Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21869 del 21/10/2011

Cassazione civile sez. I, 21/10/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 21/10/2011), n.21869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI PALERMO Domiciliato in Palermo, Piazza Marina, n. 39;

rappresentato e difeso dall’Avv. BENEDETTO RAIMONDO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.I. – + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, n. 1037,

depositata in data 27 settembre 2004;

sentita la relazione all’udienza dell’8 giugno 2011 del consigliere

Dott. Campanile Pietro;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. RUSSO Libertino Alberto, il quale ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di appello di Palermo, con la decisione indicata in epigrafe, rigettava l’opposizione alla stima definitiva proposta dal Comune di Palermo nei confronti di P.I. e degli altri proprietari di alcuni locali terranei e seminterrati, sottoposti a procedimento espropriativo nell’ambito dell’esecuzione di lavori di restauro dell’Archivio storico comunale.

1.1 – Con tale decisione, con la quale veniva altresì accolta l’opposizione proposta in via riconvenzionale da P. I., il quale aveva lamentato l’esiguità del valore attribuito al locale di sua proprietà, veniva disattesa, per quanto qui maggiormente interessa, la tesi dell’ente territoriale secondo cui, in virtù del richiamo effettuato dalla L.R. n. 25 del 1993, art. 124 alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis anche le indennità in questione, relative a fabbricati, avrebbero dovuto essere determinate alla stregua di tale criterio normativo.

Si osservava, in proposito, che, disciplinando la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis l’indennità relativa ad aree edificabili, quanto alle costruzioni, non potendosi ritenere operante il rinvio a tale norma contenuto nella L.R. n. 25 del 1993, art. 124 dovesse applicarsi il principio di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 39.

1.2 – Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Comune di Palermo, deducendo unico e complesso motivo. Le parti intimate non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. Siciliana n. 25 del 1993, art. 124 nonchè insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Viene preliminarmente richiamato l’art. 14, lett. s), dello statuto regionale, che attribuisce alla competenza legislativa regionale di tipo esclusivo la materia della espropriazione per pubblica utilità che, tuttavia, la Regione Siciliana non ha regolamentato con una legge organica, limitandosi ad operare rinvii alle leggi dello Stato, stabilendo in alcuni casi i criteri di determinazione dell’indennità.

Nell’ambito di tale legislazione speciale, la L.R. n. 25 del 1993, art. 124, al comma 4 – sostiene il ricorrente – “ha voluto estendere anche alla espropriazione dei fabbricati i criteri di cui al richiamato art. 5 bis”.

Questa interpretazione sarebbe confortata dalla lettera della norma, dalla generalità del rinvio all’art. 5 bis per la determinazione dell’indennità e dalla peculiarità degli interventi da realizzare nella città di Palermo, per il recupero del centro storico, che costituirebbero “elementi idonei e sufficienti a comprovare il preciso intendimento dello stesso di applicare alla espropriazione dei fabbricati in questione lo speciale e riduttivo criterio di determinazione dell’indennità” stabilito da quest’ultima disposizione.

D’altronde, se questo non fosse stato l’intento del legislatore regionale, l’art. 124, comma 4, cit., sarebbe una norma inutile.

2.1 Il motivo, come già affermato da questa Corte in relazione a fattispecie del tutto analoga, è in parte inammissibile, ed in parte infondato.

2.2 – Deve preliminarmente rilevarsi, quanto al denunciato vizio di natura motivazionale, che non viene in considerazione, nella stessa prospettazione del Comune ricorrente, un punto o, secondo l’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un “fatto” controverso e decisivo per il giudizio, bensì una mera valutazione di natura giuridica, non mediata da alcuna ricognizione delle circostanze che connotano il merito della questione, e che, in quanto tali, sono riservate al giudice del merito.

Il motivo in esame, dunque, è in parte qua inammissibile, trattandosi di stabilire i limiti e la portata del rinvio alla disposizione contenuta nella L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e quindi di operare una mera interpretazione della norma giuridica (cfr.

Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

2.3 – Quanto alla denunciata violazione di legge, questa Corte ha già affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in tema di indennità dovuta per l’espropriazione di fabbricati finalizzata al recupero del centro storico di Palermo, il rinvio al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis conv. con modificazioni nella L. 8 agosto 1992, n. 359, operato, senza ulteriori specificazioni, da parte della L.R. Sicilia 1 settembre 1993, n. 25, art. 124, comma 4, nel testo anteriore alla sostituzione disposta dalla L.R. 5 novembre 2004, n. 15, non può essere esteso oltre la portata della norma statale richiamata, che non si applica all’esproprio di fabbricati, con la conseguenza che l’indennità va determinata sulla base del criterio del valore venale stabilito dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 (Cass., 16 maggio 2008, n. 12472). La vicenda, per altro, è in parte interessata dalla pronuncia di incostituzionalità, con sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 2007, della norma contenuta nella L. n. 359 del 1992, art. 5 bis che funge da criterio ermenutico (nel senso che nell’interpretazione di una norma bisogna privilegiare l’applicazione conforme al dettato costituzionale) , essendo il caso di ribadire che non si tratta di stabilire la natura del rinvio, vale a dire se recettizio o meno, bensì di verificare la possibilità o meno di estendere la portata della citata L. n. 359 del 1992, art. 5 bis dedicata alle sole aree fabbricabili, anche ai fabbricati.

Per questi ultimi, invero, si afferma l’applicabilità della L. n. 2359 del 1865, art. 39 (ragion per cui la tesi sostenuta dal Comune ricorrente appare in netta distonia con il regime ordinario e darebbe vita ad ulteriori profili di incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza), salvo che si tratti di “ruderi privi di valore” (Cass., 8 novembre 2005, n. 26638).

Non avendo le parti intimate svolto attività difensiva, non si provvede in ordine al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2011

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