Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21866 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/09/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 07/09/2018), n.21866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25550-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., MONTEPASCHI SERIT SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 88/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

MESSINA, depositata il 20/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RITENUTO

che la Commissione tributaria regionale della Sicilia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate, e rilevava che, in relazione alla cartella di pagamento per l’anno d’imposta 1994, scaturente dal controllo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, della denuncia dei redditi (mod. 770/94) presentata nel 1995, il termine prescrizionale quinquennale era decorso alla data (18/9/2001) di notifica dell’atto impositivo, mentre in relazione alla cartella di pagamento scaturente dal controllo della dichiarazione dei redditi (mod. 770/95) presentata nel 1996, detto termine non era interamente decorso, vendendo esso a scadere il 31/12/1995, per cui il credito iscritto a ruolo per l’anno d’imposta 1995, per ritenute alla fonte, sanzioni ed interessi, non si era estinto;

che il Giudice di appello, per quanto qui d’interesse, riteneva non più proponibile l’eccezione di inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente, perchè tardivamente proposto, in quanto sollevata dall’Agenzia delle Entrate, per la prima volta, in sede di discussione orale, essendosi sul punto formato il giudicato interno, atteso che il ricorso originario era stato respinto nel merito;

che, avverso la sentenza, ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, con un motivo, mentre l’intimato contribuente, Antonino B., non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con un unico motivo, deducendo violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata laddove afferma che, nel giudizio d’appello, era preclusa la eccepibilità e/o la rilevabilità d’ufficio della questione concernente l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio perchè tardivamente proposto (la cartella di pagamento era stata notificata il 18/9/2001, il termine di decadenza di 60 giorni, tant’è che il ricorso del contribuente era stato depositato nel marzo 2002), per effetto dell’intervenuta formazione del giudicato interno implicito, posto che, in primo grado, il ricorso del contribuente era stato respinto nel merito (con pronuncia presupponente l’intervenuta delibazione dell’ammissibilità del ricorso stesso), che tale decisione era stata impugnata dall’Ufficio con riguardo alla statuizione sul merito della pretesa tributaria, e che soltanto in sede di discussione orale era stata eccepita la tardività del ricorso introduttivo del giudizio;

che la censura è fondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “Il giudicato implicito, formandosi sulle questioni e sugli accertamenti che costituiscono il presupposto logico indispensabile di una questione o di un accertamento sul quale si sia formato un giudicato esplicito, non è configurabile in relazione alle questioni pregiudiziali all’esame del merito ovvero a quelle concernenti la proponibilità dell’azione quando, intervenuta la decisione sul merito della domanda, la parte soccombente abbia proposto impugnazione relativamente alla sola (o a tutte le) statuizioni di merito in essa contenute, in quanto detta impugnazione impedisce la formazione del giudicato esplicito su almeno una questione o un accertamento di merito, che costituiscono l’indispensabile presupposto del giudicato implicito. Inoltre, quando il giudice decida esplicitamente su una questione, risolvendone implicitamente un’altra, rispetto alla quale la prima si ponga in rapporto di dipendenza e la decisione venga impugnata sulla questione risolta esplicitamente, non è configurabile un giudicato implicito sulla questione risolta implicitamente, essendo lo stesso precluso dall’impugnazione sulla questione dipendente, atteso che il giudicato implicito presuppone il passaggio in giudicato della decisione sulla questione dipendente decisa espressamente” (tra le tante, Cass. n. 10027/2009);

che, nella specie, una volta esclusa la formazione del giudicato implicito sulla questione concernente la ammissibilità del ricorso introduttivo perchè proposto tardivamente contro le suindicate cartelle di pagamento, sebbene il ricorso fosse stato respinto nel merito, e la statuizione impugnata in appello solo nel merito, va rilevato che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, il ricorso deve essere notificato entro il termine di 60 giorni dalla notificazione dell’atto impugnato, per cui i ricorsi introduttivi – poi riuniti – dal contribuente proposti nel marzo 2002, avverso le cartelle di pagamento, entrambe notificate il 18/9/2001, devono ritenersi intempestivi e perciò inammissibili;

che, per quanto detto, il rilievo di tale motivo di inammissibilità, omesso dalla parte resistente, omesso dai giudici di primo grado e di appello, può e deve essere compiuto in sede di legittimità, essendo la Corte dotata di poteri (anche d’ufficio) in tutte le ipotesi in cui il processo non poteva essere proposto o proseguito, e, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata in questa sede (sulla quale soltanto può immediatamente pronunciarsi questa Corte) deve essere cassata senza rinvio, restando in tale decisione travolta anche la sentenza di primo grado, posto che la fattispecie risulta disciplinata dall’art. 382 c.p.c., comma 3, secondo il quale la Corte cassa senza rinvio “in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito” (tra le altre, Cass. n. 3330 del 2002; n. 2517 del 2002; n. 5272 del 1996; n. 6776 del 1995);

che, alla luce dello sviluppo della vicenda processuale e delle relative peculiarità, deve essere disposta la compensazione delle spese processuali dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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