Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21867 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. II, 09/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 09/10/2020), n.21867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2890/2016 proposto da:

M.N., P.M., P.A.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MONTECERVIALTO, 165, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO MASTROMARINO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato EMILIO PAOLO SANDULLI, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BUCCARI 3,

presso lo studio dell’avvocato TERESA ACONE, rappresentato e difeso

dagli avvocati PASQUALE ACONE, MODESTINO ACONE, in virtù di procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5095/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

P.P. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Avellino in favore di F.R., per l’importo di Lire 29.855.364, oltre interessi legali e spese, quale compenso per la prestazione professionale resa dal defunto F.A..

A sostegno dell’opposizione deduceva che l’opposto, in quanto non unico erede del defunto, non poteva agire per l’intero corrispettivo.

Inoltre eccepiva la prescrizione del credito, sia ordinaria che presuntiva, ed in subordine chiedeva la riduzione dell’importo ingiunto, in quanto spettante per la sola attività di progettazione, non essendo stato dimostrato che il de cuius avesse anche curato la direzione dei lavori.

Nella resistenza dell’opposto, il Tribunale di Avellino, con la sentenza n. 1855 del 16/11/2009 accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, con la condanna del F. al rimborso delle spese di lite.

Avverso tale sentenza proponeva appello il creditore, cui resistevano M.N., P.A.A. e P.M., quali eredi del defunto P.P..

La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 5095 del 23/12/2014 accoglieva il gravame e per l’effetto rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dal dante causa degli appellati, i quali erano altresì condannati al rimborso delle spese del doppio grado.

Il Tribunale aveva reputato che, pur essendo pacifico l’incarico di progettazione della ricostruzione di un fabbricato rurale conferito dal P. al F.A., e pur essendo stato provato l’adempimento di tale incarico, era da escludersi che fosse stata fornita anche la prova del conferimento dell’incarico di direzione dei lavori, attesa anche la non utilizzabilità dei documenti tardivamente prodotti dall’opposto.

Quanto invece al corrispettivo per l’attività di progettazione, aveva accolto l’eccezione di prescrizione ordinaria decennale, avuto riguardo come dies a quo alla data del 30 giugno 1988 allorchè era stata depositata la perizia presso il Comune di Montemarano.

Ad avviso della Corte d’Appello doveva reputarsi fondato il gravame del F. nella parte in cui sosteneva che, anche avuto riguardo alla documentazione prodotta nei termini di rito, emergeva la prova del conferimento anche dell’incarico di direzione dei lavori.

Assumeva rilievo a tal fine la comunicazione del 23 maggio 1995 indirizzata dal P. al Comune di Montemarano, nella quale si faceva riferimento alla sostituzione del precedente direttore dei lavori, F.A., con il figlio F.R., la quale costituiva una vera e propria confessione stragiudiziale resa a terzi.

Tale dichiarazione trovava poi conforto anche in altri documenti, quali il deposito presso lo stesso Comune del progetto per la ricostruzione ai sensi della L. n. 219 del 1981, la cui approvazione, sfociata nella concessione di un contributo per l’esecuzione dei lavori e con il rilascio della concessione edilizia, induceva a reputare che i lavori fossero stati effettivamente eseguiti e conclusi.

Ancora con scrittura privata del 7 ottobre 1991, il P. aveva affidato l’esecuzione dei lavori all’impresa di Mo.Ni. e successivamente concluse con l’appaltatore una transazione recante la data del 15/7/1997, il cui testo denotava che il P., nell’opporsi al decreto ingiuntivo ottenuto dall’appaltatore, aveva riferito che parte del corrispettivo era stato già a quest’ultimo versato per il tramite di F.A., nella veste di direttore dei lavori.

Sulla base di tali documenti poteva quindi reputarsi che i lavori fossero terminati in data anteriore al 17 luglio 1996 (quando il Mo. aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per il corrispettivo dell’appalto).

Ancora nella transazione su indicata non vi era alcun riferimento a ritardi nell’esecuzione dei lavori stessi, che secondo quanto emergeva dalla concessione edilizia, sarebbero dovuti terminare entro la data del 23 settembre 1994 (oltre che nel rispetto del termine previsto per la durata del contratto di appalto per il 31/10/1993).

Doveva quindi ritenersi che i lavori fossero stati eseguiti in epoca anteriore al decesso di F.A., il quale aveva adempiuto quindi all’incarico di direzione dei lavori, essendo il subentro del figlio funzionale solo alla cura degli atti relativi alla contabilità finale.

Quanto invece al diritto al compenso per l’attività di progettazione, la sentenza d’appello condivideva il rilievo di parte appellante secondo cui, nell’esecuzione degli interventi di ricostruzione post sima di cui alla L. n. 219 del 1981, era necessaria accanto all’attività di progettazione anche quella di direzione dei lavori, essendo un presupposto per l’erogazione del contributo previsto per legge (D.Lgs. n. 76 del 1990, art. 21).

La stessa L. n. 144 del 1949, di approvazione della tariffa professionale dei geometri, prevede che ove l’attività di progettazione e direzione dei lavori siano affidate al medesimo professionista, vanno considerate come frazioni di una prestazione professionale unitaria, come si evince dagli artt. 56 e 58 della stessa Legge.

La distinzione tra obbligazione di risultato, relativamente a quella di progettazione, ed obbligazione di mezzi, per quella di direzione dei lavori, rileva ai solo fini dell’applicazione dell’art. 2226 c.c. (rectius art. 2236), ma non legittima una conclusione circa l’autonomia delle due prestazioni.

Ne scaturiva quindi che, in relazione all’intero compenso vantato dal de cuius, occorreva individuare come dies a quo della prescrizione quello della cessazione o ultimazione della prestazione professionale unitariamente considerata, giorno che coincideva con la data del decesso del F., avvenuto il (OMISSIS).

A fronte di tale giorno iniziale, la prescrizione era stata interrotta con la messa in mora del 1 dicembre 2000, con la conseguenza che non poteva ravvisarsi l’estinzione del diritto azionato.

Per l’effetto, non avendo parte appellata reiterato ex art. 346 c.p.c., le contestazioni avverso i criteri di calcolo del compenso, l’opposizione doveva essere rigettata.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso M.N., P.M. e P.A.A. sulla base di quattro motivi.

L’intimato resiste con apposito controricorso.

In data 10/07/2020 parte ricorrente ha depositato a mezzo pec atto di rinuncia al ricorso del 6 luglio 2020 seguito da accettazione di parte controricorrente, anche relativamente alla compensazione delle spese del presente giudizio.

In conseguenza di ciò, il processo va dichiarato estinto ex artt. 390 e 391 c.p.c..

Nulla per le spese, ex art. 391 c.p.c., comma 4, atteso che il controricorrente ha dichiarato di aderire alla rinuncia al ricorso ed alla compensazione delle spese.

P.Q.M.

Dichiara l’estinzione del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che non ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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