Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21838 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/10/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 28/10/2016), n.21838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3481-2011 proposto da:

T.F., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 17/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato ISGRO’ che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

T.V. ed altri propongono due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 11/2/10 del 17 febbraio 2010 con la quale la CTR di Roma, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni loro notificato il 21 ottobre 2005 a seguito della sentenza della CTP di Roma n. 433/27/04; confermativa di avviso di accertamento di maggior valore, per imposta di registro ed Invim, in relazione ad un atto di compravendita di terreno edificabile dell'(OMISSIS).

La CTR, in particolare, ha ritenuto preclusa la deduzione nel presente giudizio della asserita nullità della suddetta sentenza CTP Roma n. 433/27/04 per mancata comunicazione dell’avviso di trattazione del ricorso e conseguente violazione del contraddittorio; posto che tale vizio doveva essere fatto valere in sede di appello avverso la medesima sentenza, ormai passata in giudicato in quanto confermata dalla CTR di Roma con sentenza n. 43/26/06, adita da taluno soltanto degli odierni ricorrenti.

Resiste l’agenzia delle entrate con controricorso.

Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, insito nella nullità dell’avviso di liquidazione qui opposto, in quanto derivante da sentenza – CTP Roma n. 433/27/04 – nulla.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 e art. 24 Cost.; per non avere la commissione tributaria regionale rilevato, anche d’ufficio, la nullità suddetta, nonostante che nel procedimento poi definitosi con la citata sentenza n. 433/27/04 si fosse violato il contraddittorio, per omessa comunicazione sia dell’avviso dell’udienza di trattazione del ricorso, sia dell’avviso di nomina del difensore D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 12.

p. 2. I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria per la loro intima connessione, sono infondati.

Essi presuppongono l’estendibilità tout court al processo giurisdizionale di principi propri, quanto a propagazione della invalidità dell’atto, del processo amministrativo. Così facendo, i ricorrenti – che qualificano essi stessi l’invalidità in oggetto in termini di nullità della sentenza – tralasciano di considerare che qualora siffatto vizio colpisca quest’ultima, esso non può essere fatto valere se non nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione. Ciò perchè il processo si connota, ex art. 161 c.p.c., per il principio di conversione della nullità della sentenza in motivo di gravame. Che è principio del tutto diverso da quello di derivazione; viceversa valevole nel procedimento amministrativo, ovvero anche in quello giurisdizionale, ma prima che si giunga alla pronuncia della sentenza.

L’affermazione, contenuta nella decisione qui impugnata, secondo cui la nullità della sentenza in questione non poteva che essere fatta valere in sede di appello avverso la medesima (appello, tra l’altro, in effetti proposto da uno dei contribuenti, ma con esito negativo), deve essere pertanto condivisa per la sua conformità ai principi dell’ordinamento.

Va d’altra parte considerato che l’appello sarebbe stato suscettibile di proposizione da parte di ciascun contribuente, in ipotesi di mancata comunicazione altresì del dispositivo e comunque di mancata tempestiva conoscenza della sentenza di primo grado per fatto non imputabile, anche oltre i termini di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c. (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3); e che, in ogni caso, tali termini non erano nemmeno ancora decorsi, così come osservato dalla commissione tributaria regionale con affermazione non censurata, nel momento in cui gli odierni ricorrenti si videro notificare l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni qui opposto, basato proprio sulla suddetta sentenza asseritamente invalida.

Nella sede sua propria, appunto quella dell’impugnazione, i contribuenti avrebbero potuto e dovuto sostenere l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto non necessaria la comunicazione dell’avviso di trattazione di udienza a tutti indistintamente i ricorrenti, sostenendo la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio sulla base dell’avvenuta comunicazione ad uno solo di essi, in virtù di una affermata regola di rappresentanza correlata alla natura solidale del rapporto tributario dedotto in giudizio; regola che, ancorchè errata ed invalidante, non poteva comunque trovare censura se non con l’appello.

Tralasciando di farsi carico della specificità di questa situazione, la tesi sostenuta nei motivi di ricorso in esame finisce anzi con l’urtare con un ulteriore principio generale in materia; in base al quale i vizi di un procedimento giurisdizionale debbono necessariamente essere fatti valere in quel procedimento, e non in altro (Cass. 26906/06).

Si è inoltre, ed ancor più specificamente, stabilito che nel processo tributario “la nullità derivante dall’omessa od irregolare comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza può essere fatta valere solo impugnando tempestivamente la sentenza conclusiva del giudizio, ovvero proponendo l’impugnazione tardiva nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 327 c.p.c.. In mancanza, la sentenza acquista efficacia di giudicato e la nullità di essa non può essere fatta valere nei giudizi di impugnazione degli ulteriori atti consequenziali emanati dall’erario sulla base della sentenza ormai passata in giudicato” (Cass.6692/15; nello stesso senso Cass. ord. 19471/12; 7507/16).

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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