Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21853 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 20/09/2017, (ud. 06/12/2016, dep.20/09/2017),  n. 21853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Sezione –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Rel. Pres. Sezione –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia v – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8470-2015 proposto da:

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI AGRIGENTO, in persona del Direttore

Generale legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 78, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO IELO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCELLA PERITORE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI PER LA PROVINCIA DI AGRIGENTO, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio

dell’avvocato IGOR TURCO, rappresentato e difeso dall’avvocato

TERESA LA RUSSA, giusta procura in calce all’atto di costituzione di

nuovo difensore;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI AGRIGENTO;

– intimato –

avverso la sentenza del TRIBUNALE DI AGRIGENTO n. 701/13, nonchè

avverso l’ordinanza della CORTE DI APPELLO di Palermo, depositata il

30/09/2014, R.g. 519/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Presidente Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato ANTONIO IELO, per delega dell’Avvocato MARCELLA

PERITORE;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

FRANCESCO MAURO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

letto il ricorso della A.S.P. di Agrigento avverso la sentenza del tribunale di Agrigento del 10.8.2013 e avverso l’ordinanza della Corte di appello di Palermo del 30.9.20144.

Diritto

OSSERVA

– Che, con sentenza depositata il 10 agosto 2013, il Tribunale di Agrigento dichiarò il proprio difetto di giurisdizione in ordine alle domande risarcitorie proposte dalla locale Azienda Sanitaria Provinciale, relative alla lamentata perdita di un fondo di sua proprietà, a causa della irreversibile trasformazione dell’immobile realizzata dalla P.A.;

– Che l’attrice propose appello avverso tale pronuncia, nella resistenza del Comune di Agrigento e del locale I.A.C.P.;

– Che la Corte di appello di Palermo ritenne l’impugnazione priva di ragionevoli possibilità di accoglimento, per essere le argomentazioni svolte dall’appellante del tutto inidonee ad inficiare la motivazione della sentenza impugnata, fondata su una corretta interpretazione della normativa applicabile in tema di riparto di giurisdizione, essendo stata dedotta in giudizio, a fondamento della pretesa risarcitoria, una fattispecie di occupazione acquisitiva, e non già una mera occupazione usurpativa, ed essendo stato correttamente applicato dal primo giudice il principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c., sulla circostanza dell’irreversibile trasformazione del fondo (avvenuta in epoca precedente alla scadenza del termine per l’occupazione legittima);

– Che, in particolare, la Corte territoriale, con riferimento al secondo motivo di impugnazione, ne affermò l’inammissibilità perchè tardivamente introdotto e perchè volto ad un sostanziale mutamento della causa petendi;

– Che l’Azienda Sanitaria ha impugnato dinanzi a queste sezioni unite la sentenza di primo grado e l’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1.

– Che il ricorso, articolato in tre motivi, deve essere dichiarato inammissibile, avendo il giudice di merito fatto corretta applicazione, quanto alla prima censura, di consolidati principi, ripetutamente affermati da questa Corte regolatrice, in tema di riparto di giurisdizione – e segnatamente di giurisdizione esclusiva del G.A., volta che lo spirare dei termini dell’occupazione legittima e il completamento dei lavori senza che sia stato emesso il decreto di esproprio integra ipso facto una fattispecie di occupazione acquisitiva devoluta, quanto alle domande di annullamento e risarcimento del danno, alla cognizione del giudice amministrativo, ex art. 133 c.p.a, comma 1, lett. g);

– Che le restanti censure risultano del pari inammissibili, impingendo in valutazioni di stretto merito in ordine tanto alla valutazione delle risultanze probatorie ed alla qualificazione della natura della lamentata occupazione (valutazione e qualificazione del tutto prive, peraltro, di vizi logico-giuridici, essendosi l’irreversibile trasformazione del fondo realizzata prima della scadenza del termine per l’occupazione legittima), quanto alla circostanza della pretesa successione di enti (tale da comportare, a detta del ricorrente, un vizio ab origine dell’iter espropriativo), correttamente e condivisibilmente ritenuta inammissibile dal giudice di appello, poichè integrante un altrettanto inammissibile mutamento della originaria causa petendi.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 7.200, di cui 200 per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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