Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21860 del 15/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21860 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

sentenza
in forma semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

SGARANO Giovanni, rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Ennio Cerio e Giovanni Romano, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo
in Roma, via Valadier, n. 43;

ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– contrari corrente –

Data pubblicazione: 15/10/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia in data 6
giugno 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 settembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alber-

udito l’Avv. Giovanni Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

curatore Generale dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto in
data 6 giugno 2013, ha rigettato il ricorso per equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato
1’11 luglio 2011 da Giovanni Sgarano per l’eccessiva durata di
un processo amministrativo, rilevando che il processo presupposto era ancora in corso dinanzi al TAR alla data del 16 settembre 2010 e che la parte non aveva presentato l’istanza di
prelievo, richiesta dall’art. 54 del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito nella legge 7 agosto 2008, n. 133,
nel testo modificato dal d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, con decorrenza, appunto, dal 16 settembre 2010;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello lo
Sgarano ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 gennaio
2014, sulla base di un motivo;
che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

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to Giusti;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 6, par. l, e 13 della CEDU, dell’art. 2 della legge

legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come innovato dall’art. 3,
comma 23, dell’Allegato A al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e
contestuale questione di legittimità costituzionale del citato
art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 133 del 2008, per contrasto con l’art. 117 Cost. ed in relazione agli artt. 6, par.
l, e 13 della CEDU) si sostiene che le modifiche all’art. 54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 introdotte dal codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010) esplicano i loro effetti soltanto a partire dall’8 dicembre
2011, ovvero dalla data di entrata in vigore del correttivo al
codice del processo amministrativo (d.lgs. 15 novembre 2011,
n. 195), che ha chiarito l’intenzione del legislatore di rendere l’istanza di prelievo non solo un atto propedeutico
all’azione di equa riparazione per i giudizi amministrativi,
ma anche “il momento dal quale iniziare a rivendicare tale diritto”, con la conseguenza che per i ricorsi, come quello di
specie, depositati anteriormente a tale data sarebbe applicabile il testo iniziale del citato art. 54, comma 2;

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24 marzo 2001, n., 89, dell’art. 54, comma 2, del decreto-

che, in sostanza, l’omessa presentazione dell’istanza di
prelievo non determinerebbe la vanificazione del diritto
all’equa riparazione per l’irragionevOle durata del processo
amministrativo con riferimento al periodo precedente al 25

che, in via subordinata, il ricorrente solleva questione di
legittimità costituzionale, perché la modifica introdotta con
l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo,
ove applicabile, svuoterebbe di ogni effettività il rimedio
della legge “Pinto”, rimedio introdotto proprio per far valere
in sede nazionale le violazioni dell’art. 6, par. l, della
Convenzione, così come interpretato dalla giurisprudenza della
Corte di Strasburgo;
che il motivo è infondato;
che — quanto al quadro normativo di riferimento — deve precisarsi quanto segue: a) l’art. 54, comma 2, del decreto legge
25 giugno 2008, n. 112 – in vigore dal 25 giugno 2008 (art.
85) -, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. l,
comma l, della legge 6 agosto 2008, n. 133 – in vigore dal 22
agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: «La
domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio
dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma l, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo coma dell’articolo 51
del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antece-

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giugno 2008;

denti alla scadenza dei termini di durata di cui all’art. 4,
comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge,
sono state apportate all’art. 54 le seguenti modifiche: «al
comma 2, dopo le parole “articolo 2, comma l” sono inserite le

sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di
cui all’art. 4, comma 1-ter,

lettera b)” sono soppresse»; c)

conseguentemente, il testo definitivo dell’art. 54, comma 2,
del d.l. n. 112 del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma l, della legge 24 marzo 2001, n.
89, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo
comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n.
642»; d) successivamente, l’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4
al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 – in vigore dal 16 settembre
2010 -, ha stabilito che, all’art. 54, comma 2, del d.l. n.
112 del 2008, «le parole “un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642”
sono sostituite dalle seguenti: “l’istanza di prelievo di cui
all’articolo 81, comma l, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione”»; e) ancora successivamente, l’art. l, comma 3, lettera
a), numero 6), del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (Disposi-

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seguenti: “della legge 24 marzo 2001, n. 89” e le parole “nei

zioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo,
a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009,
n. 69) – in vigore dall’S dicembre 2011 -, ha disposto che:

seguenti “71, comma 2″»; f) conclusivamente, la disposizione
dell’art. 54, comma 2, del d. l. n. 112 del 2008 – in vigore
dal 16 settembre 2010 – risulta del seguente testuale tenore:
“La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma l, della
legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza
di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del
processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore
alla sua presentazione”»;
che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, è
del tutto evidente che in base al principio
tum: 1)

tempus regit ac-

ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far

data dal 25 giugno 2008, si applica l’art. 54, comma 2, del
d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa
riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma l, della

legge 24 marzo 2001, n.

89, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo
comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n.

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«al comma 23, le parole “81, comma l” sono sostituite dalle

642»; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far
data dal 16 settembre 2010, si applica – invece – l’art. 54,
coma 2, dello stesso d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo:
«La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giu-

sersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della
legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza
di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del
processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore
alla sua presentazione»;
che alla fattispecie in esame – concernente una domanda di
equa riparazione relativa ad un giudizio amministrativo ancora
pendente alla data del 16 settembre 2010 – è applicabile
l’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 nel testo dianzi
riprodotto sub 2), vale a dire nel testo successivo alle modifiche introdotte dal codice del processo amministrativo;
che il giudice a guo si è, quindi, attenuto al principio
secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, ai sensi dell’art. 54, comma
2, del d.l. n. 112 del 2008, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010, nei giudizi
pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione
dell’istanza di prelievo condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore alla presentazione medesima (Cass. n. 3740 del 2013);

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dizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume es-

che non valgono ad indurre a conclusioni differenti le argomentazioni svolte dalla difesa del ricorrente, secondo cui,
posto che il testo dell’art. 54, comma 2, come vigente alla
data del 16 settembre conteneva un errore nella individuazione

re è stato corretto dal citato d.lgs. n. 195 del 2011, pubblicato nella G.U. del 23 novembre 2011, prima della entrata in
vigore di tale ultima disposizione correttiva non si sarebbe
potuto verificare l’effetto previsto dall’art. 54, comma 2,
del d.l. n. 112 del 2008, come modificato dall’Ali. 4 al
d.lgs. n. 104 del 2010, con la conseguenza che avrebbe errato
la Corte d’appello nel dichiarare improponibile il ricorso;
che, invero, pur condividendosi l’assunto del ricorrente,
secondo cui il rapporto tra le disposizioni del decreto legislativo e quelle del decreto correttivo va disciplinato in base alle disposizioni sulla legge in generale e che, quindi,
deve escludersi la naturale retroattività della disposizione
correttiva (in generale, in tal senso, v. Cass., S.U., n.
11631 del 2002; Cass., S.U., n. 19388 del 2003), deve tuttavia

della disposizione normativa richiamata e posto che tale erro-

rilevarsi che la formulazione dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dall’Ali. 4 al
d.lgs. n. 104 del 2010, in vigore dal 16 settembre 2010, è di
per sé sufficientemente chiara e tale da non indurre dubbi in
ordine a quale fosse la volontà del legislatore delegato (così
Cass. n. 19476 del 2014);

8

°LL\

che dal tenore letterale della disposizione («La domanda di
equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al
giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la
violazione di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 24 mar-

di cui all’articolo 81, comma l, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»), infatti, emerge chiaramente, anche dal collegamento con il previgente testo dell’art. 54, comma 2, caratterizzato dal riferimento al secondo comma dell’art. 51 del r.d.
n. 642 del 1907, che ciò a cui il legislatore ha attribuito
rilievo decisivo è la presentazione della istanza di prelievo;
che il riferimento alla istanza di prelievo

“di

cui

all’articolo 81, coma l, del codice del processo amministrativo”, contenuto nella versione dell’art. 54, comma 2, del
d.l. n. 112 del 2008, dunque, risultava già di per sé univoco
nel senso che ciò che aveva rilievo, ai fini della proponibilità della domanda di equa riparazione di cui alla legge n. 89
del 2001, era la istanza di prelievo e che il riferimento
all’art. 81, comma l, del codice del processo amministrativo
in tema di perenzione, era chiaramente riferibile ad un errore
nella individuazione della disposizione del codice del processo amministrativo concernente la istanza di prelievo, inidoneo
tuttavia ad indurre incertezze su quale fosse l’atto di mi-

zo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo

ziativa processuale previsto come condizione di proponibilità
della domanda di equa riparazione;
che, infatti, da un lato, l’art. 81, comma l, dispone che
«Il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non

dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 71, coma
l, e finché non si sia provveduto su di essa, salvo quanto
previsto dall’articolo 82»; dall’altro, l’art. 71, comma 1,
stabilisce che «La fissazione dell’udienza di discussione deve
essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non
revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno
dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal
ruolo», laddove il comma 2 del medesimo articolo stabilisce
che «La parte può segnalare l’urgenza del ricorso depositando
-istanza di prelievo»;
che, dunque, sin dalla data della entrata in vigore del
d.lgs. n. 104 del 2010 (16 settembre 2010) era chiaro che la
domanda di equa riparazione per la irragionevole durata dei
giudizi amministrativi pendenti a quella data era subordinata
alla presentazione della istanza di prelievo, non incidendo
sulla identificazione della stessa la erronea individuazione
della sede normativa della sua previsione (Cass. n. 19476 del
2014, cit.);
che, del resto, nel ricostruire il quadro normativo concernente il rapporto tra istanza di prelievo e domanda di equa

sia compiuto alcun atto di procedura. Il termine non decorre

riparazione concernente giudizi amministrativi, questa Corte,
nella sentenza n. 2106 del 2013, ha rilevato conclusivamente
che «ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data
dal 16 settembre 2010, si applica – invece – l’art. 54, comma

domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio
dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma l, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo
amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua
presentazione”», con ciò implicitamente riconoscendo la piana
lettura della disposizione in esame sin dalla data della sua
entrata in vigore;
che, dunque, deve escludersi che, nella specie, la Corte
d’appello abbia applicato retroattivamente la disposizione
correttiva, avendo invece valorizzato, quale condizione di
proponibilità della domanda di equa riparazione, la esplicita
previsione della necessaria presentazione della istanza di

2, dello stesso d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: “La

prelievo, come disposto dall’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112
del 2008, nel testo introdotto dall’Ali. 4 del d.lgs. n. 104
del 2010;
che non può neanche dubitarsi della legittimità costituzionale della detta disposizione, avendo questa Corte già avuto
modo di dichiarare manifestamente infondata la questione di

dl*

legittimità costituzionale – sollevata in riferimento agli
artt. 24 e 111 Cost. – dell’art. 54, comma secondo, del d.l.
25 giugno 2008, n. 112, come modificato dall’art. 3, comma 23,
dell’allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, che, per i

presentazione dell’istanza di prelievo come condizione di proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo
anteriore alla presentazione, dal momento che l’istanza medesima manifesta l’interesse della parte ad una rapida definizione della domanda di giustizia e la norma in questione non
determina irragionevoli disparità di trattamento, né lesione
alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa (Cass. n. 26262 del 2013);
che del pari manifestamente infondata appare la questione
con riferimento all’art. 3 Cost., atteso che il criterio di
discrimine nella applicazione di diverse discipline normative
basato su dati cronologici non può dirsi, a meno che non sia
affetto da manifesta arbitrarietà intrinseca, fonte di ingiustificata disparità di trattamento, poiché lo stesso naturale
fluire del tempo è valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche (Corte cost. ord. n. 49 del 2012; sent. n.
273 del 2011);
che neanche può ritenersi non manifestamente infondata la
questione con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in
relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, atteso che non è la

giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010, qualifica la

previsione normativa della necessaria manifestazione di interesse alla prosecuzione del giudizio amministrativo, nella
specifica forma della istanza di prelievo, quale condizione di
proponibilità della domanda di equa riparazione della irragio-

diniego di accesso alla tutela indennitaria – trattandosi di
prescrizione del tutto coerente con la finalità di far sì che
la allegata sofferenza per la irragionevole durata di un giudizio trovi un proprio sicuro riscontro nell’attivazione degli
strumenti sollecitatori ai quali l’ordinamento processuale amministrativo consente di fare ricorso – ma la mancata attivazione di detti strumenti, come delineati, non irragionevolmente, dal legislatore (Cass. n. 19476 del 2014, cit.);
che, in conclusione, poiché il processo amministrativo era
ancora in corso alla data del 16 settembre 2010, non si è verificata alcuna applicazione retroattiva della nuova disciplina che prevede, per i processi amministrativi pendenti, la
presentazione dell’istanza di prelievo, manifestante
l’interesse della parte ad una rapida definizione della domanda di giustizia, come condizione di procedibilità della richiesta di equa riparazione per il ritardo occorso nel processo presupposto;
che il ricorso deve essere quindi rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza;

nevole durata di un giudizio amministrativo, a determinare il

che, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento
in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al
comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico approvato con il

17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pa-

gamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
euro 500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 settem-

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. l, comma

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