Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21866 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. II, 09/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 09/10/2020), n.21866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6801/16) proposto da:

P.C., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale apposta a margine del ricorso, dagli

Avv.ti Giuseppe Lanocita, e Francesco Lanocita, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Leopoldo Fiorentino, in Roma,

piazza Cola di Rienzo, n. 92;

– ricorrente –

contro

G.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 127/2015

(depositata il 12 febbraio 2015 e non notificata);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 luglio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 23 aprile 2003 il sig. G.L., quale proprietario di un appezzamento di terreno sito in (OMISSIS), avente natura di orto irriguo (riportato in catasto al fol. (OMISSIS), part.lla (OMISSIS)) con relativa carraia della larghezza di poco più di un metro e della lunghezza di mt. 24, percorribile solo a piedi, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, la sig.ra P.C., quale proprietaria di un fondo limitrofo, per sentir dichiarare che la stessa era obbligata a consentire la servitù attraverso il suo fondo mediante il transito di veicoli anche a trazione meccanica, con le modalità che sarebbero state indicate mediante c.t.u. da espletarsi in giudizio e previo pagamento della dovuta indennità.

La convenuta si costituiva in giudizio instando per il rigetto della domanda, deducendo, inoltre, che la costituzione della servitù coattiva doveva ricadere su altro fondo confinante di proprietà di terzi (ovvero di tale Ga.), siccome più conveniente per il G..

Il Tribunale adito, all’esito dell’esperita istruzione probatoria (nel corso della quale era anche disposta c.t.u.), con sentenza n. 731/2006 (depositata il 21 giugno 2006), accoglieva la domanda e, per l’effetto, costituiva la servitù di passaggio come invocata dall’attore secondo il percorso e l’ampiezza individuate dal c.t.u., con condanna dello stesso G. al pagamento dell’indennità nella misura di Euro 898,71, oltre che al risarcimento dei danni alle colture che si sarebbero verificati in corso di esecuzione.

Con la citata sentenza lo stesso Tribunale compensava le spese giudiziali.

2. Interposto appello da parte della P. e nella costituzione del G. (che, a sua volta, proponeva appello incidentale in ordine al capo sulle spese), la Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 125/2015 (depositata il 12 febbraio 2015), accoglieva parzialmente il gravame principale con riguardo alla sola rideterminazione della misura dell’indennità (quantificata in Euro 1.163,45), rigettandolo nel resto e respingendo, altresì, il gravame incidentale, disponendo la compensazione anche delle spese di secondo grado.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte salernitana confermava la correttezza del “decisum” del giudice di primo grado circa la valutazione della sussistenza delle condizioni per la costituzione coattiva della servitù di passaggio (sulla scorta della conferente disamina dei criteri di valutazione compiuti dal c.t.u.), riteneva inammissibile – siccome nuova – la doglianza relativa all’esclusione della condizione di interclusione del fondo del G. e rideterminava l’indennità dovuta da quest’ultimo nell’importo come in precedenza indicato.

3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, la P.C..

L’intimato G.L. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la falsa ed illegittima applicazione degli artt. 1051,1052 e 1065 c.c., per non aver la Corte di secondo grado ritenuto non necessario procedere alla valutazione del “minimo mezzo” e del “minor danno”, avendo, invece, fondato il suo convincimento, ai fini della costituzione della invocata servitù, sulla sola indagine in ordine alla brevità, agevolezza e minor onerosità (per il fondo dominante) del percorso.

2. Con la seconda doglianza la ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e dell’art. 1051 c.c., per aver la Corte di appello ritenuto sufficientemente motivata la sentenza di primo grado mediante il semplice richiamo “per relationem” alla svolta c.t.u., contenente valutazioni parziali e non decisive.

3. Con il terzo motivo la ricorrente ha prospettato – ancora in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione del combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., sostenendo l’evidente carenza ed insufficienza delle motivazioni delle ragioni di fatto e di diritto sottese alla decisione della Corte di appello e per il travisamento degli elementi risultanti dall’istruttoria.

4. Con la quarta doglianza la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 1051 c.c., sul presupposto che la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto sufficienti le risultanze della c.t.u. al fine di costituire la servitù sul fondo di essa P..

5. Con il quinto motivo la ricorrente ha denunciato – in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la pretermessa valutazione di elementi di fatto determinanti ai fini della corretta applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c., con specifico riferimento a circostanze relative all’impatto che la servitù avrebbe avuto sul fondo di essa P..

6. Con la sesta censura la ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’erronea applicazione dell’art. 1053 c.c. onde giustificare la mancata valutazione del danno concretamente subito da essa P., con conseguente inesatta applicazione anche dell’art. 1051 c.c., nonchè – sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’omessa valutazione della lesione del diritto di proprietà di essa ricorrente ai sensi dell’art. 832 c.c., garantito dall’art. 42 Cost., leso, per l’appunto, dalla falsa applicazione del citato art. 1051, operata dalla Corte territoriale

7. Con il settimo ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, per aver la Corte di appello illegittimamente ritenuto inammissibile e, comunque, infondata la censura di essa P. in ordine al mancato assolvimento dell’onere probatorio incombente ai sensi dell’art. 2697 c.c., sul richiedente, in ordine all’art. 1052 c.c., nonchè – sempre con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – per aver la Corte territoriale omesso di rappresentare le ragioni sottese alla decisione, con violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4).

8. Rileva il collegio che il primo motivo è del tutto infondato avendo la Corte di appello salernitana adeguatamente esaminato le varie possibilità attinenti alla costituzione della servitù di passaggio in favore del fondo del G., anche comparando – in relazione agli elementi di cui agli artt. 1051 e 1053 c.c., l’incidenza di tale costituzione con la soluzione proposta dalla ricorrente in ordine alla prospettata alternativa dell’imposizione della servitù di passaggio sul fondo Ga. (cfr. Cass. n. 4867/1997 e Cass. n. 8153/2012).

Non risponde al vero, poi, che la Corte territoriale – nello scegliere l’opzione preferibile – non abbia tenuto conto della maggiore brevità del percorso e del minor danno come imposti dell’art. 1051 c.c., comma 2.

In proposito, il giudice di secondo grado ha dato conto, proprio nel rispetto dei citati criteri, come il percorso individuato sul fondo P. fosse da preferirsi per la minore superficie occupata (mq. 43,50) e per la sua inferiore lunghezza, rispetto a quelle che avrebbero interessato la proprietà Ga..

9. Il secondo, terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente siccome connessi in quanto riguardanti, in effetti, la denuncia di censure avverso le risultanze della c.t.u. come tenute presenti e considerate attendibili dal giudice di primo grado, con valutazione ritenuta congrua dalla Corte di appello.

Anch’essi sono destituiti di fondamento e vanno, perciò, respinti.

Infatti, ad avviso del collegio, la Corte territoriale – contrariamente a quanto dedotto con le censure in esame – ha compiutamente spiegato, motivandole adeguatamente, tutte le valutazioni idonee per confermare il convincimento del primo giudice, valorizzando esaustivamente, in senso adesivo, gli accertamenti e le risultanze emergenti dalla c.t.u., anche in contrapposizione ai rilievi mossi dal c.t.p. della P. (v. pagg.10-13 dell’impugnata sentenza), ragion per cui è del tutto priva di fondamento la denuncia di nullità assoluta o di omessa motivazione dell’impugnata sentenza (ricondotta all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4).

Non è, quindi, vero che la Corte di appello, nel confermare la sentenza di prime cure, abbia ritenuto che la motivazione della sentenza di quest’ultimo fosse stata compiuta solo “per relationem” rispetto alla relazione del c.t.u..

Per il resto le censure si risolvono tutte in una sollecitazione a rivalutare le condizioni di merito in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 1051 c.c., mediante la riconfutazione delle risultanze della c.t.u., come tale inammissibile in questa sede di legittimità, anche sotto il profilo della supposta insufficienza della motivazione adottata dalla Corte di appello, non più deducibile alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nuovo n. 5), come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), come convertito, con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (“ratione temporis” applicabile nella fattispecie, risultando pubblicata l’impugnata sentenza il 12 febbraio 2015).

10. Anche la quinta doglianza non coglie nel segno perchè dalla complessiva valutazione operata dalla Corte di appello è emersa l’adeguata considerazione di tutte le condizioni necessarie per l’individuazione del percorso attraverso il quale costituire coattivamente la servitù di passaggio, senza omettere alcun elemento di fatto che avrebbe potuto avere una rilevanza decisiva per pervenire ad una soluzione diversa.

11. Il sesto motivo è anch’esso destituito di fondamento e va disatteso.

Diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, la Corte di appello (v. pagg. 10 e 11 della sentenza) ha preso in esame il supposto “esproprio di fatto” conseguente alla costituzione coattiva della servitù di passaggio sul fondo della ricorrente, affermando che l’effetto dannoso dipendente da siffatta costituzione è compensato dal legislatore dalla previsione di una congrua indennità che deve essere proporzionata agli svantaggi arrecati e, nel caso di specie, l’adeguatezza della misura di tale indennità è stata rivalutata dalla stessa Corte di appello con l’accoglimento del quarto motivo di appello, rideterminando “in melius” per la P. il “quantum” dell’indennità stessa prevista dall’art. 1053 c.c..

Del resto è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 3649/2007 e Cass. n. 10269/2016) che l’indennità dovuta dal proprietario del fondo in cui favore è stata costituita la servitù di passaggio coattivo non rappresenta il corrispettivo dell’utilità conseguita dal fondo dominante, ma un indennizzo risarcitorio da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente, sicchè, per la sua determinazione, non può aversi riguardo esclusivamente al valore della superficie di terreno assoggettata alla servitù, dovendosi tenere, altresì, conto di ogni altro pregiudizio subito dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone e di veicoli.

A tali principi si è attenuta la Corte territoriale nel caso di specie.

12. La settima ed ultima doglianza non è meritevole di accoglimento poichè oltre alla chiara insussistenza dell’addotta violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e al di là dell’allegazione come nuova eccezione della deduzione della mancata interclusione del fondo del G. – la Corte di appello ha, comunque, rilevato che, in effetti, l’interclusione addotta dal citato appellato (attore in primo grado) non era stata mai prospettata come assoluta bensì come relativa, poichè l’accesso sulla via pubblica esercitabile tramite il passaggio già esistente, siccome possibile solo a piedi, era inadatto a soddisfare i bisogni correlati alla necessità della fruizione con mezzi meccanici, anche in relazione alla sua ristretta ampiezza.

Altrettanto correttamente la Corte di appello ha sostenuto che, sul piano del riparto dell’onere probatorio, avrebbe dovuto essere la P. a dimostrare la circostanza – siccome impeditiva – che il passaggio già goduto dal G. (per accedere alla via pubblica) era idoneo al soddisfacimento delle sue esigenze, avuto riguardo alla sua conformazione e alla sua ampiezza.

In tal modo il giudice di appello si è conformato al principio di diritto (già affermato da questa Corte: v. Cass. n. 11592/2004 e Cass. n. 26073/2005) secondo cui è onere del proprietario del fondo che chiede la costituzione della servitù coattiva a favore del medesimo – o l’ampliamento di quella preesistente – dimostrare il fatto costitutivo della pretesa e cioè l’interclusione del suo fondo

– ovvero l’impossibilità di accedervi con mezzi meccanici – mentre spetta al proprietario del fondo su cui dovrà essere costituita la servitù eccepire e provare l’esistenza di un diritto di passaggio a favore del fondo intercluso e a carico di uno di quelli che lo circondano che consenta lo sbocco sulla pubblica via – ovvero la sufficienza dell’ampiezza del passaggio esistente per l’utilizzazione del fondo – configurando queste circostanze un fatto impeditivo della pretesa attorea.

13. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere respinto, senza doversi far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa fase di legittimità.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

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