Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21864 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21864 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 2155-2013 proposto da:
PICCA GIANCARLO C.F. PCCGCR63C18G228J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI ANTONELLI 50, presso
lo studio dell’avvocato ERNANI D’AGOSTINO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA
SALVINI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
2453

contro

SAINT GOBAIN SEKURIT ITALIA SRL P.I. 07192700156,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA
DIONIGI, 29, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO

Data pubblicazione: 27/10/2015

ALIBERTI, rappresentato e difeso dall’avvocato VILLANI
MARCO GIOVANNI, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 1122/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 31/10/2012 R.G.N. 381/2012;

udienza del 03/06/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato ERNANI D’AGOSTINO;
udito l’Avvocato ERNESTO ALIBERTI per delega MARCO
VILLANI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza del 3 giugno 2015 — Aula A
n. 15 del ruolo—RG n. 2155/13
Presidente: Stile – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello di Giancarlo Picca avverso la
sentenza del Tribunale di Saluzzo in data 29 febbraio 2012, di rigetto della domanda del Picca volta
ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento collettivo intimatogli dalla datrice di
lavoro Saint-Gobain Sekurit Italia s.r.l.
La Corte d’appello di Torino, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il licenziamento del Picca va inserito in una procedura di mobilità relativa a 139 lavoratori
operanti presso lo stabilimento di Savigliano (Cuneo) della Saint-Gobain Sekurit Italia s.r.1., nel
corso della quale sono intervenuti vari accordi in sede sindacale, che hanno previsto come residuale
il criterio dell’applicazione delle ipotesi di cui all’art. 5 della legge n. 223 del 1991, utilizzato per il
Picca;
b) come rilevato dal primo giudice, il lavoratore non ha denunciato alcuna violazione della
procedura di mobilità, ma ha soltanto lamentato l’erronea applicazione dei criteri di scelta e
dell’attribuzione dei punteggi;
c) occorre ribadire che in base alla giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’art. 5 della legge
n. 223 del 1991, i tre criteri di carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed
organizzative devono venire applicati in concorso tra loro, anche se può essere data prevalenza alle
esigenze tecnico-produttive, purché tale ultima indicazione trovi giustificazione in fattori obiettivi e
non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie;
d) nella specie, nella applicazione dei criteri di scelta i principi di correttezza e buona fede
sono stati rispettati attraverso l’invio agli interessati, insieme con la comunicazione finale della
procedura, di una tabella riepilogativa contenente, nel rispetto del dovere di trasparenza, le chiare
modalità applicative dei criteri con riguardo a ciascun dipendente;
e) da tale tabella risulta, oltre alla già rilevata legittimità della prevalenza attribuita al criterio
della professionalità (esigenze tecnico-produttive), anche la valutazione dei criteri sociali, come i
carichi familiari;
O neppure è irragionevole la considerazione del solo ultimo decennio per la valutazione della
professionalità e, quanto al Picca, la scelta di dare rilievo alla sola mansione di carrellista è stata
giustificata dall’azienda per il fatto che si trattava di quella più qualificata dal punto di vista
professionale;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

h) ne consegue che è del pari infondata la censura del lavoratore secondo cui egli sarebbe
stato illegittimamente licenziato pur avendo un punteggio pari a 4, uguale a quello di altri 8
lavoratori, in quanto l’attuale ricorrente, fra i lavoratori cui è stato attribuito il punteggio di 4, ha
ottenuto il punteggio più basso di tutti per la professionalità, il che, come si è detto, deriva dal peso
maggiore attributo dall’azienda, come era in sua facoltà, alle esigenze tecnico-produttive.
2.— Il ricorso di Giancarlo Picca domanda la cassazione della sentenza per un unico,
articolato, motivo; resiste, con controricorso, la Saint-Gobain Sekurit Italia s.r.l.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Profili preliminari
1.— Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità delle censure dedotte dal ricorrente per
“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, in quanto al presente ricorso si applica
ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., visto che la sentenza impugnata è
stata depositata il 31 ottobre 2012 e la novella si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo
il giorno 11 settembre 2012.
In base a tale novella, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. si può denunciare
l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti» e non più la «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio».
Come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (vedi: sentenze 7 aprile 2014, n. 8053 e n.
8054) e dalla successiva giurisprudenza (vedi, per tutte: Cass. 27 maggio 2014, n. 11827; Cass. 9
giugno 2014, n. 12928; Cass. 16 luglio 2014, n. 16300), nei giudizi per cassazione assoggettati
ratione temporis alla nuova normativa, la formulazione di una censura riferita al n. 5 dell’art. 360
cit. che replica sostanzialmente il previgente testo di tale ultima disposizione — come accade nella
specie — si palesa inammissibile alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha
certamente escluso la valutabilità della “insufficienza” della motivazione, limitando il controllo di
legittimità all’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti», “omesso esame” che non costituisce nella specie oggetto di censura.
Deve essere, peraltro, precisato che il suddetto inconveniente si riscontra soltanto con
riguardo ad una parte delle censure proposte con il presente ricorso e non impedisce, quindi,
l’esame delle altre censure.

II — Sintesi del ricorso
2.— Con l’unico motivo di ricorso si denunciano: a) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 5 della legge n. 223 del 1991, nonché degli artt. 1175,
1366, 1375 e 2697 cod. civ. e degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.; b) in relazione all’art. 360, n. 5,
2

g) in ogni caso, ciò che conta è che il criterio è stato esplicitato con chiarezza nella
comunicazione finale e che è stato applicato a tutti coloro che si trovavano nella posizione del
Picca;

cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.

Si aggiunge che, nella specie, gli accordi contrattuali non hanno regolamentato affatto
l’applicazione dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 della legge n. 223 del 1991, sicché tale
applicazione è stata effettuata dall’azienda senza l’avallo delle 00.SS.
In considerazione della totale unilateralità della predisposizione dei suindicati criteri, nel
presente giudizio la datrice di lavoro avrebbe dovuto dimostrare la correttezza della loro
applicazione con specifico riguardo alla posizione del Picca, a partire sia dalla valut27ione dei soli
ultimi dieci anni di professionalità acquisita, sia dalla considerazione, ai fini del punteggio, della
sola mansione di carrellista, fra le molteplici svolte nell’ultimo decennio, sia dalla attribuzione di un
punteggio molto basso al criterio dell’anzianità di servizio, con conseguente eccessivo svilimento
dell’esperienza professionale acquisita.
In particolare si sostiene che — diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata —
la sostanziale irrilevanza attribuita dalla società al criterio dell’anzianità di servizio rispetto alla
preponderante importanza attribuita al criterio delle esigenze tecnico-produttive si pone in contrasto
con l’obbligo imposto dalla legge di una valutazione complessiva dei criteri legali di scelta onde
pervenire alla soluzione che abbia il minor costo sociale possibile, con equo contemperamento degli
interessi economici e delle finalità produttive dell’impresa.
La Corte territoriale non avrebbe adeguatamente considerato che nei confronti del ricorrente —
che è stato licenziato solo per aver riportato un punteggio basso con riferimento al criterio della
professionalità, senza essere stato posto in condizioni di provarne il contrasto con i criteri di
correttezza e buona fede — la soluzione adottata ha comportato, invece, un alto costo sociale, avendo
egli all’epoca un’età che lo vedeva, da un lato, sfavorito per un reinserimento nel mercato del lavoro
e, dall’altro lato, troppo lontano dalla fruibilità degli ammortizzatori sociali di accompagnamento
alla pensione.

II

Esame delle censure

3.- Le censure di violazione di legge che residuano dalla dichiarazione di inammissibilità
disposta preliminarmente (vedi paragrafo 1) non sono da accogliere, per le ragioni di seguito
esposte.
3.1.- In primo luogo deve essere precisato che è jus receptum che la valutazione del materiale
probatorio così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale
nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto
3

Si lamenta che la Corte d’appello, senza alcuna motivazione, non abbia dato ingresso alle
prove richieste dal lavoratore ed abbia, invece, ritenuto provate le semplici allegazioni difensive
fornite dall’azienda a giustificazione del recesso del Picca, così pervenendo alla erronea
conclusione della conformità della condotta contrattuale della società agli obblighi di buona fede e
correttezza.

Infatti, con riguardo alla valutazione delle risultanze probatorie per la quale vige il principio
del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è
apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360,
primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza,
non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 20 giugno 2006, n.
14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n.
26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 25 febbraio 2011,
n. 4652).
3.2.- Nella specie, le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello
risultano congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è
chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile
contraddizione. Esse, pertanto, non sono censurabili in questa sede.
3.3.- Va, peraltro, sottolineato che la decisione stessa risulta fondata su una corretta
applicazione della giurisprudenza di questa Corte in materia, che è stata espressamente richiamata.
Infatti — sulla base al dato pacifico secondo cui il Picca non ha denunciato alcuna violazione
della procedura di mobilità in oggetto, ma ha soltanto lamentato l’erronea applicazione dei criteri di
scelta e dell’attribuzione dei punteggi — la Corte torinese, con congrua e logica motivazione, ha
precisato che ai sensi dell’art. 5 della legge n. 223 del 1991, i tre criteri di carichi di famiglia,
anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed organizzative devono venire applicati in concorso tra
loro, anche se può essere data prevalenza alle esigenze tecnico-produttive, essendo questo il criterio
più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale, sempre che la scelta trovi
giustificazione in fattori obiettivi e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie (in senso
conforme, vedi ad es., Cass. 3 febbraio 2000 n. 1201, Cass. 6 novembre 2000 n. 14434; Cass. 28
ottobre 2009, n. 22824).
In altri termini, la Corte d’appello ha esattamente sottolineato come, in base alla consolidata
giurisprudenza di questa Corte, ai fini della corretta applicazione dei suddetti criteri e della
eventuale prevalenza attribuita al criterio delle esigenze tecnico-produttive dell’azienda, ciò che
conta, in sede di controllo giurisdizionale, è che la comparazione delle diverse posizioni dei
lavoratori sia stata effettuata nel rispetto del principio di buona e fede e correttezza, di cui agli art.
1175 e 1375 cod. civ., inteso come regola di equilibrata conciliazione dei conflitti interessi delle
parti (vedi, per tutte: Cass. 28 ottobre 2009, n. 22824; Cass. 23 maggio 2008 n. 13381; Cass. 14
giugno 2007 n. 13876; Cass. 16 marzo 2007 n. 6225; Cass. 14 novembre 2006 n. 24279; Cass. 6
ottobre 2006 n. 21541; Cass. 1 settembre 2004, n. 17556).

Muovendo da tali corrette premesse la Corte torinese — nell’ambito dell’accertamento dei fatti,
riservatole — ha affermato, con logica ed esauriente motivazione, che nella specie:
4

a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi
implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente,
sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (vedi, per tutte: Cass. 6 giugno 2011, n.
12204; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 24 luglio 2007, n. 16346; Cass. 17 febbraio 2009, n.
3785).

b) dalla suddetta tabella risultava, oltre alla già rilevata legittimità della prevalenza attribuita
al criterio delle esigenze tecnico-produttive, anche la valutazione dei criteri sociali, come i carichi
familiari;
c) quanto al Picca, la scelta di dare rilievo alla sola mansione di carrellista è stata giustificata
dall’azienda per il fatto che si trattava di quella più qualificata dal punto di vista professionale,
peraltro ciononostante il lavoratore ha totalizzato, nell’ambito degli otto lavoratori che hanno
ottenuto un punteggio pari a 4, il punteggio più basso di tutti per la professionalità, e, per tale
ragione, è stato licenziato, il che è derivato dal peso maggiore attributo dall’azienda, come era in
sua facoltà, alle esigenze tecnico-produttive.
3.4.- Tale completa ed esauriente ricostruzione della fattispecie effettuata, come si è detto, in
base ad una corretta interpretazione della normativa applicabile, rende la sentenza impugnata non
meritevole di alcuna delle censure formulate dal ricorrente, che, nella sostanza — anche nella parte
in cui, nella rubrica del motivo, sono formalmente configurate come denuncia di violazione di
norme di legge — finiscono con l’esprimere un mero, quanto inammissibile, dissenso rispetto alle
motivate valutazioni di merito delle risultanze probatorie di causa effettuate dalla Corte d’appello.

III

Conclusioni

4.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 3500,00
(tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 3 giugno 2015.

a) nella applicazione dei criteri di scelta i principi di correttezza e buona fede sono stati
rispettati attraverso l’invio agli interessati — cioè a tutti coloro che si trovavano nella posizione del
Picca — insieme con la comunicazione finale della procedura, di una tabella riepilogativa
contenente, nel rispetto del dovere di trasparenza, le chiare modalità applicative dei criteri con
riguardo a ciascun dipendente;

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