Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21857 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/10/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 20/10/2011), n.21857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato BONITO GIUSEPPINA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SARCONE VINCENZO, giusta mandato

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2355/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

26.5.09, depositata il 04/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta

agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. DESTRO Carlo

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso al Tribunale di Foggia D.L., operaia agricola, aveva convenuto in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione dell’anno 2003; premesso infatti che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale e quindi sul salario reale del periodo considerato, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

Il giudice di primo grado aveva respinto la domanda, rilevando che nella determinazione del salario reale andava esclusa la voce “quota di t.f.r.” e che conseguentemente il salario reale era risultato inferiore a quello convenzionale.

La domanda è stata invece accolta dalla Corte d’appello di Bari, con sentenza depositata il 4 giugno 2009.

Avverso detta sentenza l’Inps ha notificato in data 31 maggio – 1 giugno 2010 ricorso per cassazione con un unico motivo.

Col ricorso l’Istituto, lamentando la violazione degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) nonchè in relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11 censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

L’intimata si è difesa con rituale controricorso.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg. con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere accolto.

Va anzitutto respinta la deduzione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla difesa della controricorrente sulla base dell’assunto della tardi vita dello stesso sia in quanto notificato ben oltre il termine “breve” di sessanta giorni dalla notifica della sentenza impugnata, che sarebbe avvenuta in data 2 novembre 2009 al procuratore costituito e il 28 ottobre al legale rappresentante dell’ente, sia in quanto notificato a mezzo posta il 5 giugno 2010 oltre il termine “lungo” di un anno.

In proposito, si rileva in primo luogo che il ricorso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 31 maggio 2010, che l’ufficiale giudiziario lo ha spedito a mezzo servizio postale il successivo 1 giugno e il relativo plico è stato ricevuto dal destinatario il 5 giugno 2010.

Poichè, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., comma 3, “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, a momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario” e quindi nel caso in esame il 31 maggio 2010, il termine lungo di un anno stabilito dall’art. 327 c.p.c., comma 1 (nel testo vigente prima della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009) è stato rispettato dall’INPS. Inoltre, a norma dell’art. 330 c.p.c., comma 1, le notifiche della sentenza impugnata avvenute in data 28 ottobre al legale rappresentante dell’ente e in data 2 novembre 2009 all’avv. D. Longo (in Corso del Mezzogiorno) non sono utili ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, in quanto sono state effettuate in luogo diverso da quello di elezione di domicilio, operata dall’INPS presso il proprio difensore Cosimo Punzi, avvocatura distrettuale dell’ente in Bari, via Putigliani 108.

Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio:

“Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 – per cui ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre, a confronto con il salario medio convenzionale D.LGS. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 non è comprensiva del trattamento di fine rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della adunanza in camera di consiglio per il giorno 22 giugno 2011.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, accogliendo pertanto il ricorso. La sentenza impugnata va pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, col rigetto dell’originaria richiesta della D.B..

Essendo intervenuto, successivamente alla data dell’adunanza in camera di consiglio, il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, contenente all’art. 18, comma 18, una norma di interpretazione autentica del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 14 il collegio è stato riconvocato per la data del 28 settembre 2011 ed ha confermato in tale sede il contenuto sostanziale della decisione, compensando peraltro integralmente le spese dell’intero processo.

La norma di legge citata, infatti, ha definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella materia, con lo stabilire che il D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4 si interpreta nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda della D.B., compensando integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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