Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21861 del 15/10/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21861 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 8273-2013 proposto da:
ALMONTE ELENA I_,MNNLE39R50H224U) elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA TUNISI 14, presso lo studio dell’avvocato
BARILLA’ SANTO, che la rappresenta e difende, giusta mandato a

Data pubblicazione: 15/10/2014

margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

4’1

,

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;
– controficorrente avverso il decreto nel procedimento R.G. 1590/2011 della CORTE

04/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Santo Barillà che ha chiesto
raccoglimento del ricorso.
Rilevato in fatto
1. – Con ricorso depositato in data 3 novembre 2010 Elena Almonte si
è rivolta alla Corte d’appello di Catanzaro lamentando la irragionevole
durata di un giudizio instaurato innanzi al TAR della Calabria, sez. dist.
di Reggio Calabria, con ricorso notificato il 22 settembre 1994, e
deciso con sentenza depositata il 7 aprile 2010.
2. — La Corte adita, con decreto depositato il 4 ottobre 2012, ha
rigettato la domanda rilevando la mancanza di un pregiudizio
apprezzabile per essere gli interessi in giuoco di scarso rilievo. Ha
osservato al riguardo il giudice di merito che il procedimento a quo era
stato introdotto per la somma di euro 200,00.
A tale rilievo si è aggiunto il disinteresse dimostrato dalla ricorrente,
che ha provocato la perenzione del giudizio.
3. — Per la cassazione di tale decreto ricorre la Almonte sulla base di
due motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con
controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Considerato in diritto
Ric. 2013 n. 08273 sez. M2 – ud. 21-02-2014
-2-

D’APPELLO di CATANZARO del 26.6.2012, depositato il

1. – Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma
semplificata.
2. — Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6 par. 1 CEDU, con
particolare riferimento alla dichiarata rilevanza della entità della posta

la ricorrente che il diritto all’equa riparazione spetta a tutte le parti del
processo, indipendentemente dal valore o dall’importanza del giudizio,
salvo che l’esito del processo presupposto abbia un indiretto riflesso
sulla identificazione del pregiudizio sofferto dalla parte in conseguenza
della eccessiva durata della causa, come accade quando risulti che il
soccombente abbia promosso una lite temeraria, situazione che va
provata dalla parte che la eccepisce.
3. – La censura è infondata. Come già chiarito da questa Corte, ai sensi
dell’art. 12 del Protocollo n. 14 alla CEDU, la soglia minima di gravità,
al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel
duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicché dall’ambito
di tutela della legge 24 marzo 2001, n. 89, restano escluse sia le
violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sé non
significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a
giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in
gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (v. Cass.,
sent. n. 633 del 2014).
4. — Resta assorbito dal rigetto del primo motivo, con conseguente
conferma della inaccoglibilità della domanda di equa riparazione,
l’esame del secondo motivo, attinente ai criteri comunque indicati dal
decreto impugnato per la determinazione della durata del processo
presupposto.

Ric. 2013 n. 08273 sez. M2 – ud. 21-02-2014
-3-

in giuoco ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento. Sostiene

4

4

5. — Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nella peculiarità
della questione sottoposta all’esame della Corte le ragioni della
compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio.
Poiché il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento
del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui
al comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico approvato con il d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensare tra le
parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2014.

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