Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21863 del 30/08/2019

Cassazione civile sez. III, 30/08/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 30/08/2019), n.21863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22966-2017 proposto da:

B.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

CALAMATTA, 16, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO CRISCUOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SELLITTI VITTORIO;

– ricorrente –

contro

ICE SNEI SPA in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante p.t. D.N.A.,

domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ORDITURA CATERINA;

– controricorrente –

e contro

S.F., C.B., MAGLIFICIO ALTO MILANESE SRL,

C.M., V.M., VI.FR., D.L.G.,

D.L.G., D.L.S., D.L.R.,

D.L.R., V.E., B.G., MAGLIFICIO OCRAM SRL,

CONDOMINIO DI VIA PANORAMICA, 3 IN (OMISSIS), B.L.,

C.F., BI.CA., C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1350/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSETTI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1988 la società SNE s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Ice Snei s.p.a.) pignorò due immobili del proprio debitore B.U..

La procedura ebbe questo sviluppo:

– il 22.7.2008 il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Nola ordinò la vendita degli immobili pignorati;

– il 21.9.2010 ebbe luogo, dinanzi al professionista delegato, l’asta e la successiva aggiudicazione;

– il 14.12.2010 venne emesso il decreto di trasferimento;

– il 7.1.2011 venne trascritto il decreto di trasferimento.

2. Il debitore esecutato B.U., dopo il compimento dei

suddetti atti esecutivi, a giugno del 2011 contrastò l’esecuzione (ormai conclusa) con diverse e parallele iniziative.

Dapprima rivolse istanza al Giudice dell’esecuzione, affinchè dichiarasse la sopravvenuta inefficacia del pignoramento e revocasse il decreto di trasferimento.

A fondamento dell’istanza dedusse che, per effetto dell’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 4, (il quale stabilì che “la trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili eseguita venti anni prima dell’entrata in vigore della presente legge o in un momento ancora anteriore conserva il suo effetto se rinnovata ai sensi degli artt. 2668-bis e 2668-ter c.c. entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”), la creditrice principale aveva l’onere di rinnovare entro il 4.7.2010 la trascrizione del pignoramento eseguito nel 1988; non avendolo fatto, il pignoramento aveva perso efficacia e la procedura esecutiva era divenuta improseguibile.

Con ordinanza 25.7.2011 il Giudice dell’esecuzione dichiarò inammissibile la suddetta istanza.

Avverso tale ordinanza di inammissibilità – così si apprende dalle pp. 3 e 5 della sentenza impugnata – B.U. propose, sia un reclamo ex art. 630 c.p.c. (dichiarato inammissibile con sentenza infruttuosamente impugnata); sia una opposizione agli atti esecutivi.

3. Nello stesso tempo, B.U. propose anche una un’opposizione – così formalmente qualificata – all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c..

Con tale opposizione, anch’essa fondata sulla mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento entro il 4.7.2010, l’opponente chiese la revoca del decreto di trasferimento e la dichiarazione di inefficacia di tutti gli atti della procedura esecutiva.

Col medesimo atto l’opponente dichiarò altresì che, qualora il Tribunale avesse ritenuto non proponibile l’opposizione agli atti ex art. 615 c.p.c., in via subordinata intendeva proporre opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c.. avverso il pignoramento, tutti gli atti successivi, l’aggiudicazione e il decreto di trasferimento.

Precisò che in questa seconda ipotesi la sua opposizione agli atti si doveva ritenere tempestiva, perchè con essa aveva censurato una nullità insanabile dell’atto di pignoramento, come tale rilevabile anche oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c..

4. L’opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l’ordinanza reiettiva dell’istanza di estinzione della procedura e quella (qualificata dal ricorrente come opposizione) all’esecuzione vennero riunite.

5. Con sentenza 11.6.2013 n. 1754 il Tribunale di Nola dichiarò inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi, mentre rigettò quella all’esecuzione.

Il Tribunale fondò la propria decisione su tre diverse rationes decidendi, ovvero:

-) al caso di specie s’applicava, ratione temporis, l’art. 630 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 4;

-) in base a tale norma, l’eccezione di estinzione “atipica” comunque, di improseguibilità della procedura, per mancata rinnovazione della trascrizione, non era rilevabile d’ufficio e andava proposta nella prima difesa successiva al suo verificarsi;

-) nel caso di specie, la prima occasione di difesa successiva al verificarsi della causa di estinzione era rappresentata dalla partecipazione all’asta svoltasi dinanzi al professionista delegato, nella quale nessuna eccezione venne sollevata;

-) in ogni caso, il vizio di mancata rinnovazione della trascrizione era stato sanato dalla emanazione del decreto di trasferimento, e, comunque, l’acquisto dell’aggiudicatario non poteva essere travolto a posteriori della mancata rinnovazione della trascrizione, in virtù del principio di intangibilità dell’aggiudicazione, desumibile dall’art. 187 disp. att. c.p.c..

6. La Corte d’appello di Napoli, adita dal soccombente, con sentenza 24.3.2017 n. 1350 rigettò il gravame.

In tale sentenza la Corte d’appello:

-) ribadì che al caso di specie s’applicava il vecchio testo dell’art. 630 c.p.c., e che di conseguenza l’eccezione di “estinzione atipica” sollevata dal debitore era, in base a tale norma, tardiva;

-) aggiunse che, comunque, anche in base al nuovo testo dell’art. 630 c.p.c., comma 2, il rilievo officioso dell’estinzione poteva avvenire non oltre la prima udienza successiva alla causa di estinzione, e nel caso di specie questo rilievo non vi era stato;

-) ribadì che al caso di specie s’applicava il principio desumibile dall’art. 187 disp. att. c.p.c., il quale faceva salvo l’acquisto dell’aggiudicatario nel caso di avverarsi di fenomeni estintivi dopo il decreto di trasferimento.

7. Avverso la suddetta sentenza d’appello B.U. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi (il terzo è numerato come “4” per evidente lapsus calami).

Hanno resistito con controricorso la Ice Snei e gli eredi di C.B., creditore intervenuto.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 591 ter e 630 c.p.c..

L’illustrazione del motivo contiene due censure, l’una subordinata all’altra.

In via principale il ricorrente sostiene che la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento, entro il termine legale del 4.7.2010, non è una causa di estinzione tipica del procedimento di esecuzione, ma una “fattispecie di improseguibilità” della procedura, o di chiusura atipica.

Di conseguenza essa poteva essere rilevata d’ufficio, e non vi era alcun onere per il debitore di sollevare tempestivamente la relativa eccezione.

Subordinatamente al rigetto di tale doglianza, il ricorrente deduce che, anche a negare la possibilità del rilievo officioso dell’estinzione atipica, ha comunque errato la Corte d’appello nel ritenere che la relativa eccezione del debitore sia stata intempestiva.

Secondo la Corte d’appello, infatti, tale eccezione si sarebbe dovuta sollevare non oltre l’esperimento dell’asta (21.9.2010), nelle forme di cui all’art. 591 ter c.p.c..

Obietta il ricorrente che l’asta venne svolta dinanzi al professionista delegato, e che, pertanto, in quella sede non solo non si tenne alcuna “udienza”, ma nemmeno poteva egli sollevare eccezioni di sorta relative all’estinzione del procedimento.

1.2. Col secondo motivo il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che, dopo l’emissione del decreto di trasferimento, gli fosse inibito eccepire l’estinzione “atipica” del procedimento.

Sostiene che, così decidendo, la Corte d’appello avrebbe violato due norme:

-) avrebbe violato, innanzitutto, l’art. 2929 c.c. (il quale stabilisce che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente), perchè tale norma non s’applicherebbe quando ad essere viziata sia l’aggiudicazione; e la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento costituiva per l’appunto “un vizio dell’aggiudicazione”;

-) la decisione d’appello avrebbe poi violato, prosegue il ricorrente, l’art. 187 disp. att. c.p.c. (secondo cui “in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari (…) gli effetti di tali atti”), perchè tale norma fa salvo l’acquisto dell’aggiudicatario nell’ipotesi in cui si verifichi una causa di estinzione dopo l’aggiudicazione, mentre, nel caso di specie/la perdita di efficacia della trascrizione del pignoramento si era verificata prima di tale atto.

1.3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2668 bis e 2668 ter c.p.c..

Rileva come la Corte d’appello, nel rigettare il suo gravame, oltre a ritenere intempestiva l’eccezione di estinzione “atipica”, soggiunse anche che il decreto di trasferimento era stato trascritto, e tale trascrizione aveva “sanato” la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento.

Tale statuizione, osserva il ricorrente, è erronea in punto di diritto, poichè l’omessa rinnovazione della trascrizione è insanabile.

2. Inammissibilità del ricorso.

2.1. Il ricorso è inammissibile, a causa della tardività con cui è stata proposta l’opposizione ancora oggi sub iudice (quella introdotta con citazione del 21.10.2011), la quale andava qualificata come una opposizione agli atti esecutivi, ed era soggetta perciò al termine di decadenza di cui all’art. 617 c.p.c..

Nei p.p. che seguono si esporranno in successione:

(a) le ragioni per le quali l’opposizione proposta da B.U. con atto del 21.10.2011 va qualificata come opposizione agli atti esecutivi;

(b) le ragioni per le quali tale opposizione fu intempestiva;

(c) le ragioni per le quali il relativo vizio può essere rilevato e dichiarato in questa sede.

3.1. Come accennato, B.U. ha introdotto dinanzi al Tribunale di Nola due opposizioni esecutive riunite e decise contestualmente.

3.2. Con la prima (atto del 21.10.2011, passato per la notifica lo stesso giorno) B.U. ha proposto una opposizione da lui stesso qualificata “opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c.”.

Nel corpo dell’atto l’opponente precisò di volere proporre:

(a) una opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., perchè la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento aveva comportato l’inefficacia di quest’ultimo, ed il rimedio predisposto dal legislatore al fine di far valere in giudizio nei confronti dell’aggiudicatario l’estinzione del procedimento esecutivo e la perdita di efficacia del pignoramento è costituito dall’opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c.;

(b) in via subordinata l’opponente dedusse che, qualora il Tribunale avesse ritenuto non proponibile nel caso di specie l’opposizione all’esecuzione, egli intendeva allora proporre una opposizione ex art. 617 c.p.c. “avverso l’atto di pignoramento e tutti i successivi atti esecutivi compiuti nel corso della procedura e, di conseguenza, dell’aggiudicazione, nonchè del successivo decreto di trasferimento”.

3.3. Con la seconda opposizione, proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., B.U. censurò l’ordinanza con cui era stata dichiarata inammissibile la sua istanza di estinzione della procedura esecutiva.

3.4. Di tali opposizioni, la seconda è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale, e tale decisione non è stata impugnata.

La relativa questione non forma più, dunque, oggetto del presente giudizio.

3.5. La prima delle suddette opposizioni, ancora sub iudice e che oggi si esamina, venne qualificata sia dall’opponente, sia dal Tribunale, sia dalla Corte d’appello come “opposizione all’esecuzione”.

Con essa, come già detto, B.U. chiese che la procedura venisse dichiarata “estinta o improseguibile”, o che comunque venisse dichiarata l’inefficacia del pignoramento e di tutti gli atti successivi, a causa della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento nel termine stabilito dalla L. n. 69 del 2009, art. 58 (e cioè il 4.7.2010).

La censura con cui l’opponente lamenta che sia stato emesso un decreto di trasferimento nonostante che il pignoramento, valido all’epoca in cui venne compiuto, avesse perso efficacia per fatti successivi e dipendenti dal jus superveniens, va qualificata come una opposizione agli atti esecutivi.

E’ vero che, in linea generale, l’opposizione con la quale il debitore esecutato intenda far valere il venir meno del diritto del creditore a procedere e, di conseguenza, l’impossibilità di proseguire l’esecuzione, va qualificata come opposizione all’esecuzione.

A questa regola tuttavia si fa eccezione quando l’opposizione intesa a far valere l’inefficacia sopravvenuta del pignoramento venga proposta dopo che, nonostante tale fatto impeditivo, il processo esecutivo sia proseguito, e la “fase” endoprocessuale durante la quale si verificò quel fatto impeditivo si sia conclusa con un provvedimento espresso.

3.6. Il processo esecutivo di espropriazione immobiliare, infatti, è di norma articolato in quattro fasi:

a) la fase di autorizzazione alla vendita, che è conclusa dalla relativa ordinanza (art. 569 c.p.c., comma 3);

b) la fase della vendita, che è conclusa dal provvedimento di aggiudicazione (artt. 572,581 e 584 c.p.c.);

c) la fase del trasferimento dell’immobile pignorato, che si conclude col decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.);

d) la fase della distribuzione del ricavato, che si conclude con l’approvazione del piano di riparto (artt. 596 e 598 c.p.c.; per tale consolidata distinzione basterà rinviare a Sez. U, Sentenza n. 11178 del 27/10/1995, Rv. 494405 – 01).

Ciascuna di queste fasi è destinata a concludersi con un provvedimento non revocabile dal giudice che l’ha emesso.

Così inquadrata la struttura del processo di esecuzione, ne segue che allorchè nel corso di esso si verifichi un error in procedendo, occorre distinguere due ipotesi.

3.6.1. La prima ipotesi è quella dell’errore procedurale che vizia un atto, ma non impedisce al processo di raggiungere il suo scopo: si pensi all’ipotesi d’un termine non rispettato od a quella della carenza, in un atto di parte o in un provvedimento del giudice, d’un requisito formale.

In tali casi il vizio va fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi, da proporre entro il termine di decadenza previsto dall’art. 617 c.p.c., decorrente dal compimento dell’atto viziato o dal successivo momento in cui la parte interessata ne abbia avuta notizia.

3.6.2. Può accadere, poi, che l’errore procedurale sia consistito in un vizio c.d. “permanente”, il quale si riproduce de die in diem, ed è destinato a ripercuotersi “di rimbalzo” su tutti gli atti processuali successivi: è il caso, ad esempio, del difetto di procura in capo al difensore del creditore procedente.

Quando, nonostante l’esistenza d’un vizio di tal fatta, il Giudice dell’esecuzione dia corso all’ulteriore sviluppo della procedura, adottando uno o più dei provvedimenti conclusivi delle fasi processuali indicate al p. 3.6 che precede, il vizio primigenio si trasmette ovviamente a tali provvedimenti successivi.

Ciò, tuttavia, non autorizza affatto la parte interessata a far valere quel vizio sine die.

La denuncia del vizio procedurale consistente in una nullità insanabile e con effetti permanenti, suscettibili di trasmettersi per contagio ai successivi atti procedurali, dovrà infatti avvenire:

(a) quanto al modo, con la forma dell’opposizione agli atti esecutivi, giacchè con essa si fa valere un error in procedendo nello svolgimento della procedura (così, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 4751 del 11/03/2016, p. 8 dei “Motivi della decisione”, con espresso riferimento ai provvedimenti coi quali il giudice dell’esecuzione rilevi (o non rilevi) la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento);

(b) quanto al tempo, entro il termine di venti giorni dal compimento dell’atto i cui effetti l’opponente intende rimuovere (ex multis, Sez. U, Sentenza n. 11178 del 27/10/1995, Rv. 494405 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20814 del 29/09/2009, Rv. 610186 – 01), oppure impugnando gli atti successivi della medesima fase processuale, secondo quanto si dirà meglio tra breve.

Deve, per contro, escludersi, che l’avverarsi “a monte” d’una nullità insanabile e con effetti permanenti, consenta “a valle” alla parte di impugnare quomodolibet, ex art. 617 c.p.c., gli atti successivi ed esterni alla “fase” processuale nella quale il vizio si è verificato.

E’ consentito, invece, a chi ne abbia interesse, o rivolgere istanza al giudice dell’esecuzione affinchè rilevi il suddetto vizio; oppure impugnare ai sensi dell’art. 617 c.p.c., e nel termine ivi previsto, l’ultimo atto della procedura contagiato dalla nullità primigenia.

Anche tale possibilità, tuttavia, resterà preclusa una volta conclusa la fase all’interno della quale si sia verificata la nullità permanente (Sez. 3, Sentenza n. 14449 del 15/07/2016, Rv. 640526 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10945 del 08/05/2018, Rv. 648540 01), in virtù del c.d. principio di “incomunicabilità” delle fasi della procedura esecutiva (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 6834 del 03/04/2015, non massimata).

3.7. Riassumendo, dunque, potranno aversi le seguenti ipotesi:

(a) il vizio procedurale consistente in un deficit dei requisiti formali dell’atto di procedura va fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi, nel termine di legge;

(b) il vizio procedurale consistente in una nullità insanabile e destinata a ripercuotersi su tutti gli atti successivi va fatto valere:

(b1) o instando al giudice dell’esecuzione perchè lo rilevi d’ufficio;

(b2) oppure impugnando, nel termine di cui all’art. 617 c.p.c., l’atto viziato od uno qualunque degli atti successivi che ne abbiano mutuato il vizio;

(c) una volta conclusa la fase subprocedimentale all’interno della quale il vizio si era verificato (autorizzazione alla vendita, vendita, trasferimento, distribuzione), l’opposizione potrà essere proposta solo contro il provvedimento conclusivo della fase, sempre nel termine di cui all’art. 617 c.p.c..

4. Tempestività dell’opposizione.

4.1. E’ alla luce di questi principi che può tornarsi ad esaminare il caso di specie.

Il vizio denunciato dal ricorrente (sopravvenuta inefficacia del pignoramento, per tardiva rinnovazione della trascrizione) si è verificato il 4.7.2010.

Si trattava d’un vizio ad effetti permanenti, e destinato perciò a ripercuotersi sui successivi atti della procedura.

Tale vizio si è verificato durante la fase della vendita: infatti il provvedimento di autorizzazione alla vendita venne adottato il 22.7.2008, mentre l’aggiudicazione ebbe luogo il 21.9.2010, ed il decreto di trasferimento fu emesso il 14.12.2010.

L’odierno ricorrente, tuttavia, non ha tempestivamente impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi, nè il provvedimento di aggiudicazione, nè il decreto di trasferimento. Il ricorso introduttivo della fase sommaria dell’opposizione oggi all’esame di questa Corte, infatti, come detto è stato depositato il 30.6.2011, mentre la fase di merito è stata introdotta con atto notificato il 21.10.2011.

Da quanto esposto consegue che:

(a) l’opposizione proposta da B.U. in data 30.6.2011, in ogni suo aspetto, costituisce una opposizione agli atti esecutivi, e come tale va qualificata;

(b) in quanto tale, essa andava proposta nel termine di venti giorni dalla data dell’aggiudicazione, che come detto risale al 21.9.2010.

Quell’opposizione, dunque fu tardiva; la tardività può essere rilevata anche in questa sede; conseguentemente la sentenza impugnata, pur avendo adottato una motivazione erronea, fu corretta nel dispositivo, e nei termini che precedono deve perciò ritenersi emendata la motivazione.

5. Il rilievo officioso in sede di legittimità.

5.1. Detto delle ragioni per le quali l’opposizione proposta da B.U. andava qualificata come opposizione agli atti esecutivi e fu tardiva, resta da dire delle ragioni per le quali questo vizio può e deve essere rilevato in questa sede.

5.2. Il rispetto del termine fissato dalla legge a pena di decadenza per l’introduzione d’un giudizio è una c.d. “questione fondante” del diritto all’azione.

Le “questioni fondanti” dell’azione, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, possono e debbono sempre essere rilevate d’ufficio, a meno che non siano state espressamente esaminate e decise dal giudice di merito con statuizione non impugnata (in tal senso, in particolare, Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008, Rv. 604949 01; con riferimento alla decadenza ex art. 617 c.p.c., nel medesimo senso, Sez. 3, Sentenza n. 16780 del 13/08/2015, Rv. 636435 – 01), il che non è avvenuto nel caso di specie. Infatti il Tribunale e la Corte d’appello qualificarono de plano l’opposizione proposta da B.U. come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., senza risolvere alcuna controversia sul punto.

5.3. In secondo luogo, la circostanza che il giudice di primo grado, errando, abbia qualificato come “opposizione all’esecuzione” quella proposta da B.U., è circostanza che, in virtù del principio dell’apparenza, ha consentito la proposizione dell’appello (altrimenti inammissibile), ma non impedisce a questa Corte di qualificare correttamente la domanda (Sez. 3, Sentenza n. 21683 del 13/10/2009, Rv. 610565 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3400 del 08/03/2001, Rv. 544593 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7929 del 23/08/1997, Rv. 507044 – 01), e di rilevarne quindi la tardività.

5.4. Infine, va ricordato che spetta a colui il quale proponga un’opposizione agli atti esecutivi apparentemente tardiva dedurre e dimostrare la diversa data in cui ha avuto effettiva conoscenza dell’atto che ha inteso impugnare: deduzione e dimostrazione che, nel caso di specie, sono ambedue mancate.

5.5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, in applicazione dei seguenti principi di diritto:

(a) è consentito in sede di legittimità rilevare d’ufficio la tardività dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., nel caso in cui il giudice di merito, errando, abbia qualificato de plano la domanda come opposizione all’esecuzione, senza che tale questione abbia formato oggetto di discussione tra le parti o di statuizioni ad hoc nelle

sentenze di primo e secondo grado; 4,e

(b) la sopravvenuta inefficacia del pignoramento immobiliare, anteriore al decreto di trasferimento, non travolge l’efficacia di quest’ultimo, se la nullità degli atti compiuti dopo la perenzione del pignoramento non sia stata fatta valere nei previsti modi (cioè l’opposizione agli atti esecutivi) e nei debiti tempi (cioè al più tardi impugnando l’atto conclusivo della fase processuale nella quale il suddetto vizio si sia verificato).

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

-) dichiara inammissibile il ricorso;

-) condanna B.U. alla rifusione in favore di Ice Snei s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2, comma 2;

-) condanna B.U. alla rifusione in favore di D.M.C., C.P. ed C.E., in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie exD.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2, comma 2, importi tutti che si distraggono in favore dell’avv. Sorvillo Antonio Tommaso, il quale ha dichiarato ex art. 93 c.p.c., comma 1, di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di B.U. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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