erano mai entrate nel patrimonio individuale dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro; pertanto, costoro non potevano vantare alcun diritto quesito in ordine alla loro percezione nella corrispondente misura per il futuro.

53. Per la stessa ragione, l’attribuzione della sola voce CAU indicata nella colonna A della tabella allegata all’accordo aziendale non ha introdotto un trattamento discriminatorio per i lavoratori assunti a seguito di trasformazione del contratto di formazione e lavoro, che non hanno subito alcuna decurtazione del trattamento retributivo in essere, nè potevano vantare diritti (ma mere aspettative) circa il futuro riconoscimento delle CAU nella stessa misura dei lavoratori che in precedenza già le percepivano.

54. Come affermato da Cass. n. 6018 del 2009, alla stregua del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, convertito, con modificazioni, nella L. 19 dicembre 1984, n. 863, secondo il quale in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, gli istituti, di legge e di contratto collettivo, collegati a detta anzianità retroagiscono alla stipula del contratto di formazione e lavoro, mentre per il resto, il lavoratore deve considerarsi come neo-assunto.

55. Nè la recente sentenza n. 13496 del 13 giugno 2014 di questa Corte ha affermato principi diversi per avere dichiarato l’illegittimità della previsione contenuta nell’accordo per il rinnovo del CCNL per i dipendenti del settore degli autoferrotranvieri del 25 luglio 1997 che, nel sopprimere il c.d. terzo elemento salariale, lo aveva mantenuto in vita per i soli lavoratori già in forza a tempo indeterminato alla medesima data. In tale fattispecie, è stata ritenuta la disparità di trattamento – come si desume dalla sentenza – per il fatto che un determinato istituto salariale non fosse stato “mantenuto” per i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso alla data dell’accordo, senza che tale diversità di trattamento rispetto ai lavoratori già in forza a tempo indeterminato fosse giustificata dall’esistenza di elementi precisi e concreti.

56. Esclusa la violazione denunciata in ricorso, l’attribuzione di “quote di voci salariali” rientra nell’ambito delle valutazioni e le scelte dell’autonomia collettiva nella determinazione delle componenti del trattamento retributivo e non è consentito al giudice del merito valutare la razionalità del regolamento di interessi realizzato dalle parti sociali, a meno che le predette disposizioni non violino specifiche norme di diritto.

57. Quanto alla conformità alla disciplina in materia di contratti a tempo determinato (al cui genus appartiene anche il contratto di formazione e lavoro) dell’Unione europea dettata dall’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve osservarsi che – come emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia -, per quanto riguarda l’indennità per anzianità di servizio, i lavoratori a tempo determinato non devono ricevere un trattamento che, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, sarebbe meno favorevole di quello riservato al riguardo a lavoratori a tempo indeterminato comparabili (v., in tal senso, sentenze Del Cerro Alonso, punti 42 e 47, nonchè Impact, punto 126). La Corte ha poi ritenuto che rientrano nella nozione di “condizioni di impiego”, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, le indennità triennali di anzianità di servizio (v., in tal senso, citate sentenze Del Cerro Alonso, punto 47; Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, punti da 50 a 58, nonchè ordinanza del 18 marzo 2011, Montoya Medina, C-273/10, punti da 32 a 34).

58. Deve osservarsi, tuttavia, che la fattispecie in esame – per tutti i motivi sopra esposti – non riguarda una indennità il cui riconoscimento trovi titolo nell’anzianità di servizio.

59. Giova pure rilevare che, la clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto attiene all’applicazione dell’accordo quadro a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro. Infatti, detta disposizione offre agli Stati membri e/o alle parti sociali la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro i “rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato” nonchè i “contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici” (sentenze Adeneler, punto 57; Sibilio, punti 52 e 53, nonchè Della Rocca, punto 35).

60. In via subordinata, i ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento dell’assegno ad personam almeno dal momento del transito al parametro (158), successivo a quello di primo inquadramento (140) attribuito all’atto della trasformazione del rapporto di lavoro.

61. Sostengono che, anche qualora si ritenesse corretta l’interpretazione dell’accordo aziendale quanto al riconoscimento della sola componente di cui alla colonna A in sede di prima applicazione (“corrispondere al personale assunto successivamente al (OMISSIS) la voce CAU indicata nella colonna A della tabella allegata”), non potrebbe comunque negarsi l’attribuzione anche della componente di cui alla colonna B in un momento successivo, quello del transito del lavoratore nel successivo parametro retributivo, stante la volontà delle parti collettive di “corrispondere al personale attualmente in forza che assumerà, successivamente all’inquadramento di prima applicazione e a qualsiasi titolo un nuovo parametro retributivo, le CAU della colonna A e l’importo indicato dalla colonna 8 relativamente al nuovo parametro assegnato”.

62. Anche tale censura è infondata. La sentenza impugnata ha osservato, con interpretazione immune da vizi logici e svolta in corretta applicazione del canoni di ermeneutica contrattuale, che la locuzione “personale attualmente in forza” non può che riferirsi a quello già in servizio prima del (OMISSIS), perchè solo per esso è previsto il meccanismo di adeguamento della voce integrativa di cui alla tabella B, allo scopo di agganciane il valore economico al nuovo parametro acquisito, limitando in tal modo l’effetto erosivo derivante dalla cristallizzazione del valore indicato nella tabella A. Inoltre, l’opposta interpretazione renderebbe incoerente il riferimento contenuto nell’accordo aziendale rispetto alle indicazioni di quello nazionale, sopra esaminate.

1. Va, infine, precisato che il caso in esame non è sovrapponibile a quelli esaminati da questa Corte con le sentenze nn. 18944, 18945, 19427, 19428, 19429, 19430, 19431, 19432, 19433 del 2014 e nn. 8295 e 9620 del 2015, nelle quali i lavoratori avevano rivendicato la conservazione ad personam degli emolumenti – tra le quali le CAU – che già percepivano durante il rapporto di lavoro, situazione all’evidenza del tutto diversa da quella oggetto del presente ricorso, in cui non risulta che il lavoratore abbia mai percepito nel periodo di formazione e lavoro le competenze accessorie unificate.

2. Il caso è, invece, sovrapponibile a quelli decisi con le sentenze nn. 18946, 18947, 18948, 18949, 18950, 18951, 19434, 19435, 19436 del 2014 e Cass. n. 21329, 21330, 21331, 21332, 21333, 21334, 21335, 21336, 21337, 21338 del 2014 e, da ultimo, a Cass. 25256 del 2015, e, da ultimo, Cass. n. i 5587, 5588, 5589 del 2016, nelle quali si dà atto che la componente CAU B, qualificata assegno ad personam, corrispondendo alla differenza tra il trattamento già percepito dal personale e quello, di minore importo, risultato dalla revisione dell’istituto, era riferibile solo a coloro che alla data del 21 novembre 2000 già percepivano le competenze accessorie unificate, ma non coloro che, come i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro e i nuovi assunti – non le percepivano a tale data.

3. Va, quindi, ribadito il principio secondo cui non violano il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. in L. n. 863 del 1984, nè introducono un trattamento discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterminato, equiparando i primi al personale di nuova assunzione ai limitati fini della attribuzione di nuove voci salariali aziendali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio.

4. Non è fondata la censura formulata con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè detta disposizione, nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza è stata pubblicata il 19.5.2010) conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito. Contraddittorietà, insufficienza e omissione che non si ravvisano nella fattispecie in esame perchè la Corte territoriale, per quanto rilevato in narrativa (cfr. punto 8 di questa sentenza) ha esposto in maniera chiara, puntuale e lineare le ragioni del suo convincimento, e, d’altra parte, la ricorrente non ha specificato quale sia il fatto controverso che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare, tale non potendo qualificarsi la mancanza di argomentazioni motivazionali in ordine alla dedotta violazione della direttiva 1999/70/CE.

63. I ricorsi vanno, dunque, respinti.

64. Le spese del giudizio di legittimità sono compensate tra le parti, considerato che i ricorsi per cassazione sono stati proposti anteriormente alla giurisprudenza di legittimità formatasi in argomento.

PQM

La Corte:

Nelle cause riunite, rigetta i ricorsi.

Dichiara compensate le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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