Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21855 del 20/10/2011
Cassazione civile sez. trib., 20/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 20/10/2011), n.21855
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.A., nella qualità di legale rappresentante della SNC
LINEA ECOLOGICA MANGIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
OTTAVIANO 66, presso lo studio dell’avvocato PASCUCCI ORESTE,
rappresentato e difeso dall’avvocato BONAVENTURA FRANCHINO giusta
procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 440/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 13/06/08,
depositata il 30/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili;
Sezione Tributaria;
RELAZIONE AI SENSI DELL’ART. 380 bis c.p.c., sulla causa n. 21536/2009: Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, Osserva:
La “LEM snc di Pietro e Mario Mangia” propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Latina n. 440-40-2008, depositata il 30.6.2008, con la quale – in controversia concernente impugnazione di cartella di pagamento per IVA – IRPEF – IRAP per l’anno 2000- è stato disatteso l’appello proposto dalla medesima società avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto integralmente il ricorso della parte contribuente.
La sentenza impugnata ha ritenuto infondata l’eccezione di difetto di motivazione della cartella ed ha evidenziato che -a fronte del legittimo recupero effettuato dall’Amministrazione, la presentazione dell’istanza di condono da parte della società non poteva avere “sanato l’omissione prevista esplicitamente dalla norma” del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7.
La società contribuente ha proposto ricorso affidandolo a tre motivi.
L’Agenzia si è costituita con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Tutti i motivi di ricorso appaiono infatti inammissibili.
Il primo – rubricato come “Violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, lett. C, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” – perchè non rispettoso del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, il motivo è fondato sull’assunto che la istanza di condono proposta dalla società fosse stata compilata ai sensi della cit. Legge, art. 9, comma 14 e non ai sensi dell’art. 7 della legge stessa, senza che nulla sia detto a proposito dell’effettivo contenuto dell’istanza in questione e senza che ne sia stata depositata in giudizio la copia.
Il secondo ed il terzo motivo (informati alla tipologia del vizio di motivazione) non fanno alcun riferimento all’indefettibile “fatto controverso” che sarebbe stato oggetto di insufficiente o contraddittorio esame da parte del giudicante, sicchè la censura rivolta alla modalità sintetica dell’espressione del convincimento del giudicante di merito appare frustranea e del tutto inefficace.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
Il relatore (Giuseppe Caracciolo).
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 1.500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011