Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21841 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 09/10/2020), n.21841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31469-2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CATANZARO,

15, presso lo studio dell’avvocato ROSAMARIA ABBRUZZO, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANDREA FERRARA;

– ricorrente –

contro

A.R.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 275/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 275 pubblicata il 13.4.2018 la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello di M.M., confermando la pronuncia di primo grado che aveva accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato tra A.R.M. e la M. da ottobre 2008 a giugno 2009 e condannato quest’ultima al pagamento delle differenze retributive;

2. la Corte territoriale ha preliminarmente respinto l’eccezione, sollevata dalla datrice di lavoro appellante, di nullità della sentenza di primo grado per inesistenza della notifica del ricorso introduttivo a causa della errata indicazione del cognome della stessa come Ma. anzichè M.; ha sostenuto come tale errore nella indicazione del cognome non avesse comportato errori nella individuazione e citazione della controparte; quest’ultima era stata esattamente individuata quale titolare del bar sala giochi sito in (OMISSIS) e la stessa M. aveva ricevuto le notifiche degli atti processuali sia pure recanti il cognome Ma.;

3. ha ritenuto corretta la valutazione delle prove testimoniali come operata dal primo giudice e rilevato l’assenza di contestazione dei conteggi allegati dalla lavoratrice;

4. avverso tale sentenza M.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria; A.R.M. non ha svolto difese;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. col primo motivo di ricorso M.M. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione della normativa che regola la procedura di vocatio in ius; inesistenza della notifica e mancata instaurazione del contraddittorio a causa della errata identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius come Ma. anzichè M.;

7. col secondo motivo la ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, vale a dire la proposizione di querela di falso nei confronti dei testimoni escussi;

8. il primo motivo è infondato;

9. questa Corte ha precisato che l’errore nell’indicazione delle generalità del convenuto o dell’appellato contenuto nell’atto di citazione in primo grado o in appello e nelle rispettive relate di notificazione non comporta nullità di nessuno dei due atti qualora il destinatario sia identificabile con certezza in base agli elementi contenuti nella citazione o nella relata; in particolare, ove risulti dal contesto dell’atto che la notificazione è avvenuta appunto all’effettivo destinatario, può escludersi l’esistenza di un’incertezza assoluta in ordine ad un elemento essenziale della notificazione, essendo riservato il relativo accertamento all’apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici (in tal senso Cass. n. 18427 del 2013; cfr. anche Cass. n. 28451 del 2013; n. 6352 del 2014; n. 24441 del 2015);

10. nel caso di specie può escludersi qualsiasi vizio di nullità derivante da irregolare costituzione del contraddittorio o incertezza circa il soggetto a cui l’atto è stato notificato in virtù dell’accertamento compiuto dal giudice di merito; questi ha dato atto nella sentenza impugnata di come la Ma. e la M. fossero la stessa persona e di come quest’ultima, quale titolare del bar sala giochi sito in (OMISSIS), avesse ricevuto altri atti processuali spediti a mezzo posta al medesimo indirizzo ove era stata inviata la notifica del ricorso introduttivo di primo grado recante l’erronea indicazione del cognome per una lettera; ha aggiunto come nella querela per falso presentata dalla M. nei confronti dei testimoni escussi in primo grado la stessa si era presentata quale titolare del predetto bar;

11. il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile per la disciplina cd. della doppia conforme di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014), applicabile ratione temporis; comunque, il motivo si fonda su una asserita querela di falso che non è stata trascritta nè allegata al ricorso in esame, e ciò rende la censura inammissibile per mancato rispetto degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, c.p.c.. A tali mancanze non può supplire la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., (che peraltro fa riferimento ad una querela per il reato di falsa testimonianza) in quanto l’art. 372 c.p.c., consente il deposito nel giudizio di cassazione unicamente di documenti che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso;

12. neppure può trovare accoglimento la denuncia del vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria in ragione dell’applicabilità del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che limita il sindacato di legittimità sulla motivazione al minimo costituzionale, con la conseguenza che l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di qualsiasi rilievo del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., S.U., n. 8053/14); nel caso di specie non si è in presenza di un vizio “così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, dal momento che la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma le argomentazioni sono svolte in modo assolutamente coerente e logico, sì da consentire di individuare con chiarezza la “giustificazione del decisum”;

13. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;

14. non si fa luogo alla liquidazione delle spese di lite atteso che la controparte non ha svolto difese;

15. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

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