Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21877 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11164-2016 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., – C.F. e P.I. (OMISSIS), in

persona del Responsabile del Settore Legale e Disciplinare del

Servizio Rapporti di Lavoro, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO

VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato RENATO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;

– ricorrente –

contro

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO BORRI;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 165/2016 della CORTE D’APPELLO di

FIRENZE, depositata il 23/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato da Banca Monte dei Paschi di Siena a L.R., dipendente con mansioni di quadro direttivo, sulla base di contestazione disciplinare del 6 maggio 2011 relativa a condotte del settembre 2007 – novembre 2008;

che la Corte territoriale fondò la decisione sul rilievo che già nell’anno 2007 un’ispezione presso la filiale diretta dal L. aveva rilevato irregolarità nel rapporto della Banca con alcuni clienti, irregolarità poi oggetto di contestazione nel 2011, collocando la consapevolezza delle condotte contestate quanto meno nel novembre 2010, epoca in cui si erano conclusi gli accertamenti ispettivi all’esito dei quali era stata sottoposta ai competenti organi dell’Istituto la possibilità di elevare contestazioni disciplinari;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Banca sulla base di due motivi;

che il L. ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 per non avere la Corte territoriale tenuto conto che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della immediatezza della contestazione deve prendersi in considerazione il momento dell’avvenuta conoscenza della situazione contestata da parte del datore di lavoro, nella specie ritenuta coincidente con l’ispezione del 22 marzo 2011, i cui esiti dovevano essere sottoposti agli organi della Banca deputati all’esercizio del potere disciplinare;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. anche in relazione all’art. 115 c.p.c., per avere la stessa Corte ritenuto che il colloquio intervenuto nell’aprile 2011 tra il ricorrente e il nuovo titolare della filiale non potesse essere provato a mezzo di testimoni e tramite un teste ancora dipendente della Banca;

che il primo motivo è inammissibile poichè il ricorrente, a fronte della ricostruzione contenuta in sentenza riguardo ai tempi dell’intervenuta conoscenza da parte del datore di lavoro dei fatti contestati, si è limitata a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (Cass. n. 25332 del 28/11/2014);

che il secondo motivo non attinge il decisum, poichè la Corte territoriale non si è pronunciata nel senso di negare l’ammissibilità della prova testimoniale proposta dalle parti – in ordine alla quale, peraltro, la parte ricorrente non ha dimostrato di avere sollecitato il giudice d’appello – ma, avallando l’operato del giudice di prime cure, si è limitata a constatare l’ininfluenza del colloquio oggetto della testimonianza ai fini della valutazione della tempestività della contestazione, non avendo al riguardo la Banca precisato “per quale motivo si tratterebbe della fonte di ogni definitiva conoscenza e certezza sulle pregresse condotte del L.”, talchè anche la censura in disamina finisce con investire valutazioni rimesse al giudice del merito;

che in base alle svolte argomentazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con regolamentazione delle spese secondo soccombenza.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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