Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2184 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 01/02/2021), n.2184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 965-2019 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE

BELLE ARTI, 6, presso lo studio dell’avvocato BELLINO ELIO PANZA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO PELUSO;

– ricorrente –

avverso la sentenza n. 2373/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.N. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli – sezione distaccata di Ischia – il Sindaco del Comune per sentirlo condannare, previa declaratoria di responsabilità, al risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta, verificatasi il (OMISSIS), percorrendo (OMISSIS) a causa della “sconnessione del manto stradale pavimentato con basoli”. A fondamento della domanda deduceva che l’evento era stato determinato dalla non immediata visibilità della sconnessione, per la scarsa illuminazione della strada nelle ore serali. Si costituiva l’ente territoriale eccependo l’infondatezza della domanda;

il Tribunale, con sentenza del 13 luglio 2017, accoglieva la domanda condannando il Comune al risarcimento dei danni;

avverso tale decisione proponeva appello l’ente territoriale lamentando che il giudice avrebbe fondato la decisione sulla deposizione dei testi che si sarebbero limitati a riferire che l’evento si era verificato, senza fornire elementi utili riguardo alla prova del nesso causale. Si costituiva l’appellata chiedendo il rigetto dell’impugnazione;

la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 23 maggio 2018, accoglieva l’appello e rigettava la domanda proposta da S.N. che condannava al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione S.N. affidandosi a due motivi, che illustra con memoria. La parte intimata non svolge attività processuale in questa sede e deposita procura alle liti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione l’art. 2051 c.c., nonchè della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 16 e 28, all. F, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 14 e del R.D. 15 novembre 1923, n. 2506, art. 5. Il Comune di Ischia non avrebbe dimostrato e neppure allegato la sussistenza del caso fortuito, limitandosi a dedurre un comportamento negligente della danneggiata o di terzi ignoti, senza provare le relative circostanze di fatto. La Corte territoriale, pur dando atto della esistenza della sconnessione del manto stradale, avrebbe violato l’art. 2051 c.c. rigettando la domanda nonostante il difetto della prova dell’esistenza del caso fortuito.

Al contrario era stata dimostrata la situazione di pericolo costituita dal dissesto del manto stradale, caratterizzata dall’elemento oggettivo della non visibilità e da quello soggettivo dell’imprevedibilità, come riferito anche dai testi escussi;

con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la nullità della sentenza della Corte d’Appello per violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att., attesa la totale mancanza di motivazione ovvero la motivazione apparente ovvero la presenza di una motivazione irriducibilmente contraddittoria e manifestamente illogica. La decisione impugnata non conterrebbe una motivazione sui punti rilevanti al fine di consentire di ricostruire il ragionamento logico giuridico del giudicante. In particolare, la Corte d’appello avrebbe omesso di spiegare per quale motivo il contenuto della prova testimoniale non sarebbe idonea a dimostrare i fatti posti a sostegno della domanda. Nella sentenza impugnata i testi escussi non vengono ritenuti inattendibili ovvero le dichiarazioni non veritiere; nonostante ciò, gli elementi probatori sono stati ritenuti insufficienti per spiegare rentità della sconnessione”. Sotto altro profilo, la motivazione sarebbe apparente, contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui, la Corte territoriale, sostiene che non sarebbe stato spiegato per quale ragione l’attrice sarebbe inciampata in una sconnessione di scarsa entità. L’argomentazione risulterebbe generica e apparente a fronte di una ricostruzione del nesso causale riferita dai testi e dell’esistenza di lesioni provate documentalmente e accertate dal consulente d’ufficio. Nello stesso modo risulterebbe incomprensibile l’apparente inverosimiglianza di danni così rilevanti, se riferiti ad una caduta come quella descritta in citazione;

infine, la Corte avrebbe sostenuto l’interruzione del nesso eziologico a causa del comportamento negligente della danneggiata, senza però specificare in cosa si sostanzierebbe tale presunto comportamento, peraltro, neppure dedotto dalla controparte;

osserva questa Corte che la motivazione della Corte d’appello opera un corretto rinvio alla giurisprudenza di legittimità in tema di art. 2051 c.c., che richiede sempre la prova del nesso causale e cioè la dimostrazione, a carico del danneggiato, dell’esatta dinamica, con specifico riferimento all’efficienza causale della res rispetto alla condotta della danneggiata e che lo stato dei luoghi presentava peculiarità tali da rendere potenzialmente dannosa la normale utilizzazione del bene. Il giudice di appello aggiunge che il contenuto delle dichiarazioni testimoniali è generico, riguardo alla condizione della strada e alla scarsa illuminazione. Ciò non consentirebbe di appurare l’effettiva efficienza causale di tali elementi rispetto all’evento;

richiama, altresì, il principio secondo cui il nesso causale può essere escluso per fatto del danneggiato sulla base della prevedibilità della situazione di pericolo della strada pubblica, osservando che, per tale motivo, la danneggiata avrebbe, dovuto avere un comportamento più prudente;

ciò premesso, i motivi vanno trattati congiuntamente perchè strettamente connessi avendo ad oggetto una inammissibile censura riferita alla valutazione del materiale probatorio, attività che, al contrario, è di esclusiva pertinenza del giudice di merito; inoltre, le argomentazioni critiche oggetto del primo motivo, riguardanti la valutazione della prova testimoniale, sono compiutamente illustrate nel secondo motivo e si riferiscono alle dichiarazioni come trascritte nel primo motivo;

prospettate in questi termini le censure sono inammissibili. La Corte d’appello, a pagina 4 della sentenza impugnata, nel valutare il contenuto della prova testimoniale, ha precisato che quella prova non consentiva, in alcun modo, di evincere di quale entità fosse stata la sconnessione della strada, indicata come causa della rovinosa caduta. La Corte territoriale ha, sostanzialmente, ritenuto generica la prova testimoniale, nella parte relativa alle caratteristiche specifiche del manufatto (basoli stradali) e alla idoneità causale dello stesso. Tale valutazione del materiale probatorio non è sindacabile in sede di legittimità, perchè ragionevolmente argomentata e poichè tiene anche conto (pagina 5 della sentenza) delle caratteristiche della pavimentazione stradale, quali emergono dalle fotografie in atti. Secondo il giudice di appello le dichiarazioni testimoniali, per la loro genericità, non consentivano di illustrare la dinamica, che avrebbe permesso di imputare ad una lieve sconnessione l’efficienza causale dedotta in citazione. A questa Corte è inibito rivalutare tale profilo fattuale e questa circostanza risulta assorbente rispetto alle ulteriori argomentazioni espresse dalla Corte territoriale, con specifico riferimento alla condotta della danneggiata. Ciò in quanto la prova liberatoria costituita dalla dimostrazione del caso fortuito ovvero dalla condotta del terzo o dello stesso danneggiato, costituisce un profilo da prendere in esame esclusivamente dopo la puntuale dimostrazione del nesso causale che, per quanto si è detto, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nessun provvedimento va adottato riguardo al regime delle spese processuali perchè la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede, essendosi limitata a depositare il mandato alle liti. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

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