Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21835 del 28/10/2016
Cassazione civile sez. trib., 28/10/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 28/10/2016), n.21835
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 23565/11 proposto da:
C.G. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Cardinal
Ginnasi n. 8, presso lo Studio dell’Avv. Pierluigi Tiberio, che la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.
12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 294/18/10 della Commissione Tributaria
Regionale della Sicilia sez. staccata di Catania, depositata il 30
settembre 2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4
ottobre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. dello Stato Giovanni Palatiello, per la
controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 294/18/10 depositata il 30 settembre 2010 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sez. staccata di Catania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e – in riforma della decisione n. 31/01/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa – respingeva il ricorso promosso da C.G. S.r.l. contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale veniva recuperato il credito d’imposta previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 a titolo di incentivo per investimenti in beni strumentali fatti dalle imprese in zone svantaggiate.
La CTR fondava la decisione su di un’unica ragione “di merito”, cioè per avere la contribuente erroneamente determinato il credito d’imposta che le sarebbe spettato. Difatti secondo la CTR la L. n. 388 cit., art. 8, comma 2, “non prevedeva di detrarre dall’importo dell’investimento le minusvalenze generatesi proprio a seguito della dismissione del bene”.
La contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’ufficio depositava un atto denominato “di costituzione” al solo dichiarato scopo dell’eventuale partecipazione alla discussione.
Diritto
1. Con il primo motivo rubricato di ricorso “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 329 c.p.c.”, la contribuente deduceva che con l’atto d’appello l’Ufficio aveva impugnato soltanto una delle due rationes decidendi sulle quali era stata fondata la prima decisione, secondo la contribuente difatti l’Ufficio non aveva impugnato la sentenza della CTP nella parte in cui era stata ritenuta la nullità dell’avviso per difetto di sua motivazione, con la conseguenza che la CTR avrebbe sbagliato a non dichiarare l’inammissibilità dell’appello per mancanza d’interesse processuale in quanto l’Ufficio aveva fatto acquiescenza cosiddetta “impropria” alla ridetta declaratoria di difetto di motivazione dell’accertamento fiscale.
Il motivo – che nella sostanza si traduce in una denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 circa l’omesso rilievo ex officio di inammissibilità dell’appello causa il giudicato preclusivo formatosi per acquiescenza cosiddetta “impropria” relativamente alla statuizione della CTP di insufficiente motivazione dell’impugnato avviso (Cass. sez. 3 n. 3664 del 2013; Cass. sez. lav. n. 8940 del 2002) – deve essere accolto perchè trattasi di una ratio decidendi autonoma che da sola è in grado di sorreggere la decisione della CTP di accoglimento del ricorso del contribuente (Cass. sez. 3 n. 8105 del 2015; Cass. sez. 3 n. 15508 del 2011). In effetti la CPT aveva statuito che, “anche a voler ritener che il verbale a cui si riferiva l’atto impugnato nelle sue motivazioni fosse quello allegato dalla ricorrente”, doveva comunque ulteriormente ritenersi “che il provvedimento impugnato non appariva sufficientemente motivato in quanto non veniva chiaramente esposto il criterio seguito dai verificatori per determinare l’inesistenza del credito d’imposta”, statuizione che nell’atto d’appello dell’Ufficio non viene precisamente censurata col conseguente venire ad esistenza del giudicato in parola.
2. Assorbiti gli altri motivi.
3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la controversia deve essere decisa con la dichiarazione di inammissibilità dell’appello.
4. Nella particolarità della lite debbono farsi consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese di ogni fase e grado.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e decidendo la controversia dichiara inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia dell’Entrate; compensa le spese di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016