Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21860 del 30/08/2019

Cassazione civile sez. III, 30/08/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 30/08/2019), n.21860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25310-2015 proposto da:

REMA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEVERE 44, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI, rappresentata e difesa

dagli avvocati GIORGIO BRESSAN, GIUSEPPE SBISA’;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA in persona del Curatore Dott. F.P.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 40, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO BISCOTTO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO GUGLIELMUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 449/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 29/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso con

rinvio alla C.A.;

udito l’Avvocato ENRICO GUGLIELMUCCI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2010, il Fallimento (OMISSIS) S.p.a. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Pordenone la Rea S.r.l. (già San Lorenzo S.r.l.), per sentir dichiarare inefficaci, ai sensi dell’art. 2901 c.c., gli atti di compravendita datati 28.6.2007 e 7.8.2007, con i quali la società convenuta aveva acquistato due immobili dalla (OMISSIS) S.p.a..

Il curatore esponeva che la (OMISSIS), dichiarata fallita il 17.10.2008, avendo registrato una riduzione del volume di affari e persistenti perdite di esercizio, aveva dato mandato alla Bain & Company Italy Inc., conferendole mandato per l’elaborazione di un piano di riassetto organizzativo ed industriale che prevedeva, tra l’altro, la concessione di un finanziamento da parte di sei istituti di credito; che, in attesa di tale finanziamento, la predetta società aveva alienato alla San Lorenzo i suddetti immobili; che tali atti avevano arrecato pregiudizi al ceto creditorio.

Si costituì la Rema S.r.l. chiedendo il rigetto della domanda deducendo che gli atti oggetto della domanda non avevano arrecato alcun pregiudizio alle ragioni dei creditori e che il Fallimento avrebbe dovuto provare la dolosa preordinazione dei medesimi atti ad arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori. In ogni caso, la società convenuta chiese l’esenzione ex art. 2901 c.c., comma 3, deducendo che le somme ottenute dalla vendita erano state impiegate per soddisfare debiti societari.

Il Tribunale di Pordenone, con la sentenza n. 492/2014, in accoglimento della domanda attorea, dichiarò inefficaci nei confronti del Fallimento gli atti di compravendita in esame.

Il primo giudice, in particolare, ha affermato:

– che la circostanza dell’esistenza di crediti anteriori al compimento degli atti di disposizione, allegata nell’atto di citazione del Fallimento, non è stata contestata tempestivamente dalla convenuta, dovendosi ritenere quindi provata ex art. 115 c.p.c.;

– che la convenuta non aveva allegato nulla in ordine alla capienza residua del patrimonio della (OMISSIS) a seguito dell’atto di disposizione e della idoneità dello stesso a soddisfare le ragioni del ceto creditorio e che, d’altra parte, il CTU aveva accertato la sostanziale impossibilità di stimare il valore di realizzo dei beni residui;

– che erano irrilevanti le deduzioni circa la congruità del prezzo di vendita degli immobili, atteso che la dismissione di beni immobili integra comunque un pregiudizio per le ragioni dei creditori, attesa la natura facilmente distraibile del denaro ricavato dalla cessione;

– che al fine di reputare sussistente il requisito della scientia damni non è richiesta la prova dell’intenzione, in capo al debitore e ai terzi, di recare pregiudizio alle ragioni dei creditori, quanto piuttosto la consapevolezza del fatto che l’atto di dismissione può recare tale pregiudizio e che, nel caso, tale presupposto era desumibile in via presuntiva dal fatto che vi era sostanziale identità fra la compagine sociale e l’organo amministrativo della (OMISSIS) e della San Lorenzo;

– che la convenuta non aveva provato la strumentalità necessaria dell’alienazione del bene al reperimento della liquidità occorrente all’adempimento di un proprio debito, presupposto per l’operatività dell’esenzione di cui all’art. 2901 c.c., comma 3 ma si era limitata ad affermare genericamente che il ricavato della vendita era destinato al pagamento di debiti pregressi, mentre il CTU aveva appurato di non essere in grado di accertare le modalità di utilizzo della provvista ricavata dalla vendita.

2. La Corte d’Appello di Trieste, con la sentenza n. 449/2015 del 29 giugno 2015, ha dichiarato inammissibile ex art. 342 c.p.c. l’appello proposto dalla Rema S.r.l. e per l’effetto ha confermato integralmente la suddetta decisione.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione la Rema S.r.l., sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.

3.1. Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS) S.p.a.. Ha depositato anche memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. La società ricorrente lamenta la “falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 342 c.p.c.”.

Rema S.r.l., nel proprio atto di impugnazione, avrebbe seguito l’ordine logico fatto proprio dal Giudice di primo grado, confutando punto per punto le ragioni poste a fondamento della decisione adottata.

Infatti, nell’atto di citazione in appello avrebbe contestato che il Fallimento avesse documentato l’esistenza di crediti anteriori ai due atti di disposizione contestati, poi ammessi al passivo.

Inoltre, avrebbe censurato la sentenza in ordine alla mancanza di prova in ordine alla capienza residua del patrimonio, deducendo che le risultanze della CTU avrebbero invece evidenziato che la società fallita, nonostante gli atti di disposizione posti in essere aveva un patrimonio tale da soddisfare le ragioni dei creditori esistenti. Sul punto, peraltro, la Corte di Appello sarebbe entrata nel merito, affermando che la decisione di primo grado non sarebbe inficiata dal fatto che secondo il CTU la situazione debitoria della (OMISSIS) al 30.6.2007 era inferiore al valore dei beni residui.

Rema S.r.l. avrebbe poi censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la consapevolezza del pregiudizio in capo alla società poi fallita, deducendo che il CTU aveva espressamente negato l’esistenza di un deficit patrimoniale alla data degli atti e che non era chiaro perchè il Tribunale non avesse dato rilevanza a tale argomentazione, ritenendo che la stessa “prova troppo”.

Infine, la ricorrente avrebbe censurato la sentenza laddove aveva escluso l’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 2901 c.c., comma 3, evidenziando che dalle risultanze della CTU e dai documenti prodotti in causa risultava provato che gli incassi derivanti dagli atti in contestazione erano stati utilizzati dalla (OMISSIS) per il pagamento dei propri debiti pregressi.

5. Il motivo è fondato.

Sulla questione della specificità dei motivi sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata Cass. S.U. n. 27199/2017; Cass. n. 13535/2018).

Pertanto, sulla base di tale orientamento il ricorso appare pertanto fondato. Di conseguenza, va disposto il rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Trieste, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Trieste.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2019

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