Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21863 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 20/09/2017, (ud. 28/04/2017, dep.20/09/2017),  n. 21863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28193/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.M.G. C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

ALLOCCA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO

TOMA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 64/2011 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ.

DIST. DI SASSARI, depositata il 11/02/2011 R.G.N. 247/2010.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 26.1.2011 la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari ha confermato la sentenza del Tribunale di Sassari nella parte in cui aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto intercorso tra Poste Italiane s.p.a. e B.M.G. per il periodo 1.7.2002 – 30.9.2002 la cui causale stabiliva “..esigenze tecniche organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie dovute a tutto il personale per il periodo estivo”.

Che la corte di merito ha riformato la sentenza parzialmente solo con riferimento alla condanna risarcitoria, applicando la nuova normativa di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, liquidando 2,5 mensilità di risarcimento danni.

Che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società Poste, affidato a cinque motivi, cui ha resistito la B. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il ricorso la società ricorrente lamenta:

1) La violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4, artt. 1362,1325 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito ritenuto che la causale non fosse caratterizzata da specificità, non applicandosi l’ipotesi di cui all’art. 25 del CCNL 2001, ma solo la disciplina legislativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, con conseguente onere della datrice di lavoro di provare le ragioni oggettive legittimanti il termine. Secondo la ricorrente invece la causale sarebbe stata caratterizzata da specificità, con riferimento alla individuazione per relationem delle ragioni giustificatrici, contenute negli accordi collettivi richiamati.

2) L’omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere la corte territoriale ritenuto la ammissibilità e la rilevanza del capitolo di prova n. 11 della memoria di costituzione circa i processi di riorganizzazione comportanti carenza di organico, circostanze decisive per offrire la prova del processo di riposizionamento del personale sul territorio e quindi della necessità dell’assunzione a termine.

3) Ancora l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte di merito ritenuto l’idoneità della analitica indicazione dei numerosi accordi fatta nella causale del contratto, che costituivano a dire della società ricorrente elemento sufficiente di specificazione degli attuandi e futuri processi di mobilità del personale.

4) Violazione a falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4, comma 2, artt. 1362 e 1325 c.c., per a vere la corte territoriale ritenuto anche la genericità della causale relativa alle ragioni di carattere sostitutivo.

5) La violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, dell’art. 2697 c.c., in relazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte ritenuto che spettasse alla datrice di lavoro l’onere di provare le ragioni oggettive legittimanti il termine, mentre tale onere sarebbe imposto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, solo in caso di proroga del contratto, come previsto dall’art. 4, comma 2 del citato decreto. Sarebbe quindi onere del lavoratore, in base all’art. 2967 c.c., provare la pretestuosità dell’assunzione.

Che i motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

che infatti l’apposizione di un termine al contratto di lavoro è consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, le quali devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, e che ben possono risultare anche per relationem; ciò, impone tuttavia al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, come anche la loro immodificabilità nel corso del rapporto, le circostanze che caratterizzano una determinata attività e che rendono la prestazione a tempo determinato conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, così che sia evidente la specifica correlazione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa deve soddisfare per mezzo del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con essa.

Che spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, ove adeguatamente motivata e priva di vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate nel contratto di assunzione, inclusi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nella causale del contratto.

Nel caso in esame, diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente, la corte territoriale ha correttamente applicato il suddetto principio allorquando ha affermato che nella fattispecie non risultava essere stato assolto l’obbligo di specificazione delle ragioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, atteso che la causale del contratto stipulato con la lavoratrice in realtà riproduceva in modo ripetitivo la formulazione di cui alla fattispecie contemplata nell’art. 25 del CCNL del 2001, che peraltro non si sarebbe potuta applicare ai sensi del D.Lgs. n. 368 citato, art. 11, comma 2, per essere l’efficacia di tale disciplina collettiva cessata il 31.1.2001. La Corte di merito ha quindi evidenziato come la causale nulla spiegava in ordine al nesso causale delle generiche ragioni indicate con le mansioni per il cui espletamento la B. era stata assunta. In particolare gli accordi sindacali richiamati non erano di per sè idonei a giustificare la mancata specificazione dei motivi con inerenza alla singola assunzione e che, in ogni caso, era mancata la prova di una specifica causale negoziale (cfr. sul punto tra le tante, Cass. 27/4/2010 n. 10033, Cass. 19/03/2016 n. 5451), attesa l’inidoneità dei mezzi istruttori dedotti a fornire tale prova, con riferimento sia alla prova testimoniale, sia a quella documentale costituita gli accordi collettivi trascritti in ricorso.

Che tale genericità si riscontra anche nella parte della causale riferita alle ragioni sostitutive, non costituendo la sola espressione in essa contenuta (necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute al personale nel periodo estivo) un’indicazione circostanziata e puntuale degli elementi che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle sue esigenze, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato della lavoratrice, senza che vi sia la precisazione del luogo di svolgimento della prestazione e delle mansioni del personale da sostituire (cfr. Cass. 208/2015).

Che il ricorso va quindi respinto, con condanna della società ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese del presente grado, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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