Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21846 del 15/10/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 21846 Anno 2014
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA
SENTENZA
sul ricorso 21369-2009 proposto da:
RUSSO GIOVANNI
(C.F.
RSSGNN53P09F061Z),
MAURO
PIETRO (C.F. MRAPTR59R22F061B), domiciliati in
ROMA, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
Data pubblicazione: 15/10/2014
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
MARIO MARINO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
2014
contro
1604
CURATELA DEL FALLIMENTO FINBROKER COOP. S.C.AR.L.
(P.I. 01539090819);
1
- intimata –
avverso la sentenza n.
843/2008 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 25/09/2014 dal Consigliere
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.
Dott. LOREDANA NAllICONE;
2
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La sentenza della Corte d’appello di Palermo del 24
giugno 2008 ha respinto l’impugnazione proposta avverso la
sentenza del Tribunale di Marsala del 22 aprile 2005, con
la quale – per quanto ancora rileva – Giovanni Russo e
Pietro Mauro sono stati condannati, in solido con Salvatore
Parisi ed Andreina Giglio, al risarcimento del danno ai
Finbroker soc. cooperativa a r.l. nella misura di C
577.101,49, oltre agli interessi legali dal 31 dicembre
1990 ed alle spese di lite,
in relazione a fatti di
mala
gesti° accertati.
La corte territoriale ha,
invece, dichiarato estinto il
giudizio nei confronti dei coobbligati Salvatore Parisi ed
Andreina Giglio, in ragione dell’intervenuta transazione
con rinuncia agli atti.
Per il resto, ha ritenuto infondata l’eccezione di
nullità del giudizio di primo grado e della sentenza,
sollevata da Giovanni Russo e Pietro Mauro in relazione
alla dedotta omissione od incertezza dei requisiti di cui
all’art. 163, nn. 3 e 4, c.p.c., in quanto l’atto di
citazione individuava in modo adeguato, con riguardo ai due
predetti amministratori, la violazione dell’obbligo di
conservazione della integrità del capitale sociale per
avere la società, nel corso del 1990, in seguito ad
apposita delibera del consiglio di amministrazione,
concesso un finanziamento di £ 2.590.799.867 alla Finbroker
s.p.a., che già versava in grave crisi finanziaria, senza
garanzie ed utilizzando tutte le somme versate dai soci
alla cooperativa a titolo di finanziamento, in seguito
deliberando, altresì, una dilazione di due anni del
rimborso e la riduzione degli interessi per una percentuale
pari al 90% di quelli dovuti. Ciò era sufficiente, secondo
la corte territoriale, ad escludere il vizio denunziato.
r.g. 21369/2009
3
It cons.
Loredana
sensi dell’art. 146 l. fall. in favore del Fallimento
Avverso
questa
sentenza propongono
ricorso per
cassazione Giovanni Russo e Pietro Mauro, sulla base di due
motivi. Non ha svolto difese la curatela intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso propone due motivi, i quali censurano
la sentenza impugnata per:
/) violazione e falsa applicazione degli art. 163, n. 3
e 4, e 164 c.p.c., non avendo la corte d’appello ritenuto
nullo l’atto di citazione introduttivo in ragione della
mancata determinazione della domanda proposta nei confronti
dei ricorrenti, mentre, secondo i medesimi, la curatela ha
omesso di indicare, per ciascuno dei convenuti, i fatti
specifici imputati ed il nesso eziologico con il danno,
tanto più considerata la loro posizione marginale di meri
componenti del consiglio d’amministrazione; in tal caso,
l’azione sarebbe da dichiarare prescritta;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 1304 c.c.,
per non avere la corte d’appello esteso ai ricorrenti gli
effetti della transazione raggiunta dai coobbligati
Salvatore Parisi ed Andreina Giglio con la società
amministrata in data 31 gennaio 2008, sebbene la
dichiarazione di volerne profittare non sia soggetta a
forme particolari, ma possa manifestarsi con comportamento
concludente (come nella specie avvenuto, posto che la causa
è passata in decisione in data 8 febbraio 2008 e i predetti
appellanti hanno rinunciato agli atti con dichiarazione
depositata in giudizio il 7 maggio 2008) e possa provenire
anche dal procuratore in giudizio, onde la corte
territoriale avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia
del contendere; in ogni caso, i ricorrenti dichiarano in
questa sede di voler profittare di quella transazione,
chiedendo alla Corte di pronunciare
ex
art. 384 c.p.c.
detta cessazione. Formulano un quesito di diritto chiedendo
se violi l’art. 1304 c.c. la mancata dichiarazione di
cessazione materia del contendere, posto che i ricorrenti
con comportamento concludente aderirono alla transazione.
r.g. 21369/2009
4
11 con
Loreda
t.
e
2. – Il primo motivo è infondato.
È certamente vero che l’atto di citazione nelle azioni
di responsabilità per mala gesti° degli amministratori di
società
“debba sin dall’inizio sostanziarsi
nell’indicazione dei fatti dal quali l’attore pretende di
desumere l’azionato diritto risarcitorio, ossia dei
comportamenti degli amministratori asseritamente contrari
(Cass. 27 ottobre 2006, n. 23180; nonché Cass. 27 dicembre
2013, n. 28669), ma la corte d’appello non si è affatto
discostata da tale principio, allorché ha respinto
l’eccezione in senso lato di nullità della citazione
introduttiva.
Dal tenore testuale della medesima, come palesa il
ricorso e comunque il diretto esame dell’atto, consentito
in ragione della natura del vizio denunziato, risulta che
il fallimento attore individuò adeguatamente l’azione
causa petendi
e
–
proposta avverso gli odierni
petitum –
ricorrenti: enunciandone la partecipazione alle
deliberazioni consiliari della Finbroker soc. cooperativa a
r.1., con le quali fu concesso alla Finbroker s.p.a. un
finanziamento per oltre 2,5 mld. di lire, in violazione
degli obblighi di conservazione del capitale sociale, posto
che la società finanziata aveva già subito decreti
ingiuntivi ed istanze plurime di fallimento ed era in
istato di crisi, oltretutto in seguito disponendo la
remissione del debito degli interessi quasi per intero.
Nessuna incertezza, dunque, residuava in relazione
all’azione proposta, e la censura in esame è priva di
fondamento.
3. – Il secondo motivo è inammissibile.
Secondo l’insegnamento costante di questa Corte, l’art.
1304, primo comma, c.c., che disciplina gli effetti della
transazione del debito solidale ad opera di uno solo
dei condebitori, si riferisce alla transazione (non
novativa) avente ad oggetto l’intera obbligazione solidale,
r.g. 21369/2009
5
Il cons el. est.
ne
Loredana
ai doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto sociale”
mentre quando è limitata alla sola quota interna del
condebitore stipulante, la transazione non interferisce su
quella degli altri condebitori, ma, riducendo l’intero
debito dell’importo corrispondente alla quota transatta,
produce automaticamente lo scioglimento del vincolo
solidale fra il condebitore stipulante e gli altri
condebitori, i quali rimangono obbligati nei limiti della
all’art. 1304 c.c. (cfr., in particolare con riguardo alla
responsabilità solidale degli organi sociali, Cass. 8
luglio 2009, n. 16050; nonché Cass. 17 gennaio 2013, n.
1025, ed altre). In tale secondo caso, dunque, si verifica
una mera riduzione del debito complessivo.
Come è stato pure osservato dalla menzionata decisione
(Cass. 8 luglio 2009, n. 16050), il criterio per
distinguere il tipo di transazione, che consente ai
condebitori estranei di profittarne, da quello che non
concede tale facoltà, viene di solito ravvisato
nell’oggetto della
transazione
(l’intera
obbligazione
solidale ovvero la quota interna del condebitore
stipulante), ma il criterio distintivo va più propriamente
individuato nel fatto che il creditore rinunci, oppur no,
ad ogni maggiore pretesa nei confronti degli altri
condebitori.
La ricognizione degli intenti e delle finalità
perseguiti dalle parti nell’addivenire ad un accordo
transattivo che ponga termine ad una lite in corso si
risolve in una questione interpretativa, riservata al
giudice del merito.
Nel caso di specie, la causa in appello passò in
decisione il giorno 8 febbraio 2008, mentre in data 7
maggio 2008 gli appellanti Parisi e Giglio depositarono
atto di rinuncia agli atti del giudizio, accettata dalla
curatela; la corte territoriale si è limitata a dare atto
che, in seguito a transazione, detti appellanti
rinunciarono alla impugnazione, dichiarando estinto il
r.g. 21369/2009
6
Il cons. el. s
Loredana Nizzicbn
loro quota, senza potersi avvalere del potere di cui
giudizio con riguardo ai medesimi. Ha, quindi, proceduto a
decidere l’appello con riguardo ai rimanenti appellanti,
Mauro e Russo, respingendo il motivo concernente la nullità
della citazione introduttiva e dichiarando assorbito il
secondo motivo relativo all’eccezione di prescrizione.
profittare della transazione formulata per la prima
volta
in questa sede di legittimità, i ricorrenti non
hanno
neppure tentato di indicare in quale atto o con
quale
comportamento essi
abbiano
manifestato la volontà
profittare della transazione intervenuta
di
fra due degli
originari convenuti ed il fallimento; né, ancor prima,
hanno in alcun modo allegato se si trattò di transazione
pro quota
o per l’intero. In mancanza, la censura è
generica e rende il motivo inammissibile.
4. – Nulla sulle
spese, non essendosi costituita la
curatela.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25
settembre 2014.
Tuttavia, mentre è inammissibile la pretesa di voler