Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21838 del 15/10/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21838 Anno 2014
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

– protesto illegittimo

SENTENZA

– danni

sul ricorso proposto da
LOPES CLARA, elettivamente domiciliata in Roma, alla via B. Buozzi n. 99,
presso l’avv. MARIO FIACCAVENTO, dal quale è rappresentata e difesa in virtù
di procura speciale a margine del ricorso •

LPS cLik 4105,0
RICORRENTE

contro
CREDITO SICILIANO S.P.A., in persona del presidente p.t. Carlo Negrini, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Germanico n. 146, presso l’avv. ERNESTO MOCCI, dal quale, unitamente all’avv. SANTO REALE del foro di Siracusa,
è rappresentata e difesa in virtù di proCura speciale a margine del controricorso
.-C. ; 0411643•0 82,5 —
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 1196/07, pubblicata il 27
novembre 2007.

NRG 6206 e 9034-08 Lopes-Credito Siciliano Spa – Pag. I

Data pubblicazione: 15/10/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 giugno
2014 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
udito l’avv. Mocci per la controricorrente;

dott. Federico SORRENTINO, il quale ha concluso per l’accoglimento per quanto
di ragione del ricorso principale, e per la dichiarazione d’inammissibilità ed in subordine per il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Clara Lopes, già intestataria di un conto corrente presso la succursale di
Siracusa della Banca Popolare di S. Venera Soc. Coop. a r.1., ed Antonino Stante,
autorizzato ad emettere assegni sul medesimo conto in qualità di delegato dell’intestataria, convennero in giudizio la Banca, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni causati dall’illegittimo protesto di due assegni dell’importo rispettivamente di Lire 4.500.000 e Lire 10.000.000.
A sostegno della domanda, esposero che il primo assegno, per il quale sussisteva idonea provvista, non recava la firma del primo prenditore, mentre per il secondo la Banca non aveva portato a loro conoscenza i termini d’indisponibilità
della provvista relativa agli assegni versati; aggiunsero che il comportamento gravemente colposo della Banca aveva arrecato gravissimo pregiudizio al loro buon
nome ed al corretto svolgimento delle loro attività economiche, avendo la Banca
disposto l’immediata chiusura del conto corrente, con il conseguente protesto di
numerosi altri assegni.
1.1. — Con sentenza del 12 novembre 2002, il Tribunale di Siracusa rigettò
la domanda, ponendo a carico di ciascuna delle parti la metà delle spese della
c.t.u. e dichiarando compensate le residue spese processuali.

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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

2.

L’impugnazione proposta dalla Lopes è stata rigettata dalla Corte d’Ap-

pello di Catania, che con sentenza del 27 novembre 2007 ha accolto il gravame
incidentale proposto dal Credito Siciliano S.p.a. (succeduto alla Banca Popolare a

spese di entrambi i gradi del giudizio.
A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa
sede, ha ritenuto che la mancanza di provvista comportasse la legittimità del protesto di entrambi gli assegni, osservando inoltre che ai sensi dell’art. 38 del regio
decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, il trattario è tenuto ad accertare la regolare
continuità delle girate soltanto in caso di pagamento, e non anche nel caso in cui
lo stesso non abbia luogo, per mancanza di fondi o per altra causa.
3. — Avverso la predetta sentenza la Lopes propone ricorso per cassazione,
articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Credito Siciliano resiste
con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente, va disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione del ricorso principale e del ricorso incidentale, iscritti a ruolo separatamente, ma aventi ad oggetto la medesima sentenza.
2. — Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 324 cod. proc. civ. e dell’art.
2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., assumendo che, nel dichiarare legittimo il protesto, la sentenza impugnata è incorsa in
ultrapetizione. Premesso infatti che la sentenza di primo grado aveva dichiarato
illegittimo il protesto di entrambi gli assegni, rigettando la domanda per mancanza

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seguito di fusione per incorporazione), condannando la Lopes al pagamento delle

di prova del danno, osserva che in ordine al primo capo della decisione si era formato il giudicato, in quanto essa ricorrente aveva censurato esclusivamente l’affermazione dell’insussistenza del danno, mentre la Banca si era limitata a contesta-

2.1. — Il motivo è infondato.
La mancata impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui
aveva affermato la responsabilità della Banca per l’illegittimo protesto degli assegni, non poteva infatti considerarsi sufficiente ai fini della formazione del giudicato in ordine alla relativa pronuncia, la quale non si configurava come un capo autonomo della sentenza, non costituendo una statuizione indipendente rispetto a
quella riguardante il risarcimento dei danni, la cui portata, favorevole alla convenuta, escludeva la soccombenza di quest’ultima, rendendo pertanto superflua l’impugnazione della sentenza in via incidentale, e consentendo la riproposizione delle
difese già svolte in primo grado, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. E’ noto infatti
che la formazione della cosa giudicata, in conseguenza della mancata impugnazione di un determinato capo della sentenza investita dall’impugnazione, può aver
luogo soltanto in riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai
motivi di gravame, perché fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri
vengono meno, mentre non può determinarsi in ordine alle affermazioni che costituiscano la premessa logica della statuizione adottata, ove quest’ultima sia oggetto
del gravame (cfr. Cass., sez. 1, 23 marzo 2012, n. 4732; Cass., Sez. III, 30 ottobre
2007, n. 22863; 18 ottobre 2005, n. 20143). La parte vittoriosa nel merito, la quale, a fronte dell’appello del soccombente, chieda la conferma della decisione im-

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re la pronuncia sulle spese processuali.

pugnata, eventualmente anche in base ad una diversa soluzione delle questioni
proposte nel precedente grado di giudizio, difetta pertanto d’interesse alla proposizione dell’impugnazione incidentale, avendo soltanto l’onere di riproporre dette

nuncia derivante da un comportamento omissivo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio
2007, n. 3717; Cass., Sez. I, 26 novembre 2010, n. 24021; Cass., Sez. III, 13 aprile 2007, n. 8854).
3. — Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38 del regio decreto n. 1736 del 1933, affermando che il protesto dell’assegno per mancanza di provvista può essere levato
soltanto all’esito della verifica in ordine alla genuinità ed alla continuità delle girate, cui la banca trattaria è tenuta prima di procedere al pagamento.
3.1.

Il motivo è infondato.

Il protesto consiste infatti nella formale attestazione, fatta da un notaio o da
un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, dell’avvenuta presentazione dell’assegno per il pagamento e del rifiuto opposto dalla banca trattaria, nonché delle relative ragioni, prescritta dall’art. 45 del regio decreto n. 1736 del 1933 ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso da parte del prenditore nei confronti del traente e
dei giranti. Tale attestazione, richiesta a pena di decadenza del portatore dall’azione di regresso, ma consentita anche al fine di far risultare in forma pubblica il
mancato pagamento ad ogni altro possibile effetto (cfr. Cass., Sez. I, 10 marzo
2000, n. 2742), pur presupponendo il controllo della regolare continuità delle girate, che la banca trattaria è tenuta ad effettuare ai fini del pagamento del titolo, ai
sensi dell’art. 38 cit., non è correlata alla predetta verifica, dovendo aver luogo in
ogni caso di rifiuto del pagamento, indipendentemente dalle ragioni opposte dalla

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questioni, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., per superare la presunzione di ri-

banca, che quest’ultima, ai sensi dell’art. 63, è tenuta soltanto a far risultare dal relativo verbale. E’ pur vero, infatti, che la regolare continuità delle girate costituisce, unitamente al possesso del titolo, uno degli elementi della fattispecie che le-

quale la banca presso la quale sussista la relativa provvista non può rifiutare l’adempimento, incorrendo altrimenti in responsabilità nei confronti del traente, a
meno che non sia stato quest’ultimo ad ordinarle di non procedervi, ai sensi dello
art. 35. Ciò non significa, tuttavia, che la legittimità del rifiuto di adempiere, derivante dall’assenza del predetto requisito, dispensi la banca dall’obbligo di far levare il protesto, a tutela delle ragioni del portatore: in senso contrario a tale esonero
depone non solo l’ovvia considerazione che non spetta alla banca trattaria il compito di risolvere eventuali contestazioni in ordine alla legittimazione di quest’ultimo, ma anche la circostanza che il predetto obbligo è pacificamente ritenuto configurabile anche in altri casi in cui, pur sussistendo la provvista dell’assegno, la
banca non sia tenuta ad effettuare il pagamento, come ad esempio nel caso in cui
la firma di traenza risulti palesemente contraffatta o addirittura non riferibile al titolare del conto sul quale l’assegno è tratto. In questi casi, può infatti discutersi
soltanto dell’individuazione del soggetto nei confronti del quale dev’essere levato
il protesto, nonché delle ragioni del rifiuto di pagamento da indicarsi nel relativo
verbale, ma non anche dell’obbligo della banca di procedere alla levata del protesto.
Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il difetto di legittimazione del portatore dell’assegno non escludesse la
legittimità della levata del protesto, pur essendo stata addotta, a giustificazione del
rifiuto del pagamento, la mancanza della relativa provvista, dal momento che, a

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gittima il portatore a richiedere il pagamento dell’assegno, ed in presenza della

sostegno dell’affermata responsabilità della banca, la ricorrente non aveva fatto
valere l’erroneità delle ragioni indicate nel verbale di protesto, ma il dovere della
banca di astenersi dalla levata dello stesso, la cui configurabilità doveva essere in-

4. — Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 cod. civ., sostenendo che la domanda di risarcimento avrebbe meritato di essere accolta sia con riguardo alla lesione del buon
nome di essa ricorrente, ravvisabile in re ipsa e suscettibile di liquidazione anche
in via equitativa, che con riguardo al pregiudizio arrecato al corretto andamento
delle sue attività economiche, da ritenersi sussistente in base ad una valutazione
globale della vicenda. Premesso infatti di svolgere l’attività di coltivatrice diretta,
con un rilevantissimo volume d’affari ed una notevole capacità produttiva, dimostrati dalla considerevole movimentazione di denaro sul conto corrente e dal consistente ammontare dello scoperto di cui godeva, afferma che l’illegittima levata
del protesto e la sua pubblicazione, cui hanno fatto seguito anche procedimenti
penali ed il divieto di emettere assegni, hanno comportato una gravissima lesione
della sua reputazione commerciale, impedendole anche di mantenere rapporti con
altri istituti di credito.
4.1. — Il motivo è inammissibile, avendo ad oggetto una questione che avrebbe potuto essere riproposta soltanto nel giudizio di rinvio, in caso di accoglimento del ricorso, non essendo stata trattata nella sentenza impugnata, in quanto
ritenuta assorbita dall’avvenuta esclusione della responsabilità della Banca e dal
conseguente rigetto della domanda di risarcimento dei danni (cfr. Cass., Sez. III,
10 marzo 2007, n. 4804; 27 marzo 2001, n. 4424).
5.

Il ricorso principale va pertanto rigettato, restando assorbito il ricorso

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vece esclusa per le ragioni esposte in precedenza.

incidentale condizionato, con cui il Credito Siciliano ha censurato la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui,
ai fini dell’esclusione della responsabilità della Banca trattaria, si è soffermata e-

prenditore, senza tener conto del protesto dell’altro assegno, la cui legittimità assorbiva ogni valutazione in ordine alla condotta della Banca.
6.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal

dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso
incidentale, e condanna Lopes Clara al pagamento delle spese processuali, che si
liquidano in complessivi Euro 4.200,00, ivi compresi Euro 4.000,00 per compensi
ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2014, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile

sclusivamente sul mancato pagamento dell’assegno privo della girata del primo

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