Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21876 del 28/10/2016

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2016, (ud. 14/01/2016, dep. 28/10/2016), n.21876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2909/2011 proposto da:

B.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell’avvocato FABIO FABBRINI, che

la rappresenta difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A, C.F. (OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvecato GRANOZZI GAETANO, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1522/2009 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 26/01/2010 r.g.n. 1035/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato RICCARDI RAFFAELE per delega verbale Avv. GRANOZZI

GAETANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, “inammissibile in subordine accoglimento ricorso

incidentale”.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Locri respingeva il ricorso proposto da B.A., nei confronti di Poste Italiane S.p.A., volto ad ottenere, previa declaratoria della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato con Poste Italiane S.p.A. relativamente al periodo (OMISSIS), il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la condanna della società resistente al ripristino del rapporto, nonchè al pagamento delle retribuzioni maturate, oltre accessori di legge.

La Corte territoriale di Reggio Calabria con sentenza depositata il 26/1/2010, in riforma della pronunzia impugnata, rigettava l’originaria domanda della B.. dichiarando risolto per mutuo consenso tacito il rapporto di lavoro stipulato inter partes in data (OMISSIS).

La Corte di merito-osservava, per ciò che in questa sede ancora rileva che, alla stregua dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, con l’Accordo del 25/9/1997 le parti sociali si sono limitate ad introdurre una nuova ipotesi di ricorso al contratto a termine, mentre nell’Accordo attuativo in pari data hanno fissato un limite temporale alle assunzioni; dalla qual cosa si desume la volontà delle parti di autorizzare, entro il detto limite temporale, la stipulazione di contratti a termine e di indicare la data anzidetta quale termine finale dell’autorizzazione concessa; successivamente, le parti hanno ulteriormente stabilito la possibilità di procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al (OMISSIS) a causa della mancata conclusione del processo di riorganizzazione. Pertanto, a parere del Collegio di merito, sino a tale ultima data, la società Poste poteva validamente concludere contratti a termine e prorogare di un mese quelli con scadenza prevista al (OMISSIS), mentre il contratto a termine – quale quello di cui si tratta – stipulati in difetto di contrattazione autorizzatoria e, dunque, fuori dagli anzidetti limiti temporali rimangono invalidi. La Corte distrettuale ha, poi, ritenuto che, nella fattispecie, il rapporto si sia risolto per mutuo consenso tacito.

Per la cassazione della sentenza la B. ha proposto ricorso articolato in due motivi.

Poste Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso ed ha spiegato ricorso incidentale. depositando altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

1. Con il primo motivo la B. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte distrettuale, nel ritenere che il contratto di cui si tratta si sia risolto per mutuo consenso, ha dimostrato di non avere tenuto conto del consolidato insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale “nelle controversie riguardanti il succedersi di contratti a termine, l’eventuale risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso va accertata con particolare rigore e, ove non contenuta in un atto formale, deve risultare da un comportamento inequivoco che evidenzia il completo disinteresse di entrambe le parti alla prosecuzione del rapporto stesso, essendo in particolare prive di univoco valore sintomatico in tal senso, oltre all’illegittima apposizione del termine, anche la mancanza, pure se per un lungo periodo, di attività lavorativa, nonchè la restituzione del libretto di lavoro al lavoratore e le stesse circostanze del versamento e dell’accettazione, da parte del medesimo, di competenze economiche. Il giudice deve tenere conto delle aspettative del lavoratore per future possibili assunzioni da parte della società; il che osta a reputare sussistente un suo completo disinteresse alla prosecuzione del rapporto lavorativo (Cass. n. 21141/2008).

2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la B. lamenta che la sentenza oggetto del presente giudizio presenti evidenti profili di illegittimità in ordine alla motivazione resa dalla Corte territoriale, se solo si consideri che, una volta individuati i criteri che devono rigorosamente essere seguiti al fine di giungere ad una declaratoria del contratto a termine per mutuo consenso, la stessa ritiene comunque risolto il rapporto di lavoro pur in assenza degli stessi.

3. Con il ricorso incidentale la Poste Italiane S.p.A. deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e art. 8 del CCNL 26/11/1994, nonchè degli Accordi sindacali del 25/9/1997, del 16/1/1998, del 27/4/1998, del 2/7/1998, del 24/5/1999 e del 18/1/2001 in riferimento agli artt. 1362 c.c. e segg., sostenendo che la decisione resa dal giudice di appello risulterebbe meritevole di cassazione, per violazione e falsa applicazione di tutte le norme innanzi indicate, nella parte in cui ha ritenuto di individuare nella data del (OMISSIS) il termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25/9/1997, poichè, facendo corretta applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., sarebbe evidente che, non solo il predetto accordo non contiene limiti temporali, ma anche che le parti, con i vari accordi attuativi, non hanno inteso limitarlo nel tempo, ma soltanto integrare l’art. 8 del CCNL del 26/11/1994; il che dovrebbe necessariamente fare ritenere che le parti intendessero introdurre un’ipotesi che, così come le altre previste nel medesimo art. 8, doveva essere efficace fino allo scadere del CCNL citato.

I due motivi articolati nel ricorso principale, da esaminare congiuntamente, in quanto, all’evidenza, intimamente connessi, essendo, in sostanza, entrambi diretti a confutare l’interpretazione accolta dalla Corte di merito in ordine alla configurabilità della risoluzione del contratto a termine per mutuo consenso, sono fondati.

Al riguardo, deve premettersi che la Corte di legittimità ha, in più occasioni, precisato che, – affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle stesse parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, mentre grava sul datore di lavoro, che eccepisca tale risoluzione, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre fine ad ogni rapporto di lavoro” (così, testualmente, Cass. n. 20605/2014; cfr., pure, nella materia, ex plurimis, Cass. nn. 5887/2011, 23319/2010, 26935/2008, 20390/2007, 23554/2004).

Orbene, nella fattispecie, la Corte distrettuale non si è attenuta a tale consolidato principio e, con una motivazione non puntuale relativamente alla configurabilità del mutuo consenso, ha reputato che il lasso di tempo di circa quattro anni intercorso tra la conclusione del rapporto di lavoro e la reazione del lavoratore e la – mancanza di una consuetudine tra le parti” potessero indurre a ritenere cessato il rapporto di lavoro, per mutuo consenso tacito, alla data del (OMISSIS), in cui il contratto si è concluso.

La sentenza risulta, quindi, incisa, relativamente al mutuo consenso, dai predetti motivi di ricorso ed in relazione agli stessi va cassata con rinvio.

Il ricorso incidentale non è, invece, fondato.

I giudici di Appello, invero, correttamente hanno rilevato, con puntuali riferimenti ai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia – cfr., in particolare e fra le molte, Cass. nn. 2345/2006, 27311/2005, ai quali in questa sede si fa espresso riferimento, non ritenendo questo Collegio di legittimità che vi siano motivi per discostarsene -, che l’ipotesi concernente la presente controversia è quella individuata nell’Accordo sindacale del 25 settembre 1997, sottoscritto dalle parti sindacali ad integrazione dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 che fa riferimento alle esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione giuridica dell’ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi; ipotesi precisata, appunto, dall’Accordo sindacale stipulato anch’esso il 25 settembre 1997, attuativo per assunzioni con contratto a termine, a norma del quale, in relazione all’art. 8 del CCNL, così come integrato con Accordo 25 settembre 1997, le parti si danno atto che, sino al 31 gennaio 1998, l’impresa si trova nella situazione che precede, dovendo, appunto, affrontare il processo di ristrutturazione, con conseguente rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione; per la qual cosa, per fare fronte alle suddette esigenze è possibile procedere ad assunzione di personale straordinario con contratto a tempo determinato. Il termine del 31 gennaio 1998 è stato poi definitivamente prorogato al 30 aprile 1998 in forza dell’Accordo sindacale attuativo sottoscritto il 16 gennaio 1998.

La Corte di merito, fatte queste doverose premesse, ha motivatamente reputato, conformemente al menzionato indirizzo della Corte di legittimità (cfr., ancora, Cass. n. 27311/2005, cit.) che il contratto a termine di cui si tratta fosse da reputarsi illegittimo, in quanto stipulato oltre il limite di efficacia della clausola autorizzatoria.

Il ricorso incidentale non è dunque idoneo a scalfire argomentativo della Corte distrettuale.

Per tutto quanto in precedenza esposto, la sentenza va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Catanzaro che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito, a tutti i principi innanzi affermati. provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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