Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21872 del 30/07/2021

Cassazione civile sez. III, 30/07/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 30/07/2021), n.21872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele G. A. – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27791-2017 proposto da:

C.S., C.G., C.A., CA.GR.,

M.G., rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO

BONGIORNO, e PAOLO TURIANO. domiciliati presso la cancelleria di

questa Corte;

– ricorrenti –

nonché contro

FONDIARIA SAI SPA, B.M.G., BA.LA.,

P.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1170/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 06/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 12 dicembre 1995, M.G., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori Gr., G., A. e C.S., ha esposto che il giorno (OMISSIS) a seguito di intossicazione da ingerimento di tartufo nero avariato, servito presso il locale “(OMISSIS)” di B.M.G., in (OMISSIS), prodotto dalla impresa FTM di M.P., il coniuge, C.C. era deceduto. Per tale motivo ha evocato in giudizio davanti al Tribunale di Ancona, B.M.G. e P.M., deducendo che gli stessi erano stati anche condannati in sede penale sensi dell’art. 589 c.p. Si costituiva la B. eccependo il difetto di legittimazione passiva in quanto la proprietaria del locale era la snc Harmony, di cui la B. era amministratore. Restava contumace il titolare della ditta FTM;

con ordinanza 20-28.1.1998 il G.I. ha emesso condanna al pagamento delle somme non contestate, ai sensi dell’art. 186 bis c.p.c., ordinando alla convenuta B. di pagare all’attrice la somma di Lire 2.003.125.000 e fissando l’udienza del giorno 11 novembre 1998 per i provvedimenti di cui all’art. 184 c.p.c.;

la somma di cui alla condanna provvisoria non è stata pagata e l’ordinanza non ha avuto esecuzione risultando la B. nullatenente;

con atto notificato il 10-12 febbraio 1999 la s.n.c. Harmony ha convenuto davanti allo stesso Tribunale la s.p.a. FondiariaSai, chiedendo di essere garantita contro l’azione proposta nei suoi confronti, in forza di polizza di assicurazione contro la responsabilità civile;

con ordinanza del 29.9.1999 le due cause sono state riunite, nella dichiarata contumacia della Fondiaria, che si è successivamente costituita il 22.10.1999, eccependo la prescrizione del diritto all’indennizzo ai sensi dell’art. 2952 c.c. e l’estraneità dell’evento alla copertura assicurativa;

in sede di precisazione delle conclusioni la M. ha chiesto la condanna in via solidale, sia della B. e del P. – soggetti inizialmente evocati in giudizio – sia della s.n.c. Harmony e della s.p.a. FondiariaSai;

con sentenza parziale del 19 – 23 marzo 2004 n. 446 il Tribunale: a) ha respinto l’eccezione della B. di carenza di legittimazione passiva, con la motivazione che gli attori – convenendola in giudizio “quale titolare del locale” – hanno inteso chiamarla a rispondere sia in proprio, sulla base della responsabilità personale diretta accertata a suo carico in sede penale; sia quale rappresentante legale della società titolare del Piano Bar; b) ha condannato i convenuti B. e P., in via fra loro solidale, al risarcimento dei danni quantificati in Euro 83.822,75 in favore della attrice, ed in Euro 61.254,75, in favore di ciascuno dei quattro figli, oltre interessi e spese di lite; c) ha dichiarato inammissibili la domanda proposta dalla M. contro la Fondiaria e l’istanza di registrazione della sentenza con prenotazione a debito dei responsabili; d) ha disposto la separazione delle cause aventi ad oggetto le domande proposte dalla M. contro la Harmony e da quest’ultima contro la Fondiaria;

con separata ordinanza del 24 marzo 2004 ha ammesso le prove dedotte dagli attori e dalla Harmony, dando disposizioni per la prosecuzione del giudizio e l’assunzione delle prove ammesse;

nel prosieguo, il giudice istruttore, su richiesta di Harmony e della Fondiaria, le quali hanno eccepito che nei loro confronti non sarebbe stata proposta alcuna domanda, con ordinanza 20 luglio 2004 ha revocato l’ordinanza di ammissione delle prove ed ha invitato le parti a precisare le conclusioni;

successivamente, con sentenza n. 357/2005, il Tribunale ha dichiarato inammissibili le domande proposte dagli attori contro la s.n.c. Harmony e contro la Fondiaria, ed infondata la domanda di garanzia di Harmony; ha dichiarato irripetibili le spese processuali fra gli attori ed Harmony ed ha posto a carico di quest’ultima le spese sostenute dalla Fondiaria;

la M., in proprio e spiegata qualità, ha proposto appello contro entrambe le sentenze, censurando la quantificazione dei danni oggetto della prima decisione e le sentenze di inammissibilità e di rigetto delle domande;

B. e Fondiaria si sono costituite eccependo il difetto di legittimazione ad agire dell’appellante, in nome dei figli G., Gr. e A., perché divenuti maggiorenni e contestando la fondatezza nel merito delle domande stesse;

la Fondiaria Sai ha proposto appello incidentale, eccependo il difetto di legittimazione della M. e dei figli a partecipare al giudizio R.G.N. 489/99, conclusosi con la sentenza definitiva n. 357/2005, ed a proporre appello contro la stessa;

con sentenza n. 552/2009, depositata il 12 dicembre 2009 la Corte di Appello di Ancona ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposto dalla M., in nome e per conto dei due figli G. e Gr., divenuti maggiorenni prima della notificazione dell’atto di appello;

ha accolto la domanda di registrazione a debito della sentenza e ha rigettato tutte le altre domande, confermando la sentenza definitiva di primo grado;

avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione la M. ed i quattro figli, ognuno agendo in proprio e nella qualità di erede di C.C.. Resisteva Fondiaria con controricorso;

questa Corte, con sentenza n. 19308 dell’8.11.2012, rilevava che la sentenza parziale non poteva essere modificata sul punto dallo stesso Tribunale con la sentenza definitiva, poiché, con la pronuncia- della sentenza parziale (o non definitiva) il giudice si spoglia della “potestas iudicandi” ed erroneamente la Corte di appello aveva confermato la sentenza definitiva del Tribunale, nella parte in cui ha affermato che la società Harmony non è stata evocata in giudizio, in contrasto con quanto ha accertato e deciso la sentenza parziale (n. 446/2004), sulla quale si è formato il giudicato interno. Nello stesso modo annullava il capo in cui la sentenza di appello che aveva ritenuto legittima la revoca da parte del Tribunale dell’ordinanza 24 marzo 2004, emessa in sede di decisione della causa, contestualmente alla sentenza parziale, tramite la successiva ordinanza istruttoria 20.7.2004. Pertanto, cassava la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviava la causa alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione;

il giudizio veniva riassunto dalla M. e dai quattro figli nei confronti della B., della Harmony e dei soci di questa, oltre che di FondiariaSai S.p.A. e P.M., anche con riferimento al giudizio di “manleva nei confronti di Fondiaria, asseverando dichiarazione di surroga” e proponendo istanza di registrazione della sentenza con prenotazione a debito dei convenuti. Si costituiva FondiariaSai;

la Corte d’Appello di Ancona con sentenza del 6 ottobre 2016 rigettava la domanda proposta dagli appellanti nei confronti della FondiariaSai confermando le precedenti decisioni del Tribunale di Ancona;

avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione M.G. e G., Gr., A. e C.S. affidandosi a due motivi. Le parti intimate non svolgevano attività processuale in questa fase;

la trattazione era fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. per il giorno 6 aprile 2020 e rinviata d’ufficio per effetto della legislazione emergenziale relativa alla pandemia da coronavirus per essere nuovamente fissata per l’odierna adunanza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 1917 c.c., comma 2, nonché degli artt. 2900 e 2740 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

I ricorrenti assumono di avere proposto azione di surroga nei confronti della compagnia di assicurazione ai sensi dell’art. 2900 c.c. e per tale motivo la Corte territoriale avrebbe dovuto accogliere la domanda. Tale assunto troverebbe conferma nella condotta processuale di FondiariaSai S.p.A. che avrebbe riconosciuto di essere stata evocata in giudizio con la proposizione di una azione di surroga e la legittimazione passiva della compagnia emergerebbe dalla circostanza che la stessa avrebbe comunque partecipato ai giudizi di appello;

con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonché degli artt. 1226,1229,1220 e 1223 c.c., nonché degli artt. 124 Codice del consumo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5;

la Corte territoriale avrebbe riconosciuto il risarcimento del danno biologico solo con riferimento all’inabilità temporanea, senza riconoscere altre voci di danno, maturate nel breve lasso di tempo tra l’evento dannoso e quello esiziale. Al contrario, poiché l’evento dannoso sarebbe stato “integrale e letale escludendo qualsiasi possibilità di determinarsi in capo al danneggiato” e poiché l’evento mortale sarebbe dipeso certamente dall’ingestione del tartufo, la Corte territoriale avrebbe dovuto liquidare un danno biologico integrale. In secondo luogo, gli interessi avrebbero dovuto decorrere dal momento dell’atto di citazione e non da quello della decisione finale;

il ricorso è improcedibile per mancanza della copia autentica della decisione impugnata (Cassazione Sezioni Unite n. 8312/2019). In particolare, non è stata depositata la copia della sentenza impugnata e in atti è presente un’annotazione di cancelleria (dal Sic, intestata Terza Sezione Civile) da cui risulta il mancato deposito della copia autentica, con la data del 14 novembre 2019. Inoltre, dall’esame della copia della nota di deposito emerge la cancellatura, sia quanto al deposito della copia della sentenza, che dell’istanza art. 369 c.p.c., ex u.c.. Difetta, altresì, la prova della notifica del ricorso, il cui deposito è stato effettuato a mezzo posta;

a prescindere da ciò il primo motivo è inammissibile perché dedotto in assoluta violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6. Parte ricorrente non deduce neppure, non allega, documenta o trascrive l’azione di surroga che avrebbe proposto nei confronti, sembrerebbe, di Fondiaria Assicurazioni. I ricorrenti avrebbero dovuto, quanto meno, trascrivere i passaggi decisivi dell’atto di citazione e la circostanza di avere riproposto la questione in appello, riportando o allegando il relativo motivo di censura al fine di consentire a questa Corte di prendere in esame la doglianza;

inoltre, il motivo è del tutto generico, caotico e non individua in cosa consisterebbe la violazione di legge, poiché si prospetta semplicemente la circostanza che, avendo proposto l’azione di surroga, la Corte d’Appello avrebbe dovuto accoglierla e sussisterebbe la legittimazione passiva della compagnia FondiariaSai poiché la stessa si sarebbe difesa nel giudizio di appello;

vanno ribaditi anche con riferimento alla seconda doglianza i rilievi di inammissibilità già espressi riguardo al primo motivo. In particolare, con riferimento alla prima censura, a prescindere dal mancato rispetto all’art. 366 c.p.c., n. 6 riguardo alle caratteristiche del danno subito, alla durata del periodo di sopravvivenza in vita, all’apprezzabile lasso di tempo (tutti parametri che non vengono indicati e per i quali non si richiama nessuno degli atti processuali), le censure sono evanescenti poiché la violazione di legge (peraltro, dedotta con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5) si fonderebbe sulla circostanza dell’esistenza di un “evento dannoso integrale e inibitorio di qualsiasi possibilità di determinarsi in capo al danneggiato” e sul dato della riferibilità del decesso alla ingestione del tartufo. In sostanza, non sono indicate le ragioni per le quali la motivazione della Corte d’Appello (peraltro, neppure questa illustrata), avrebbe violato le numerose norme indicate dai ricorrenti. Quanto al secondo aspetto (la decorrenza degli interessi) i ricorrenti si limitano a ribadire un principio generale, ma non allegano, trascrivono o individuano, all’interno del fascicolo di legittimità, gli atti processuali dai quali emergerebbe il criterio utilizzato dalla Corte d’Appello e censurato con il ricorso per cassazione;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile; nulla le spese attesa la mancata costituzione degli intimati. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso. Nulla per le spese.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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