Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2186 del 27/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2017, (ud. 19/07/2016, dep.27/01/2017), n. 2186
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15017-2015 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.A.P., F.M.G. elettivamente
domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36A, presso lo studio
dell’avvocato MANUELA D’URSO, rappresentati e difesi dall’avvocato
FRANCO DORE, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso il decreto N. 62453/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
28/04/2014, depositato il 11/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/07/2016 dal Consigliere Dott. Relatore MILENA FALASCHI;
udito l’Avvocato Fabio Pisani per delega verbale dell’Avvocato Franco
Dorè difensore dei resistenti che si riporta agli scritti.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.M.G. e D.A.P., con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Roma in data 23 dicembre 2010, chiedevano la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio ereditario introdotto dinanzi al Tribunale di Sassari con atto di citazione notificato il 9.12.1986, definito in primo grado con sentenza pubblicata il 27.03.2001, avverso la quale è stata proposta impugnazione, con atto notificato il 30.04.2002, conclusasi con sentenza depositata il 30 marzo 2009, non notificata.
L’adita Corte d’appello accoglieva la domanda ritenendo che il giudizio avesse avuto una durata irragionevole di diciotto anni, liquidava, in favore di ciascuno dei ricorrenti, un indennizzo per la complessiva somma di Euro 17.250,00, facendo applicazione del criterio di Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per ciascuno degli anni successivi.
Per la cassazione di questo decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, resistito dalla F. e dal D..
In prossimità della pubblica udienza l’Amministrazione ha depositato memoria illustrativa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo (violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4) l’Amministrazione ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che al termine semestrale per la proposizione del procedimento di cui alla L. n. 89 del 2001 sia applicabile la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969.
Il ricorso è infondato, alla luce del principio, di recente ribadito da questa Corte, per cui “poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1 prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo” (Cass. n. 5423 del 2016).
Nè tanto meno appare pertinente il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 16783 del 2012, invocata dall’Amministrazione ricorrente, che ha escluso la decorrenza del termine ordinario di prescrizione per effetto dell’espressa previsione del termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda d’equa riparazione, che non consente di dedurre alcunchè sulla diversa e del tutto autonoma questione in oggetto.
Dunque il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.
Non si deve, infine, far luogo alla dichiarazione di cui al testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, oltre a trattarsi di ipotesi d’impugnazione della amministrazione pubblica (cfr Cass. SS.UU. n. 9938 del 2014).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500,00 per compensi, oltre agli accessori di legge e alle spese forfetarie.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte di Cassazione, il 19 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017