Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21838 del 30/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 30/07/2021), n.21838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22620/2014R.G., proposto da:

la “Radio Dimensione Suono S.p.A.”, con sede in Roma, in persona

dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Annalisa Fuso, con studio in Roma, elettivamente

domiciliata presso l’Avv. Francesco Fratini, con studio in Roma,

giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente

procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– resistente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Potenza il 14 febbraio 2014 n. 116/01/2014, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15 dicembre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La “Radio Dimensione Suono S.p.A.” ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Potenza il 14 febbraio 2014 n. 116/01/2014, non notificata, che, in controversia su impugnazione di silenzio-rifiuto di rimborso per imposta di registro ed accessori su una cessione di impianti radiofonici e connesse frequenze, ha respinto l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Potenza il 10 maggio 2011 n. 104/03/2011, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale di Potenza ha confermato la decisione di prime cure, valutando la correttezza dell’imposizione sul rilievo che il contratto dovesse intendersi alla stregua di vera e propria “cessione di ramo aziendale”, anziché di “cessione di beni aziendali”. L’Agenzia delle Entrate si è costituita (Ndr: testo originale non comprensibile) partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il trasferimento di impianti radiofonici e connesse frequenze costituisse cessione di ramo aziendale, anziché cessione di beni aziendali.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. e del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 38 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che cessione delle frequenze comporta l’ammissione della conclusione di un contratto affetto da nullità in quanto contra legem o in fraudem legis, con la conseguente intangibilità del prelievo fiscale, omettendo di considerare che gli impianti radiofonici e le connesse frequenze sono stati validamente trasferiti con esclusione della concessione amministrativa di emittenza radiofonica.

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo (pur con le precisazioni svolte in appresso) è fondato, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.

1.1 E’ pacifico che, in tema di ricorso per cassazione, non è inammissibile l’impugnazione per omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate, la cui presenza non costituisce requisito autonomo ed imprescindibile del ricorso, ma è solo funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza soltanto se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (ex plurimis: Cass., Sez. 3, 16 marzo 2012, n. 4233; Cass., Sez. 3, 7 novembre 2013, n. 25044; Cass., Sez. 5, 20 settembre 2017, n. 21819). Per cui, l’omessa, e, a fortiori, la erronea individuazione delle norme di diritto di cui si denuncia la violazione, pur determinando una non precisa formulazione dei motivi di impugnazione, non comporta la inammissibilità del ricorso per cassazione quando, attraverso le ragioni addotte dal ricorrente, sia possibile identificare il principio di diritto che si assume violato (ex plurimis: Cass., Sez. 1, 7 maggio 1999, n. 4567; Cass., Sez. Lav., 3 marzo 2004, n. 2404; Cass., Sez. Lav., 18 agosto 2004, n. 16164).

1.2 La censura deduce l’erronea qualificazione del rapporto giuridico in termini di cessione di ramo aziendale (con assoggettamento ad imposta di registro) anziché in termini di cessione di impianti e diritti di godimento di frequenze radiofoniche (con assoggettamento ad I.V.A.).

1.2 Il regime fiscale delle cessioni di impianti radiofonici e relative frequenze ha avuto una genesi complessa.

In primo tempo, su pressante sollecitazione degli operatori del settore, la questione era stata oggetto della risoluzione della VI^ Commissione (Finanze) della Camera dei Deputati n. 7/00544 del 4 aprile 2011, la quale, dopo aver “premesso che: a seguito delle verifiche tributarie svolte negli ultimi anni dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle Entrate in materia di cessione degli impianti radiofonici, sono emerse alcune problematiche in ordine alla corretta qualificazione, a fini tributari, di tali cessioni, in quanto le stesse possono essere qualificate come “cessioni di impianti” soggette ad I.V.A., oppure come “cessioni di ramo d’azienda” soggette ad imposta di registro; in particolare, gli uffici finanziari, seppur in momenti diversi, per quanto riguarda gli atti assoggettati ad imposta di registro, hanno in alcuni casi accertato un maggior valore della cessione, ed hanno in altri casi contestato la mancata applicazione dell’I.V.A., mentre, per gli atti assoggettati ad I.V.A., hanno richiesto l’applicazione dell’imposta di registro; in tale contesto appare quindi necessario consentire il corretto inquadramento tributario di tali operazioni; al riguardo si può rammentare che il D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 5, riprendendo il disposto della L. n. 650 del 1996, consente i trasferimenti di impianti, rami di azienda ed intere emittenti televisive e radiofoniche; secondo quanto ricordato dall’associazione delle imprese radiofoniche e televisive locali (AERANTI) con la propria circolare n. 20 del 1998, le operazioni di compravendita di impianti e/o rami di azienda radiofonici e televisivi sono possibili ai sensi del D.L. n. 545 del 1996, art. 1, comma 13, e dalla L. n. 249 del 1997, art. 3, comma 19, tra imprese radiofoniche locali, tra imprese radiofoniche locali e nazionali e tra imprese radiofoniche nazionali; la predetta circolare precisa inoltre che: “le acquisizioni di ramo d’azienda soggette ad imposta di registro del 3 per cento devono essere stipulate con atto pubblico ovvero con scrittura privata autenticata da notaio; le acquisizioni di impianti, soggette a fatturazione e I.V.A., possono essere stipulate con scrittura privata registrata anche senza firme autenticate”, senza tuttavia individuare le caratteristiche delle due diverse fattispecie; per poter identificare un impianto radiofonico e considerarlo quale bene giuridicamente tutelabile, bisogna individuarlo nei suoi componenti, che sono costituiti dalla frequenza radiotelevisiva, dalla possibilità di utilizzo della frequenza, in quanto pervia e libera, nonché dalle apparecchiature ricetrasmittenti installate nel loro complesso; in particolare, la frequenza, che deve essere assegnata in via amministrativa, ai sensi del D.Lgs. n. 177 del 2005, caratterizza l’impianto, ed è determinante, sotto il profilo amministrativo, perché quest’ultimo assuma la qualificazione di bene giuridico; infatti, il predetto atto amministrativo di assegnazione della frequenza, sebbene non possa essere considerato come avviamento commerciale, costituisce un connotato essenziale della frequenza e dell’impianto radiofonico; al fine di fare chiarezza nel complesso quadro appena esposto, fornendo agli operatori del settore un’indicazione univoca circa il regime fiscale da applicare, occorre definire con maggiore precisione le due fattispecie della cessione di impianti e della cessione di rami d’azienda o di intere emittenti, in modo da consentire la corretta applicazione del regime tributario corrispondente, nel corso di una recente audizione dinanzi alla Commissione Finanze, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate è intervenuto anche circa la corretta qualificazione tributaria delle predette fattispecie, fornendo la sua valutazione in merito, cui ci si è attenuti integralmente ai fini della riformulazione del presente atto di indirizzo”, aveva impegnato il Governo: “a) ad adottare tutte le necessarie iniziative al fine di chiarire quale sia il regime tributario applicabile nelle distinte fattispecie di cessioni di impianti, da un lato, e di cessioni di rami d’azienda o di cessioni di emittenti, dall’altro, specificando che: qualora oggetto della cessione siano le sole apparecchiature radiofoniche, l’operazione configura una cessione di beni rilevante agli effetti dell’I.V.A.; qualora la cessione dell’impianto sia accompagnata dai relativi diritti d’uso connessi all’autorizzazione amministrativa relativa alla frequenza, essa deve essere considerata come cessione di ramo d’azienda, e pertanto essere assoggettata all’imposta di registro in misura proporzionale; qualora l’oggetto del trasferimento sia costituito, oltre che dal predetto impianto, dall’avviamento commerciale, connesso ad una parte del pacchetto pubblicitario, dai marchi, dalle testate radiofoniche, dai brevetti, dai rapporti di collaborazione autonoma e subordinata e da altri rapporti giuridici in essere, la relativa cessione sia assoggettata alla sola imposta di registro in misura proporzionale, atteso che la combinazione degli elementi sopra descritti configura un complesso aziendale o un ramo d’azienda; b) a considerare in ogni caso validi e non rettificabili a fini tributari gli atti di cessione sopra richiamati precedentemente posti in essere dagli operatori del settore”.

1.3 Indi, si deve dar conto della sopravvenienza in corso di causa di un elemento normativo imprescindibile, costituito dal D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, comma 7-bis, (quale introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 40, comma 9-bis, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, in vigore dal 28 dicembre 2011), secondo cui: “La cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari”.

1.4 La disposizione ha stabilito, per le future cessioni di impianti radiofonici, un rigido criterio di qualificazione, ma, al contempo, ha inteso assicurare l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse (come la presente, che risale al 20 novembre 2008), onde garantire certezza di programmazione ed operatività agli operatori di un settore economico reputato di particolare rilevanza e delicatezza (orientamento costante: Cass., Sez. 5, 14 luglio 2017, n. 17515; Cass., Sez. 5, 26 luglio 2017, n. 18489; Cass., Sez. 5, 28 dicembre 2017, nn. 31071 e 31072; Cass., Sez. 5, 26 gennaio 2018, nn. 1968 e 1969; Cass., Sez. 5, 21 dicembre 2018, n. 33230; Cass., Sez. 5, 9 gennaio 2019, n. 360; Cass., Sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34698).

1.5 Sul punto, è intervenuta anche la risoluzione della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 10 aprile 2012, la quale ha chiarito – proprio al fine di stabilire il più appropriato regime di tassazione, nell’alternatività tra I.V.A. ed imposta di registro – che: “Con riferimento alle cessioni di impianti radiotelevisivi la qualificazione del trasferimento quale cessione d’azienda o di singoli beni è stata definita in via normativa. Il D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis, ha disposto, infatti, che vi è cessione di ramo d’azienda tutte le volte in cui il trasferimento abbia ad oggetto anche un singolo impianto radiotelevisivo purché lo stesso non sia costituito dalle sole attrezzature. A maggior ragione, vi è trasferimento di ramo d’azienda tutte le volte in cui la cessione riguardi più impianti. Si deve, quindi, ritenere che la cessione delle attrezzature unitamente ad altre risorse (quali frequenze, marchi, brevetti) configuri una cessione di azienda o di ramo d’azienda, come tale esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, mentre il trasferimento delle sole “attrezzature” configuri una cessione di beni, rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. La norma fa salvi, comunque, i comportamenti pregressi adottati dagli operatori del settore, riconoscendo in ogni caso la validità della qualificazione giuridico – tributaria attribuita agli atti relativi alla cessione di impianti radiotelevisivi come definiti dalla disposizione in esame, posti in essere prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa”.

Da ciò si evince come la stessa amministrazione finanziaria abbia riconosciuto l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse, per le quali resta ferma la qualificazione giuridica datane dalle parti.

1.6 Nella specie, a ben vedere, le parti hanno espressamente denominato il contratto in termini di “cessione di ramo di azienda”, per cui ne è conseguita la liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale sull’ammontare del corrispettivo convenuto.

Tuttavia, tale circostanza non esclude la ricorrenza del presupposto per l’applicazione dal D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, comma 7-bis, (quale introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 40, comma 9-bis, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, in vigore dal 28 dicembre 2011) in relazione alle stipulazioni risalenti ad epoca anteriore al 28 dicembre 2011.

Per queste ipotesi, infatti, se è vero che la preclusione all’esercizio del potere di “rettifica” non consente all’amministrazione finanziaria di riqualificare la “cessione di impianti radiofonici” alla stregua di “cessione di azienda o ramo aziendale”, con l’applicazione dell’imposta di registro in luogo dell’I.V.A., non si può impedire, in senso inverso, che le parti invochino l’applicazione dell’I.V.A. in luogo dell’imposta di registro, nonostante l’erronea o impropria qualificazione del contratto in termini di “cessione di azienda” o “ramo aziendale”, allorquando l’oggetto del trasferimento sia costituito, in realtà, dai soli impianti radiofonici (ancorché con l’annesso uso delle frequenze).

Invero, il riferimento onnicomprensivo della norma richiamata agli “atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda (…) posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore (…)”, in considerazione della pregressa incertezza nella reciproca delimitazione delle distinte figure in relazione alla peculiarità dell’oggetto, lascia presupporre un’equiparazione indiscriminata delle fattispecie anteriori al limite temporale del 28 dicembre 2011 sul piano del trattamento fiscale (attraverso il comune assoggettamento ad I.V.A.), che postula l’assoluta irrilevanza del nomen iuris adoperato dai contraenti (“cessione di impianti” o “cessione di ramo aziendale”), con l’evidente finalità di prevenire l’insorgenza o interrompere la perduranza di un eventuale contenzioso dinanzi alla giurisdizione tributaria.

Del resto, anche l’amministrazione finanziaria ha mostrato consapevolezza dell’intento legislativo di assicurare la “salvezza” ai fini fiscali dei “comportamenti pregressi adottati dagli operatori del settore”, in modo che l’improprietà lessicale nella definizione delle vicende negoziali non influisca sull’applicazione del trattamento tributario.

1.7 Ne’ rileva che il contribuente abbia preteso il rimborso dell’imposta di registro spontaneamente corrisposta in misura proporzionale dopo la stipulazione della cessione, anche se “al solo fine di evitare l’irrogazione delle relative sanzioni amministrative”, a seguito di parere espresso dall’amministrazione finanziaria in risposta ad istanza di interpello.

Invero, è principio pacifico in materia tributaria che il contribuente ha diritto al rimborso della somma pagata senza contestazioni a titolo di imposta, se presenti istanza nei termini previsti dalla legge a pena di decadenza, allorché vengano successivamente stabilite con effetto retroattivo agevolazioni o anche la completa esenzione dal tributo, in quanto deve escludersi che il pagamento incontestato determini l’esaurimento del rapporto, dovendo intendersi per rapporti esauriti solo quelli in relazione ai quali sia intervenuta una preclusione che li abbia resi irretrattabili, e quindi insensibili anche ad eventuali pronunce di illegittimità costituzionale, come quella conseguente al giudicato, ovvero alla prescrizione o alla decadenza, ed, in particolare, in materia tributaria, quelli in cui il pagamento dell’imposta sia stato eseguito e non sia stata presentata domanda di rimborso nel termine stabilito, a pena di decadenza, dalle singole leggi d’imposta o, in mancanza, dalla previsione residuale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 (ex plurimis: Cass., Sez. 5”, 24 febbraio 2012, n. 2822).

1.8 Per cui, nella specie, nulla osta a che il contribuente esiga l’applicazione del trattamento tributario più favorevole in sede di istanza di rimborso, non essendo preclusivo il riferimento normativo alla non rettificabilità ai fini fiscali degli atti pregressi, che il legislatore ha voluto comunque sottrarre all’applicazione del trattamento tributario più oneroso, anche se già percepito dall’amministrazione finanziaria.

1.9 Nel caso di specie, il giudice di merito ha fatto malgoverno del principio enunciato con l’apodittica affermazione che gli atti stipulati prima del 28 dicembre 2011 con riguardo alla cessione di impianti radiofonici “(…) non possono essere oggetto di rettifica a danno dei soggetti passivi dell’imposta di registro, mentre, a fortiori, gli atti ab origine sottoposti ad imposta di registro non possono essere tassati ad IVA con il conseguente diritto al rimborso dell’imposta di registro già scontata”. Laddove, invece, la ratio della norma sopravvenuta in corso di causa era univoca, almeno per le implicazioni concernenti il passato, nel senso che la tassazione dei contratti aventi ad oggetto la cessione di impianti radiofonici dovesse prescindere dalla qualificazione delle parti e dall’estensione all’uso delle frequenze.

1.10 Per cui, tenendo conto (secondo le risultanze contrattuali) che i beni ceduti erano: “le apparecchiature tecniche che compongono gli impianti; tutti i diritti connessi all’uso ed al preuso delle frequenze radiofoniche dalle postazioni e nelle relative aree di servizio; tutti i diritti e gli interessi legittimi derivanti dalla titolarità della concessione ministeriale, esclusivamente in relazione agli impianti oggetto del ramo d’azienda compravenduto”, il giudice di merito ha omesso di valutare, prescindendo dal nomen iuris, se la cessione avesse ad oggetto apparecchiature di trasmissione funzionali all’esercizio dell’attività radiofonica, non anche al complessivo esercizio aziendale nel cui ambito esse fossero in ipotesi inglobate per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale della emittente (posto che la stessa disciplina speciale di settore già vigente al momento di stipulazione del contratto in questione – ammetteva la possibile coesistenza di trasferimenti aventi alternativamente ad oggetto non soltanto “rami aziendali”, ma anche “impianti” singolarmente considerati: L. 3 maggio 2014, n. 112, art. 23, comma 3, e del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27).

2. Pertanto, apprezzandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia, il 2 novembre 2020), il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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