Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2188 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20851-2020 proposto da:

F.L., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato PALANGE GIANFAUSTO;

– ricorrente –

contro

IMPRESA G. COSTRUZIONI SPA, ASSICURAZIONI GENERALI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5638/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. F.L. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’Impresa G. Costruzioni S.p.a. al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni personali e di quelli subiti alla propria autovettura. Espose in particolare che, mentre era alla guida del proprio veicolo, urtò contro un muretto di cemento armato che era stato ivi posizionato dalla Impresa G. Costruzioni S.p.a. per l’esecuzione di alcuni lavori di scavo privo di adeguate segnalazioni.

Si costituì in giudizio la l’Impresa G. Costruzioni S.p.a. che chiamò in causa la compagnia di Assicurazioni Generali S.p.a. Entrambe eccepirono l’inammissibilità della domanda, l’intervenuta prescrizione e, nel merito, l’infondatezza delle pretese attoree.

Istruita la causa mediante escussione dei testi il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza n. 373 del 12 febbraio 2013 rigettò la domanda attorea sul presupposto che l’esecuzione dei lavori su pubblica strada doveva ritenersi attività pericolosa ex art. 2050 c.c. e che l’Impresa G. Costruzioni S.p.a. aveva assolto al proprio onere probatorio dimostrando di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

2. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 5638/2019 del 21 novembre 2019 ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado, rigettando l’appello proposto da F.L. e condannando quest’ultima al pagamento delle spese di lite.

3. Avverso tale pronuncia F.L. propone ricorso per cassazione sulla base di nove motivi. Assicurazioni Generali resiste con controricorso depositato il 19 novembre 2021 in PCT.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la Corte d’Appello valutato l’idoneità della segnaletica luminosa apposta dalla Società G. Costruzioni, sulla base degli artt. 30-43 del D.M. 10 luglio 2002 invece che sulla base del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. in combinato disposto con l’art. 116 c.p.c.. La Corte d’Appello avrebbe errato nell’attribuire fede privilegiata alla documentazione fotografica raccolta il giorno successivo al sinistro e non alla “rilevazione planimetrica dell’incidente”, effettuata dai c.c. nell’immediatezza del fatto.

4.3. Con il terzo la F. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per aver la Corte d’Appello erroneamente ritenuto, da un lato, che l’Impresa avesse fornito la prova liberatoria idonea a superare la presunzione di responsabilità e dall’altro che il comportamento imprudente della F. avesse interrotto il nesso causale tra l’attività pericolosa ed il danno. Sostiene in particolare che entrambe le affermazioni sarebbero smentite dalla produzione documentale ed in particolare dalle riproduzioni fotografiche, dalla deposizione del teste G. e dalla rilevazione planimetrica dei CC. Lamenta altresì che la Corte d’Appello al fine di accertare l’osservanza, da parte dell’Impresa delle regole di sicurezza avrebbe erroneamente applicato il DM 10 luglio 2002 invece del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’errata ricostruzione dello stato dei luoghi operata dalla Corte d’Appello che non avrebbe esaminato adeguatamente le foto e la rilevazione planimetrica dei CC. Lamenta altresì che la Corte non avrebbe rilevato la violazione da parte dell’Impresa del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, artt. 31,32 e 36.

4.5. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che il pilastro contro il quale è avvenuto l’impatto non era trasversale rispetto alla carreggiata essendo la sua collocazione dettagliatamente disegnata nella rilevazione planimetrica.

4.6. Con il sesto motivo di ricorso la ricorrente censura il passo della sentenza nel quale è stato dichiarato che “il pilastro doveva essere visibile, in quanto di dimensioni non trascurabili, munito di segnaletica a fasce rosse e cartelli catarifrangenti” sostenendo che, al contrario, il luogo del sinistro non era illuminato e le barriere non erano segnalate con le bande indicate dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 36.

4.7. Con il settimo motivo la ricorrente investe la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la F. era stata edotta dello svolgimento dei lavori in corso tramite l’installazione di appositi cartelli in quanto basata su rilevi fotografici eseguiti successivamente al sinistro e pertanto non attendibili.

4.8. Con l’ottavo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il teste A. per il sol fatto che le sue dichiarazioni risultavano in contrasto con le risultanze del rapporto dei Carabinieri.

4.9. Con il nono motivo di ricorso la ricorrente censura il passo della sentenza nel quale è stato affermato che “la F. si è consapevolmente introdotta nel cantiere, evidentemente delimitato e segnalato, il cui ingresso alle auto (esclusi i residenti) risultava vietato da apposti cartelli” non essendovi alcuna evidenza processuale tale da giustificare una simile conclusione.

5. Primo motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Il ricorrente, infatti, non indica la ragione per la quale la censura dovrebbe destituire di fondamento il rilievo dell’intervento del caso fortuito rappresentato dalla condotta della danneggiata. Ne’ può ritenersi ammissibile quanto dedotto al primo motivo (e più volte richiamato nel proseguio del ricorso) circa l’erronea applicazione della normativa in materia di e cioè il D.M. 10 luglio 2002 invece del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, poiché parte ricorrente non spiega quale sia l’influenza decisiva che l’applicazione della diversa normativa richiamata avrebbe determinato.

5.1. I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto con essi la ricorrente avanza, seppur sotto diverse angolazioni, le medesime censure che, peraltro, attengono esclusivamente al merito della vicenda sottoponendo, così, alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentemente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimità.

I motivi di ricorso, infatti, si sostanziano nel richiamo alle risultanze istruttorie (deposizioni testimoniali, riproduzioni fotografiche, verbale dei CC.) e nella prospettazione di una interpretazione diversa rispetto a quella formulata dalla Corte d’Appello.

Il ricorso, inoltre, è altresì inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Tale articolo stabilisce che il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali sui quali il ricorso si fonda ed il successivo art. 369 c.p.c., comma 2, precisa che insieme al ricorso debbano essere depositati “a pena di improcedibilità” i documenti sui quali il ricorso si fonda. La ratio delle suddette previsioni riposa nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo di ricorso senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (cass. sez. III, n. 86 del 10 gennaio 2012), non potendosi affidare al giudice di legittimità il compito di svolgere un’attività di ricerca negli atti (cfr. cass. sez. III n. 4201 del 22 febbraio 2010).

Nel caso di specie il ricorrente fa riferimento ad una pluralità di elementi probatori (riproduzioni fotografiche, rilevanza planimetrica dei CC. ecc), ma non indica in quale luogo delle sue produzioni si trovi tale atto e neppure ne allega copia al ricorso.

Anche dove la ricorrente denuncia il mancato rispetto di prescrizioni normative relative alla sicurezza sul cantiere si censura in realtà il giudizio di fatto in ordine al rispetto delle dette prescrizioni.

6. Non occorre disporre la condanna alle spese del ricorrente in quanto il controricorso depositato da Generali in data 19 novembre 2021 deve dichiararsi tardivo.

6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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