Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2187 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18632-2020 proposto da:

V.G., in proprio e quale procuratore generale della

Signora S.U.M.B., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SISTINA N. 121, presso lo studio dell’avvocato MAURIELLO

GIACOMO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROSETO DEGLI ABRUZZI, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO GREPPI 77, presso lo

studio dell’avvocato BIANCHI ANTONIO RUGGERO, rappresentato e difeso

dall’avvocato REFERZA PIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Comune di Roseto degli Abruzzi convenne in giudi7io dinanzi al Tribunale di Teramo V.G. e S.U.M.B. al fine di sentir dichiarare l’inefficacia nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato tra i coniugi in data 19 settembre 2011 e trascritto a margine dell’atto di matrimonio.

A fondamento della propria pretesa il Comune di Roseto degli Abbruzzi dedusse: che tra il Comune e V.G. (ed altri soggetti che avevano agito con lui) era sorta una controversia conclusasi in primo grado con la condanna del primo al risarcimento dei danni subiti dagli attori per l’occupazione e la trasformazione da parte dell’Ente di un fondo di loro proprietà per la realizzazione di un’opera pubblica; che l’Ente, in attuazione della pronuncia giudiziale aveva versato agli attori gli importi liquidati dal Tribunale; che la pronuncia di primo grado era stata integralmente riformata in appello sicché il Comune di Roseto degli Abbruzzi era divenuto creditore nei confronti del V.G., oltre che di altri soggetti, per le somme a questi corrisposte in esecuzione della sentenza riformata; che il credito era stato accertato con decreto ingiuntivo n. 889/2010 emesso dal Tribunale di Teramo in data 17 dicembre 2010 e dichiarato esecutivo, in seguito ad opposizione, con le ordinanze del 5 e del 21 luglio 2011; che in data 19 settembre 2011 i convenuti avevano stipulato un atto di costituzione di un fondo patrimoniale evidentemente posto in essere al solo fine di ridurre la garanzia generica offerta dal debitore.

Si costituirono in giudizio V.G. e S.U.M.B. contestando la fondatezza della domanda per mancanza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c.

Il Tribunale di Teramo con sentenza con sentenza n. 75/2012, in accoglimento della domanda attorea, dichiarò l’inefficacia patrimoniale dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale nei confronti del Comune di Roseto degli Abruzzi condannando i coniugi al pagamento delle spese di lite.

2. La Corte d’Appello de L’Aquila, con la sentenza n. 58/2020 del 14 gennaio 2020, ha rigettato l’appello proposto V.G. e S.U.M.B., confermando integralmente la pronuncia di primo grado.

3. Avverso tale pronuncia V.G., in proprio e quale procuratore generale di S.U.M.B., propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con un unico motivo di ricorso, rubricato, violazione e falsa applicazione degli artt. 2901,2740 e 2697 c.c., artt. 113,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, i ricorrenti avanzano plurime doglianze nei confronti delle ragioni poste a fondamento della decisione della Corte d’Appello.

In particolare sostengono l’inesistenza sostanziale del preteso credito a tutela del quale era stato disposta la revocatoria: il Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n. 1827/2019 ha accolto il ricorso proposto dal Verzilli e dagli altri proprietari del fondo ablato.

La seconda censura è relativa alla mancanza del presupposto oggettivo (eventus damnz). Osservano che la Corte d’Appello, avrebbe errato nel ritenere, da un lato, che fosse rilevante l’anteriorità del credito rispetto all’atto di destinazione e dall’altro, che la costituzione del fondo patrimoniale aveva reso più incerto e difficoltoso il soddisfacimento del credito in quanto secondo la perizia tecnica estimativa vi sarebbe un patrimonio residuo idoneo a soddisfare le pretese creditorie.

Infine la terza censura relativa al presupposto soggettivo (stientia damnz). Sostiene il Verzilli che mancava del tutto il presupposto soggettivo in quanto egli era creditore, e non debitore, dell’amministrazione Comunale che occupava un fondo di cui lui era comproprietario.

Il ricorso è inammissibile poiché le censure in esso contenute sono dirette ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa, prevalentemente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità.

I ricorrenti, infatti, in maniera confusionaria e ripetitiva, avanzano delle doglianze relative alla anteriorità del credito, alla capienza del patrimonio residuo ed alla conoscenza/conoscibilità da parte dei ricorrenti del pregiudizio che l’atto di disposizione avrebbe arrecato alla pretese creditorie che attengono esclusivamente al merito e fanno riferimento a valutazioni discrezionali del giudice e relegate al suo prudente apprezzamento.

D’altra parte, come correttamente affermato dalla Corte d’Appello, l’azione revocatoria è esperibile anche a tutela di un credito che sia solamente eventuale o litigioso. Il primo submotivo mira a destituire il carattere litigioso del credito, sufficiente come si è appena detto ai fini della legittimazione dell’azione ai sensi dell’art. 2901 c.c., mediante circostanze di fatto delle quali, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, si omette di indicare specificatamente se e quando abbiano fatto ingresso nel giudizio di merito.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.500 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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