Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21841 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 20/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21841

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30443/2011 r.g. proposto da:

INVITALIA – AGENZIA NAZIONALE PER L’ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E

LO SVILUPPO D’IMPRESA s.p.a., cod. fisc. (OMISSIS), in persona

dell’amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore,

Dott. A.D., con sede in (OMISSIS), rappresentata e

difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso,

dall’Avvocato Pietro Andrea Guiso, unitamente al quale elettivamente

domicilia in Roma, alla piazza della Libertà n. 10, presso lo

studio dell’Avvocato Marco Andrea Morielli;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., cod. fisc. (OMISSIS), in persona

curatore Avv. G.P., rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato

Vittorio De Franco, unitamente al quale elettivamente domicilia in

Roma, al viale delle Belle Arti n. 7, presso lo studio dell’Avvocato

Giuseppe Ambrosio;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso incidentale proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., come sopra rappresentato e difeso;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

INVITALIA – AGENZIA NAZIONALE PER L’ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E

LO SVILUPPO D’IMPRESA s.p.a., come sopra rappresentata e difesa;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CATANZARO, depositato in data

10/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Progetto Italia s.p.a. (poi incorporata in Sviluppo Italia s.p.a., oggi Invitalia – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa s.p.a., e, d’ora in avanti, indicata, per brevità, esclusivamente come Invitalia) aveva concesso alla (OMISSIS) s.r.l., successivamente fallita, i seguenti benefici economici, giusta Delib. del suo amministratore unico in data 9 giugno 2000: 1) mutuo agevolato per Lire 1.308.916.000, da restituire in otto anni, al tasso dell’1%, con rate annuali costanti posticipate, comprensive di quota capitale ed interessi; 2) contributo in conto capitale per Lire 1.430.485.000; 3) contributo di gestione pari a complessive Lire 1.199.895.000. Atteso, però, il grave inadempimento di quest’ultima società agli impegni di legge e contrattuali, con Delib. 3 ottobre 2003, dell’amministratore delegato di Sviluppo Italia s.p.a., tutte le suddette agevolazioni erano state revocate e, con decreto ingiuntivo n. 24361/2004 del Tribunale di Roma, era stato intimato alla (OMISSIS) s.r.l. il pagamento, in favore di Sviluppo Italia s.p.a., della complessiva somma di Euro 1.462.505,74, oltre interessi e spese legali.

Avverso tale decreto la debitrice aveva promosso opposizione (r.g. n. 20379/2005), nonchè giudizio ordinario di cognizione (r.g. n. 1344/2005) innanzi al tribunale capitolino, il quale, stante l’assoluta infondatezza e pretestuosità delle domande ivi promosse, li rigettava entrambi con sentenza n. 20256/2007, che la (OMISSIS) s.r.l. appellava innanzi alla Corte di appello di Roma, ma, in pendenza di tale gravame, veniva dichiarata fallita.

Invitalia aveva chiesto, quindi, ai sensi della L. Fall., art. 101, di essere ammessa al passivo del relativo fallimento, con (anche) il privilegio speciale industriale, per il credito: a) di complessivi Euro 669.602,35 (di cui Euro 595.293,95 per rate scadute e pagate ed Euro 74.308,40 per interessi di mora maturati dal 31.3.2007 al 31.3.2009), relativo alle somme dovute a titolo di mutuo agevolato; b) di complessivi Euro 780.327,78 (di cui Euro 738.783,84 per capitale versato ed Euro 41.543,94 per interessi legali di mora dal 31.3.2007 al 31.3.2009); ed in via chirografaria per il credito: 1) di Euro 130.117,38 per interessi di mora maturati sul contratto di mutuo agevolato fino al 31.3.2007; 2) di Euro 98.089,31, per interessi legali di mora, su quanto erogato per contributo in conto capitale, fino al 31.3.2007.

Il 16 marzo 2011, il giudice delegato dichiarava esecutivo lo stato passivo (relativo alle domande tardive) così decidendo in ordine alla suddetta domanda: “Rilevato che l’istanza di insinuazione tardiva presentata dalla Invitalia s.p.a. risulta promossa oltre il termine di un anno dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, ritenuto che la Invitalia s.p.a. ha ricevuto comunicazione della dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in data 1.4.2009, via fax, ed in data 7.4.2009, con lettera raccomandata A/R, PQM non ammette il credito di Invitalia s.p.a….”.

2. L’opposizione L. Fall., ex art. 98, che Invitalia aveva proposto assumendo di non aver ricevuto alcuna comunicazione L. Fall., ex art. 92, ed insistendo, quindi, nelle proprie pretese – era stata accolta dall’adito Tribunale di Catanzaro, con decreto depositato il 10.11.2011, che così statuiva: “accoglie l’opposizione L. Fall., ex art. 98 e, per l’effetto, ammette con riserva il credito dell’Invitalia – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo di impresa s.p.a., al passivo del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., per l’importo di Euro 1.678,136,82, di cui Euro 228.206,69 in via privilegiata”.

3. Avverso tale decisione, la Invitalia ha proposto tempestivo ricorso, affidato a due motivi, resistito dalla curatela fallimentare della (OMISSIS) s.r.l., che, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale recante due motivi, cui Invitalia ha resistito.

4. Va immediatamente sgombrato il campo dalle due pregiudiziali eccezioni di inammissibilità del ricorso principale formulate dalla menzionata curatela: la prima, per un’asserita nullità della notifica di quell’atto perchè effettuata direttamente al curatore, Avv. G.P., invece che al suo procuratore costituito e nel domicilio eletto presso quest’ultimo; la seconda, che invoca una pretesa inesistenza della notificazione del ricorso perchè indirizzata alla Curatela fallimentare, “…ma presso il domicilio del Curatore e non presso la sede della Curatela fallimentare, che coincide con quella che era la sede sociale della società prima della dichiarazione di fallimento, vale a dire in (OMISSIS)…”.

Per la declaratoria di loro infondatezza è sufficiente evidenziare che, per costante giurisprudenza (cfr. Cass. n. 8533 del 2003; Cass. n. 1156 del 2008; Cass. n. 2707 del 2014; Cass. n. 16801 del 2014; Cass. n. 9419 del 2016), la violazione dell’obbligo, posto dall’art. 330 c.p.c., comma 1, di eseguire la notificazione dell’impugnazione alla controparte non direttamente, ma nel domicilio eletto, determina una nullità che è sanata, ex tunc, per raggiungimento dello scopo, ove la parte (come nella specie) si sia costituita in giudizio, e che, a seguito della riconfigurazione del rapporto tra nullità ed inesistenza della notificazione compiuta da Cass. S.U. n. 14916 del 2016, il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto ed i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa, oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (cfr., nel medesimo senso, anche Cass. n. 4667 del 2017).

5. Per priorità logica, attese le questioni ivi poste, deve, poi, esaminarsi il ricorso incidentale, affidato a due motivi, proposto dalla curatela controricorrente.

5.1. Con il primo, rubricato “Ex art. 360, comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione di norma di diritto, della L. Fall., art. 101”, si censura il decreto impugnato nella parte in cui, diversamente da quanto precedentemente ritenuto dal giudice delegato, aveva considerato ammissibile la domanda di insinuazione tardiva proposta dalla Invitalia ai sensi della L. Fall., art. 101, comma 4, malgrado quest’ultima non avesse dimostrato di essersi trovata nell’impossibilità, non dovuta a colpa, di avere notizie della comunicazione L. Fall., ex art. 92, inviatale dal curatore.

5.2. Con il secondo, invece, rubricato “Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità del procedimento in relazione alla errata applicazione della L. Fall., art. 99,comma 4”, si ascrive al provvedimento impugnato di aver giudicato tempestiva la spiegata opposizione L. Fall., ex art. 98, avvalendosi di documentazione all’uopo irritualmente e tardivamente depositata dalla opponente solo con le note difensive, autorizzate dal tribunale, depositate il 13.10.2011.

5.3. Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente perchè strettamente connessi, non meritano accoglimento.

Invero, è innegabile: 1) che la verifica della tempestività dell’opposizione L. Fall., ex art. 98, è questione rilevabile d’ufficio, indipendentemente dall’eccezione di parte e dalla eventuale contumacia del curatore, ed è pertanto dovere del giudice controllare la data di ricezione dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione dello stato passivo allegata al fascicolo fallimentare (previa sua acquisizione) o al ricorso in opposizione (cfr. Cass. n. 24551 del 2016; Cass. n. 21021 del 2013; Cass. n. 6799 del 2012; Cass. n. 17829/2005); 2) che, in materia di opposizione allo stato passivo del fallimento, i creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione entro trenta giorni dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento, con le quali il curatore deve dare notizia dell’avvenuto deposito dello stato passivo in cancelleria (cfr. Cass. 6799 del 2012); 3) che l’onere di dimostrare il ricevimento della raccomandata, mediante la produzione del relativo avviso, grava sul curatore che ne eccepisca la tardività, disponendo egli di tale documento ed essendo regolato il riparto dell’onere probatorio secondo il principio della vicinanza o prossimità della prova (cfr. Cass. n. 6799 del 2012).

Alla stregua dei riportati principi, quindi, nessun dubbio può sorgere in ordine al fatto che, nella specie, l’onere di dimostrare il ricevimento della raccomandata L. Fall., ex art. 97, ai fini del successivo inizio del decorso del termine per l’opposizione L. Fall., ex art. 98, gravava sulla Curatela, e che, potendo il tribunale, per la verifica ufficiosa della tempestività della predetta opposizione, procedere alla verifica, all’interno del fascicolo fallimentare, previa sua acquisizione, dell’esistenza della comunicazione L. Fall., ex art. 97, ben poteva ritenersi comunque ammissibile il deposito di quest’ultima, da parte della Invitalia, unitamente alle note autorizzate dal tribunale.

5.4. Quanto, poi, all’asserita violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 101, comma 4, rileva il Collegio che, come emerge dall’impugnato decreto, è incontroverso tra le parti che la comunicazione L. Fall., ex art. 92, sia stata effettuata alla società consortile Sviluppo Italia Calabria, avente sede in (OMISSIS) e non alla Sviluppo Italia s.p.a. con sede in (OMISSIS).

Si tratta, quindi, come correttamente ritenuto dal giudice a quo, di due soggetti giuridici distinti – anche se collegati da vincoli societari – sicchè la notifica effettuata ad un soggetto giuridico diverso dal destinatario deve ritenersi nulla, ove non inesistente, e comunque insuscettibile di far decorrere i termini di cui alla L. Fall., art. 101, comma 1.

Posto allora, che ai fini dell’ammissibilità della domanda tardiva di cui della L. Fall., art. 101, u.c. (cd. supertardiva), il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dalla L. Fall., art. 92, integra la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore, avendo, peraltro, il curatore la facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso, il creditore abbia avuto comunque notizia del fallimento (cfr. Cass. 21316 del 2015), appare affatto palese che il motivo de quo non può essere meritevole di accoglimento, essendosi sostanzialmente limitata la curatela a riproporre le ragioni, già disattese dal tribunale, per le quali, a suo avviso, doveva ritenersi rituale quella comunicazione.

6. Venendosi, dunque, all’esame del ricorso principale di Invitalia, con il primo motivo, rubricato “Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e art. 9, comma 5, anche in relazione al comma 4, del D.Lgs. n. 123 del 1998….”, si assume, in estrema sintesi, che la locuzione “finanziamenti erogati ai sensi del presente D.Lgs.”, contenuta nel D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5, ha inteso riferire il termine “finanziamenti” a tutte le somme erogate, nessuna esclusa, in favore del soggetto ammesso ai benefici di legge, ivi compresi, quindi, i contributi in conto capitale ed eventualmente in conto gestione, oltrechè, ovviamente i mutui, e che a tale logica conclusione si arriva considerando e rileggendo il tenore letterale delle norme in questione, rapportandole alle finalità proprie della legge in materia di finanziamenti pubblici, anche in considerazione della disciplina contrattuale intervenuta tra le parti.

6.1. Con il secondo motivo, rubricato ” Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per l’avere del tutto omesso la valutazione delle risultanze documentali e probatorie acquisite agli atti, in particolare l’esistenza di un contratto di finanziamento-mutuo ipotecario ed atto di consenso all’iscrizione ipotecaria e di privilegio speciale, che attribuiscono il regime di privilegio speciale sul credito derivante dall’erogazione di somme a tale titolo”, si censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha disatteso la collocazione privilegiata dell’intero credito ammesso a titolo di mutuo agevolato (riconosciuta limitatamente alla minor somma di Euro 228.206,69), omettendo di valutare l’esistenza, desumibile dalla documentazione predetta, di un’ipoteca e di un privilegio speciale sulla somma richiesta per il medesimo titolo.

6.2. Il primo motivo appare meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

Giova premettere, che il D.Lgs. n. 123 del 1998, individua i principi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno per lo sviluppo delle attività produttive effettuati dalle amministrazioni pubbliche, interventi che, secondo l’art. 7, possono consistere “in una delle seguenti forme: credito d’imposta, bonus fiscale, secondo i criteri e le procedure previsti dal D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1995, n. 341, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato”.

Il successivo art. 9 disciplina la revoca dei suddetti benefici, la misura delle restituzioni in conseguenza della revoca e prevede le ipotesi in cui opera il privilegio. In particolare, la revoca dei benefici è prevista: a) in caso di “assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili” (comma 1); b) nel caso in cui “i beni acquistati con l’intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all’intervento” (comma 3); c) nel caso di “azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria” (comma 4).

Gli interventi pubblici di sostegno all’economia si realizzano, dunque, attraverso un procedimento complesso, in cui la fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici è seguita da un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo. La deviazione dallo scopo determina la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia e costituisce presupposto alla revoca del beneficio.

E’ in tale contesto che si colloca il privilegio di cui all’art. 9, comma 5, secondo il quale “per le restituzioni di cui al comma 4, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Al recupero dei crediti si provvede con l’iscrizione al ruolo, ai sensi del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, comma 2, delle somme oggetto di restituzione, nonchè delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni”.

Muovendo, allora, dal rilievo che il Tribunale di Catanzaro, nel decreto oggi impugnato, non ha motivato in alcun modo le ragioni per cui, nell’ammettere, con riserva, al passivo l’intero credito di Euro 1.678.136,82 invocato dalla Invitalia (sia per le somme richieste a titolo di restituzione di mutuo agevolato che di quelle domandate per di restituzione del contributo in conto capitale), ha limitato alla minor somma di Euro 228.206,69, la sua collocazione privilegiata, deve immediatamente evidenziarsi che non risulta esserci stata contestazione tra le parti circa il fatto che tutte le erogazioni di cui, tramite la invocata ammissione al passivo della (OMISSIS) s.r.l., l’odierna ricorrente ha sollecitato la restituzione siano state effettuate ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998, condizione, questa, necessaria per l’applicabilità del privilegio de quo (cfr. Cass. n. 3335 del 2012), dovendo, piuttosto, stabilirsi se quest’ultimo sia riferibile solo ai crediti nascenti da finanziamento (mutuo), ovvero, come preteso da Invitalia, anche ai diversi crediti nascenti da contributi (nella specie in conto capitale), nonchè per ogni diversa forma di intervento di sostegno pubblico alle imprese.

A tale proposito, va ricordato che l’art. 9, comma 5, del suddetto decreto stabilisce che “per le restituzioni di cui al comma 4 – vale a dire quelle conseguenti alla revoca degli interventi di sostegno ai sensi dei commi 1 e 3 dello stesso articolo – i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente D.Lgs. sono preferiti ad ogni altro titolo di prelazione”.

La norma, quindi, rimanda, ai fini dell’applicazione del privilegio generale, ai “crediti nascenti dai finanziamenti” di cui al comma 4 (che disciplina, come si è detto, la revoca di tutte le somme erogate), facendo, pertanto, inevitabilmente riferimento, con l’utilizzo del sostantivo “finanziamento” al plurale, a più forme o tipologie appunto di finanziamenti, cioè quelle descritte all’appena citato comma 4, così includendo, genericamente, tutti i finanziamenti erogati, e poi revocati, alla società.

Del resto, come condivisibilmente osservato dalla ricorrente, una siffatta conclusione sembra maggiormente coerente con una valutazione di carattere meno formale, ancorata, cioè, soprattutto alle finalità proprie dei finanziamenti ed alle necessarie garanzie che lo Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito, anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione per poter garantire una continuità ai finanziamenti pubblici e, quindi, una più sicura e certa soddisfazione.

Se, invero, in una prospettiva di definizione fisiologica del rapporto contrattuale con l’impresa beneficiata dagli interventi pubblici, l’interesse dello Stato viene raggiunto con il mutuo agevolato che garantisce, proprio in una tale condizione, anche la restituzione di somme concesse (con relativi interessi agevolati) per il loro successivo e quindi dinamico reimpiego per lo stimolo ed il sostentamento del tessuto economico e produttivo, va detto che anche attraverso la contribuzione a fondo perduto – attraverso i contributi in conto capitale ed in conto gestione e simili – lo Stato con l’impiego di risorse pubbliche raggiunge la medesima finalità e cioè l’aiuto finanziario alle nuove imprese in funzione del loro sviluppo e del tessuto economico-produttivo.

Diversamente, ove gli interventi pubblici erogati con le forme del “finanziamento agevolato” o “mutuo agevolato” ed a fondo perduto (“contributi in conto capitale”, in “conto gestione” e simili) subiscano una frustrazione per l’epilogo patologico (come accaduto nella specie) del rapporto contrattuale, che spesso trascina dietro di sè l’esistenza stessa della società beneficiata, la tutela delle ragioni di credito dello Stato diventano ancor più globali, essenziali e pressanti proprio per l’assenza di quel minimo risultato sperato con l’erogazione delle risorse pubbliche e cioè la nascita e lo sviluppo dell’impresa sovvenzionata: in altri termini, anche alle somme erogate come contributo a fondo perduto, che in una situazione normale avrebbero trovato – benchè con natura di elargizioni a titolo gratuito – una loro satisfattiva finalità pubblica, nella differente ed opposta situazione di perdita di questa medesima finalità, non potrebbe negarsi una anche maggiore – tutela, non riscontrandosi alcuna ragione logica per cui, in questa prospettiva di dissoluzione del rapporto obbligatorio (con la richiesta di revoca delle agevolazione e di restituzione delle somme elargite) e della conseguente – ed infruttuosa – perdita finanziaria da parte dello Stato, senza appunto il raggiungimento delle suddette finalità proprie degli interventi di sostegno, gli importi erogati a fondo perduto non debbano trovare – per il perseguimento dell’interesse pubblico al reimpiego delle risorse a disposizione adeguata protezione.

La descritta conclusione, peraltro, risulta in piena armonia con il comma 6 dell’articolo in esame, laddove sancisce che “le somme restituite ai sensi del comma 4 (tutte) sono versate all’entrata dello Stato per incrementare la disponibilità di cui all’art. 10, comma 2”, dovendosi, altresì osservare che, sebbene con riferimento ai contributi in conto interessi, essa ha già ricevuto conforto da parte della Suprema Corte (cfr. Cass. Civ. n. 17111/2015, così massimata: “del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5, in materia razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, riconosce il privilegio solo ai crediti dello Stato per la restituzione delle erogazioni pubbliche, sicchè, ove il contributo sia stato erogato in conto interessi sul finanziamento agevolato, il privilegio non si estende al mutuo concesso dalla banca all’impresa”).

7. Il secondo motivo, può, alla stregua di quanto si è fin qui detto, considerarsi assorbito.

8. In conclusione, respinto il ricorso incidentale, va, invece, accolto quello principale, ed in relazione al primo motivo di quest’ultimo il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche per le spese di questa fase.

PQM

 

Rigetta il ricorso incidentale ed accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiarandone assorbito il secondo. Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto, e rinvia al Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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