Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21875 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 28/10/2016, (ud. 14/01/2016, dep. 28/10/2016), n.21875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2619/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio FIORILLO LUIGI, che la rappresenta

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.B.S.;

– intimato –

avverso la sente 6428/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata

il 15/01/2010 r.g.n. 7685/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato RICCARDI RAFFAELE per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso proposto da L.B.S., nei confronti di Poste Italiane S.p.A., e dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti per il periodo (OMISSIS), riconoscendo la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal (OMISSIS); per l’effetto, disponeva il ripristino del rapporto di lavoro con condanna della società resistente al pagamento delle retribuzioni globali di fatto dall’atto di messa in mora del 30/7/2003, oltre accessori di legge.

La Corte territoriale della stessa sede, con sentenza depositata il 15/1/2010, in parziale riforma della pronunzia impugnata, rigettava la domanda risarcitoria, confermando nel resto la sentenza.

La Corte di merito, ricostruito analiticamente il complesso quadro normativo di riferimento, osservava, per ciò che in questa sede ancora rileva, che dagli atti (ed in particolare, dal libretto di lavoro prodotto in primo grado) si evince che alla data di costituzione in mora della società convenuta – (OMISSIS) – il L.B. lavorava già presso altro datore di lavoro (Azienda Sanitaria Locale) che lo aveva assunto l'(OMISSIS); che non risulta che il nuovo rapporto di lavoro si sia nel frattempo risolto, poichè nulla emerge in tal senso dal libretto di lavoro nè il L.B. ha dedotto alcunchè al riguardo; che non è stato allegato che la retribuzione percepita dal lavoratore sia inferiore a quella che lo stesso avrebbe percepito presso Poste Italiane S.p.A.; che, pertanto, nulla va riconosciuto a titolo risarcitorio.

Per la cassazione della sentenza la S.p.A. Poste Italiane propone ricorso articolato in tre motivi.

Il L.B. è rimasto intimato.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la contraddittoria motivazione in ordine ad una circostanza rilevante ai fini del decidere ed in relazione all’art. 1372 c.c., comma 1; artt. 1175; 1375; 2697; 1427 e 1431 c.c.; art. 100 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito non avrebbe correttamente considerato il fatto che l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con altro datore di lavoro fosse la palese dimostrazione dell’oggettiva carenza di interesse, da parte del lavoratore, alla prosecuzione di quello con Poste Italiane S.p.A..

2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e art. 8 del CCNL 26/11/1994, nonchè degli Accordi sindacali del 25/9/1997, del 16/1/1998, del 27/4/1998, del 2/7/1998, del 24/5/1999 e del 18/1/2001 in riferimento agli artt. 1362 c.c. e segg., sostenendo che la decisione resa dal giudice di appello risulterebbe meritevole di cassazione, per violazione e falsa applicazione di tutte le norme innanzi indicate, nella parte in cui ha ritenuto di individuare nella data del 30/4/1998 il termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25/9/1997, poichè, facendo corretta applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., sarebbe evidente che, non solo il predetto accordo non contiene limiti temporali, ma anche che le parti, con i vari accordi attuativi, non hanno inteso limitarlo nel tempo, ma soltanto integrare l’art. 8 del CCNL del 26/11/1994; il che dovrebbe necessariamente fare ritenere che le parti intendessero introdurre un’ipotesi che, così come le altre previste nel medesimo art. 8, doveva essere efficace fino allo scadere del CCNL citato.

3. Con il terzo mezzo di impugnazione Poste Italiane S.p.A. lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, reputando che la sentenza oggetto del ricorso di legittimità non sia sufficientemente motivata in ordine alla fonte di individuazione della volontà delle parti collettive di fissare alla data ultima del 30/4/1998 il termine finale di efficacia dell’accordo integrativo del 25/9/1997, poichè dalla detta motivazione non si comprenderebbe in forza di quale ragionamento logico o percorso argomentativo la Corte di Appello sia giunta alla decisione.

1.1 Il primo motivo è inammissibile.

Al riguardo, è, innanzitutto, da osservare che – anche prescindendo dalla genericità della contestazione formulata, dalla quale non è dato comprendere l’esatto momento di conflitto, rispetto alle doglianze, dell’accertamento concreto operato dalla Corte di merito all’esito delle emersioni probatorie (cfr., ex Cass. n. 24374 del 2015; Cass. n. 80 del 2011) – lo stesso, così come formulato, relativamente al dedotto vizio di motivazione è inammissibile.

Invero, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica con precisione il fatto storico (Cass. n. 10551 del 2016), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare o rispetto al quale sussisterebbe insufficienza e contraddittorietà della motivazione, posto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione che risulta dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile alla fattispecie ratione temporis., prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” con riferimento ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, laddove il testo previgente riferiva il medesimo vizio ad un “punto decisivo della controversia”. Ed i “fatti” relativamente ai quali assume rilievo il vizio di motivazione sono “i fatti principali”, ossia i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del diritto controverso come individuati all’art. 2967 c.c., ovvero i fatti secondari” (Cass. n. 10551 del 2016, cit.); ma, in ogni caso, non può ritenersi che il “fatto” sia equivalente ad una questione o argomentazione, perchè queste ultime non attengono ad un preciso accadimento o ad una circostanza precisa “da intendersi in senso storico-naturalistico” e, dunque, appaiono irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate al riguardo.

1.2 Il secondo ed il terzo mezzo di impugnazione, da trattarsi congiuntamente in quanto, all’evidenza, intimamente connessi, essendo, in sostanza, entrambi diretti a confutare l’interpretazione dell’Accordo del 25 settembre 1997 accolta dalla Corte di merito, sono infondati.

I giudici di Appello, invero, correttamente hanno rilevato, con puntuali riferimenti ai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia – cfr., in particolare e fra le molte, Cass. nn. 2345/2006, 27311/2005, ai quali in questa sede si fa espresso riferimento, non ritenendo questo Collegio di legittimità che vi siano motivi per discostarsene -, che l’ipotesi concernente la presente controversia è quella individuata nell’Accordo sindacale del 25 settembre 1997, sottoscritto dalle parti sindacali ad integrazione dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 che fa riferimento alle esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione giuridica dell’ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi; ipotesi precisata, appunto, dall’Accordo sindacale stipulato anch’esso il 25 settembre 1997, attuativo per assunzioni con contratto a termine, a norma del quale, in relazione all’art. 8 del CCNL, così come integrato con Accordo 25 settembre 1997, le parti si danno atto che, sino al 31 gennaio 1998, l’impresa si trova nella situazione che precede, dovendo, appunto, affrontare il processo di ristrutturazione, con conseguente rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione; per la qual cosa, per fare fronte alle suddette esigenze è possibile procedere ad assunzione di personale straordinario con contratto a tempo determinato. Il termine del 31 gennaio 1998 è stato poi definitivamente prorogato al 30 aprile 1998 in forza dell’Accordo sindacale attuativo sottoscritto il 16 gennaio 1998.

La Corte di merito, fatte queste doverose premesse, ha motivatamente reputato, conformemente al menzionato indirizzo della Corte di legittimità (cfr., ancora, Cass. n. 27311/2005, cit.) che il contratto a termine di cui si tratta fosse da reputarsi illegittimo, in quanto stipulato oltre il limite di efficacia della clausola autorizzatoria.

Per tutto quanto precede e data l’inidoneità dei mezzi di impugnazione articolati a scalfire la sentenza oggetto di giudizio, il ricorso va rigettato.

Nulla va disposto in ordine alle spese, poichè il L.B. non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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