Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21833 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/10/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 28/10/2016), n.21833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11785/11 proposto da:

Emme Emme S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Bruno Buozzi n. 49,

presso lo Studio dell’Avv. Alessandro Riccioni, rappresentata e

difesa dall’Avv. Gianfrancesco Vecchio, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/09/10 della Commissione Tributaria

Regionale della Puglia, depositata l’8 marzo 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4

ottobre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Gianfracesco Vecchio, per la ricorrente; udito l’Avv.

dello Stato Giovanni Palatiello, per la controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 30/09/10 depositata l’8 marzo 2010 la Commissione Tributaria Regionale della Pugliarespingeva l’appello principale proposto da Emme Emme S.p.A. avverso la decisione n. 13/17/09 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari che aveva rigettato il ricorso promosso dalla contribuente contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Agenzia delle Entrate revocava il credito d’imposta previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per investimenti in zone svantaggiate.

Per quanto rimasto d’interesse la CTR riteneva che l’impugnato accertamento fosse stato correttamente motivato per relationem al PVC la cui “copia completa” era stata consegnata alla contribuente, che il ridetto accertamento non dovesse essere preceduto dall'”avviso bonario” L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 6, comma 5, perchè non si verteva in materia di “liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni”, nel merito che la contribuente fosse decaduta dall’agevolazione L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 62, comma 1, lett. f) e g), per non aver utilizzato il credito d’imposta entro i prescritti limiti annuali, che fosse nuova e comunque infondata l’eccezione di incostituzionalità di quest’ultima disposizione, che non dovessero essere disapplicate ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16 e L. n. 212 cit., art. 10 le sanzioni in quanto la normativa che stabiliva i limiti annuali di utilizzazione del credito d’imposta era “chiara e non dava adito a interpretazioni diverse”.

Contro la sentenza della CTR la contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

L’Ufficio resisteva con controricorso.

La contribuente si avvaleva della facoltà di depositare memoria.

Diritto

1. Con il primo motivo rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la contribuente lamentava che la CTR non avesse dichiarato la nullità dell’impugnato avviso causa il suo difetto di motivazione, “avendo l’Ufficio omesso di esporre le ragioni” per le quali avrebbe dovuto condividersi quanto esposto in PVC a sostegno della revoca dell’agevolazione.

Anche a prescindere dalla inammissibilità del motivo perchè in violazione della regola dell’autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 non è stato trascritto il contenuto dell’impugnato avviso, con ciò impedendo alla Corte di verificare quale sia stata la motivazione dello stesso e quindi di fondare l’esercizio nomofilattico su basi certe (Cass. sez. 6 n. 16134 del 2015; Cass. sez. 3 n. 8569 del 2013), la doglianza è ad ogni modo anche in astratto infondata alla luce della consolidata giurisprudenza per cui la motivazione dell’avviso di accertamento può far riferimento alle ragioni contenute in altro atto o documento se allegato o conosciuto dal contribuente come nel caso di specie (Cass. sez. trib. n. 2614 del 2016; Cass. sez. trib. n. 26527 del 2014).

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6 nella parte in cui impone l’obbligo di adottare l’avviso bonario prima della cartella in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente deduceva che la CTR avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’impugnato avviso anche perchè non preceduto dalla notifica dell’invito a fornire chiarimenti di cui alla L. n. 212 cit., art. 6, comma 5.

Il motivo è infondato perchè il cosiddetto “avviso bonario” che serve per instaurare un preventivo contraddittorio con l’Amministrazione prima di procedersi all’iscrizione a ruolo “quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (Cass. sez. trib. n. 8342 del 2012; Cass. sez. 6 n. 7536 del 2011), non riguarda la diversa fattispecie dell’avviso qui all’esame con il quale è stato invece accertato che l’agevolazione non era dovuta, un avviso della cui esistenza la CTR dà atto proprio all’inizio della sua narrativa laddove si scrive di “avviso di recupero di credito d’imposta”.

3. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 6 così come integrato e modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 132 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la contribuente deduceva di aver ricevuto comunicazione della concessione del credito d’imposta a settembre 2003, che pertanto come consentito dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 132, aveva avviato la realizzazione dell’investimento prima del 31 marzo 2004, cosicchè la CTR avrebbe errato a ritenere la perdita dall’agevolazione in quanto la L. n. 289 cit., art. 62, comma 1, lett. f) e g), comminava la decadenza in caso di non rispetto dei limiti massimi o minimi di utilizzazione del credito oltre il secondo anno successivo a quello nel quale è presentata l’istanza, mentre invece per la contribuente i termini erano tutti stati dalla L. n. 350 cit., art. 4, comma 132, lett. b), differiti di un anno e per cui le sarebbe stato consentito di utilizzare il credito fuori dei limiti prescritti per il primo e secondo anno e con possibilità di utilizzare il “100% del totale” il terzo anno a decorrere dal 2004 e cioè il 2006.

3.1. Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Questione di legittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 62, lett. f) e g) come modificate dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 132 e così interpretate dalla CTR Puglia”, la contribuente riteneva incostituzionale la normativa di cui sopra così come interpretata dalla CTR e questo perchè la “rigida scansione quantitativa” di utilizzo del credito d’imposta ex lege prevista era da giudicarsi irragionevole anche tenendo conto dei “fini sociali” dell’agevolazione.

3.2. I motivi, che per la loro stretta Connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

3.3. Si deve invero considerare che l’unico effetto previsto dalla L. n. 350 cit., art. 4, comma 132, lett. b), è stato in realtà quello di permettere al contribuente di differire la realizzazione dell’investimento al 2004 con riguardo alle “istanze che essendo state accolte soltanto a settembre del 2003 non potevano consentire l’utilizzo del credito d’imposta entro lo stesso anno, con la conseguenza di spostare a “cascata” nel 2004 e nel 2005 il primo e secondo anno entro cui la L. n. 289 cit., art. 62, comma 1, lett. f), imponeva di utilizzare il credito d’imposta nei prescritti limiti.

3.4. In secondo luogo – cioè con riguardo alla valutazione di costituzionalità della disposizione – occorre osservare che come programmaticamente evidenziato nello stesso L. n. 289 cit., art. 62, comma 1, i limiti di utilizzazione di credito trovavano la loro ragionevole spiegazione nell’esigenza di prevenire impieghi illegittimi dei crediti d’imposta, soprattutto perchè consentivano all’Amministrazione di controllare e tempestivamente reprimere abusivi comportamenti.

4. Con il quinto motivo di ricorso rubricato “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 e L. n. 212 del 2000, art. 10”, la contribuente nella sostanza denunciava la CTR per vizio di insufficiente motivazione per non aver considerato l’obbiettiva incertezza normativa derivata dalle “modifiche” che la L. n. 350 cit., art. 4, comma 132, avrebbe apportato alla L. n. 289 cit., art. 62, comma 1, lett. f).

Il motivo, che in pratica si risolve nella denuncia di un vizio motivazionale circa l’accertamento di un fatto costitutivo della fattispecie di non applicabilità delle sanzioni, fatto costitutivo consistente nelle “obbiettive condizioni di incertezza”, è infondato.

In effetti, con un apprezzamento non sindacabile nella presente sede di legittimità, in quanto sufficientemente e logicamente motivato dalla ritenuta evidenza della disposizione, la CTR ha escluso la sussistenza delle “obbiettive condizioni di incertezza” giudicando del tutto chiaro la L. n. 350 cit., art. 4, comma 132, nel senso che quest’ultimo avesse all’evidenza soltanto consentito un differimento dell’investimento per i contribuenti che solo nel settembre del 2003 avevano ricevuto comunicazione dell’agevolazione e quindi senza alcuna “modifica” alla regola dei limiti annuali di utilizzazione del credito d’imposta di cui alla L. n. 289 cit., art. 62, comma 1, lett. f) e g).

5. Con il sesto motivo di ricorso rubricato “Omessa pronuncia su una questione (implicitamente) dedotta; art. 112 c.p.c.(art. 360 c.p.c., n. 4) in relazione al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 4”, la contribuente censurava la CTR per non aver pronunciato sulla “implicita” domanda di riduzione delle sanzioni causa le “eccezionali circostanze che rendevano manifesta la sproporzione tra entità del tributo e la sanzione”.

Il motivo è infondato perchè mai la contribuente ha chiesto alla CTR di accertare le “eccezionali circostanze” che ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 7, comma 4, legittimerebbero la riduzione delle sanzioni soltanto qui in effetti richiesta.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’Ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 7.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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