Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21880 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21880 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COMUNE DI SOLOFRA

Elettivamente domiciliato in Roma, via Mordini, n.
15, nello studio dell’avv. Giovanni Petrillo; rappresentato e difeso dall’avv. Leonida Maria Gabrieli, giusta procura speciale a margine del ricorso;
ricorrente
contro
FALLIMENTO CONCERIA JULIANI DI GIACOMO JULIANI
S.N.C. E DEI SOCI LUIGI, GIACOMO E NICOLA JULIAN’

841

——-;7

.015

Data pubblicazione: 27/10/2015

Elettivamente domiciliato in Roma, via XX Settembre, n. 3, nello studio dell’avv. Michele Sandulli;
rappresentato e difeso dall’avv. Modestino Di Pie-

ricorso;
controricorrente

nonché sul ricorso proposto in via incidentale da
FALLIMENTO CONCERIA

JULIANI DI GIACOMO JULIAN’

S.N.C. E DEI SOCI LUIGI, GIACOMO E NICOLA JULIANI

Come sopra rappresentato
ricorrente in via incidentale
contro
COMUNE DI SOLOFRA
intimato

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 934, depositata in data 13 marzo 2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 maggio 2015 dal Consigliere dott.
Pietro Campanile;
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pierfe1ice Pratis, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

l – Con sentenza depositata il 10 giugno 2003 il
Tribunale di Avellino condannava il Comune di Solo-

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tro, giusta procura speciale a margine del contro-

fra al pagamento in favore del Fallimento della
Conceria Juliani s.n.c. – subentrato al commissario
liquidatore del concordato preventivo, che aveva

175.529,55, a titolo di indennità di occupazione
di un terreno di proprietà di Juliani Giacomo.
1.1 – Avverso tale decisione proponeva appello il
Comune di Solofra, deducendo la nullità della sentenza per incompetenza funzionale del Tribunale, la
carenza di legittimazione attiva del commissario
liquidatore e, nel merito, l’omessa considerazione
dell’acquiescenza prestata all’indennità già determinata da parte del Comune, l’avvenuto pagamento
dei frutti pendenti al colono nonché l’erronea individuazione della superficie del terreno occupato.
1.2 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte
di appello di Napoli, rilevata l’incompetenza del
Tribunale, affermava il proprio potere dovere di
provvedere

in

merito

alla

determinazione

dell’indennità, e rigettate le deduzioni in merito
alla carenza di legittimazione attiva del commissario liquidatore, ha osservato che l’indennità di
occupazione doveva essere liquidata sulla base della determinazione, in via virtuale, di quella di
espropriazione. Pertanto, escluso il ricorso ai

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della somma di euro

proposto la domanda,

criteri riduttivi ormai abrogati per effetto della
pronuncia della Corte costituzionale n. 348 del
2007,

la

corte

territoriale

ha

liquidato

dell’estensione del terreno occupato, quale risultante dal verbale di consistenza e da altre risultanze acquisite, in euro 311.572,25.
Tale importo, tuttavia, non poteva essere interamente considerato, in quanto, avendo la curatela
richiesto la conferma della sentenza di primo grado, non poteva ordinarsi il deposito, onde non incorrere in vizio di ultrapetizione, di una somma
.,

superiore a quella già determinata dal Tribunale di
Avellino, pari ad euro 166.233,33.
Motivi della decisione

2 – Con il ricorso principale, deducendo omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si
sostiene che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente preso in considerazione la superficie

di mq

7.182, anziché quella, inferiore, di mq 4.687,
omettendo di valutare le risultanze documentali,
compresa la sentenza del tribunale di Avellino con
la quale era stato liquidato il danno conseguente
alla irreversibile trasformazione del fondo, dalle

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l’indennità di occupazione, tenuto conto

quale si evinceva che la superficie effettivamente
occupata era la seconda.
2.1 – La censura è infondata, in quanto la Corte

l’eccezione del Comune circa l’occupazione di una
superficie (mq 4.587) inferiore rispetto a quella
di mq considerata ai fini del calcolo
dell’indennità di occupazione, in quanto “sia dai
progetti di costruzione e piano particellare grafico, sia dallo stato di consistenza del 19 agosto
1991, sia dalla sentenza 20 marzo 2001 del Tribunale di Avellino – passata in giudicato – si evince
essere stata occupata l’intera particella di cui al
fl. 3 n. 264 di mq 7.182, anche se poi irreversibilmente trasformata la minor superficie di mq.
4.687”.
Il rilievo, per come proposto, nel senso che non
implica valutazioni di natura giuridica circa la
valenza probatoria degli atti posti alla base della
decisione, non coglie nel segno, in quanto, laddove
sembra postulare la coincidenza fra le i presupposti fattuali dell’indennità di occupazione e di
espropriazione (ovvero, come nella specie, della
liquidazione del danno c.d. per la trasformazione
irreversibile del terreno), non considera che

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territoriale ha osservato che non risultava provata

l’autonomia delle due figure comporta che non necessariamente detti presupposti debbano combaciare,
verificandosi – come l’esperienza giudiziaria dimo-

2.2 – Prescindendo da tale ordine di considerazioni, deve osservarsi che i generici riferimenti ad
alcuni atti del procedimento, senza alcuna indicazione degli aspetti – anche giuridicamente – rilevanti, come i dati risultanti dal decreto di occupazione (Cass., 9 gennaio 2004, n. 117) e dal verbale di immissione in possesso (sulla cui valenza
probatoria cfr. Cass. Cass., 27 marzo 2014, n.
7248; Cass., 19 novembre 2010, n. 23505), non consentendo di apprezzare la fondatezza dei rilievi
mossi all’impugnata decisione,

non

scalfiscono la

ricostruzione operata dalla corte territoriale.
3 – Deve viceversa accogliersi il ricorso incidentale,

denunciando violazione

con il quale,

dell’art. 112 cod. proc. civ., la curatela fallimentare si duole della ritenuta preclusione, da
parte della corte di appello, derivante dalla richiesta della curatela inerente alla “conferma della sentenza di primo grado e al pagamento della indennità ivi quantificata”.

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stra – sovente il contrario.

3.1 – Il dichiarato timore della corte territoriale
di incorrere in vizio di ultrapetizione non può essere condiviso, in quanto nella specie la richiesta

perata dall’accoglimento del motivo di impugnazione, proposto dal Comune di Solofra, circa
l’incompetenza funzionale del Tribunale di Avellino
in ordine alla determinazione dell’indennità di occupazione.
Risulta così correttamente applicato il principio
secondo cui nei giudizi devoluti alla competenza
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della corte d’appello in unico grado nel caso in
cui la domanda sia stata erroneamente proposta dinanzi al tribunale, il difetto di competenza del
giudice adito in primo grado deve ritenersi superato per effetto dell’avvenuta riproposizione della
domanda in appello, che, avendo comportato il riesame della controversia da parte del giudice funzionalmente competente a pronunciare in ordine alla
pretesa azionata, preclude definitivamente il rilievo dell’incompetenza (cfr. Cass., Sez. 1, 10
maggio 2012, n. 7154; 11 dicembre 2009, n. 25966;
24 novembre 2006, n. 25013).
3.2 – Ha errato tuttavia la corte d’appello nel ritenere vincolante la domanda precisata dalla cura-

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di conferma della decisione di primo grado era su-

tela di conferma della decisione di primo grado,
con l’indicazione del quantum ivi determinato, sia
perché, come già rilevato, superata

secondo il costante orientamento di questa Corte,
l’opposizione alla stima dell’indennità da corrispondere all’espropriato non si configura come un
giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo,
ma introduce un ordinario giudizio di cognizione
sul rapporto espropriativo, nel quale il giudice,
applicando i parametri normativi vigenti al momento
della decisione (nella specie, tenendo conto dello
ius superveniens), non si limita al mero controllo
delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma compie la valutazione diretta a stabilire il
quantum dell’indennità anzidetta effettivamente dovuto, procedendo alla determinazione dell’indennità
stessa in piena autonomia ed indipendentemente non
solo dalle richieste formulate dalle parti opponenti (le cui deduzioni non ineriscono al petitum immediato, già compiutamente definito dalla domanda
di determinazione appunto dell’indennità in oggetto) ma anche dai criteri seguiti dall’espropriante
nel formulare l’offerta dell’indennità provvisoria,
onde la tempestiva opposizione, da parte dell’e-

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dall’accoglimento dell’avverso gravame, sia perché,

spropriato, alla stima effettuata in sede amministrativa fa venir meno l’efficacia vincolante della
stima medesima per tutti i soggetti del rapporto

risultato inferiore al quantum offerto nella sede
anzidetta, essendo anzi tenuto a compiere la liquidazione senza limitarsi a rigettare la domanda
(Cass. 27 gennaio 1998, n. 774; Cass. 2 marzo 2001,
n. 3048; Cass. 27 gennaio 2005, n. 1701; Cass. 20
maggio 2005, n. 10668; Cass. 28 febbraio 2006, n.
4388; Cass. 13 giugno 2006, n. 13668; Cass., 15 novembre 2007. N. 23626).
3.3 – Pertanto la decisione impugnata va cassata in
relazione all’accoglimento del ricorso incidentale.
Ricorrono, per ..-altro, i presupposti, non essendo
necessario procedere ad ulteriori acquisizioni, per
la decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384
cod. proc. civ., nel senso della determinazione
dell’indennità di occupazione, così come complessivamente e correttamente specificata nell’impugnata
decisione, in euro 311.572,25.
4 – Le spese processuali del giudizio davanti alla
corte da appello e del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.

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sopraindicato ed il giudice può ben pervenire ad un

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie
l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in rela-

determina l’indennità di occupazione in euro
311.572,25, e ne ordina il deposito, al netto di
quanto già versato, presso la cassa Depositi e Prestiti, con gli interessi legali sulle singole annualità. Condanna il Comune al pagamento in favore
della Curatela delle spese processuali relative al
giudizio davanti alla Corte di appello, liquidate
complessivamente in euro 4.900,00, oltre a quelle
del presente giudizio di legittimità, liquidate in
euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezi ne civile, il 7 maggio 015

zione al ricorso accolto e, decidendo nel merito,

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