Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2183 del 30/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2183 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 28345 del ruolo generale dell’anno
2016, proposto

da
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE I.N.P.S. (C.F.: 80078750587), in persona del rappresentante per procura, Luca Sabatini
rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dagli avvocati Vincenzo Stumpo (C.F.: STM VCN 67T20 H490X),
Antonietta Coretti (C.F.: CRT NNT 58D53 L117B) e Vincenzo
Triolo (C.F.: TRL VCN 64R26 F158R)
-ricorrentenei confronti di
TARANTINO Angela (C.F.: TRN NGL 69851 D643S)
-intimataper la cassazione della sentenza del Tribunale di Foggia n.
1999/2016, pubblicata in data 28 giugno 2016;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in
data 4 dicembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;

Fatti di causa
Angela Tarantino ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai
sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione
pronunziata a definizione del procedimento esecutivo da essa
promossa nei confronti dell’INPS sulla base di titolo esecutivo costituito da una precedente ordinanza di assegnazione emessa dal
medesimo ufficio giudiziario (a definizione di un’altra procedura
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Data pubblicazione: 30/01/2018

esecutiva promossa sulla base di una sentenza pronunziata dal
giudice del lavoro, per le spese di lite distratte in suo favore,
quale procuratore della parte ricorrente), per il recupero delle relative spese di registrazione.
Il Tribunale di Foggia ha accolto l’opposizione, ha dichiarato nulla
l’ordinanza impugnata, ha condannato l’INPS a pagare
all’opponente le spese del processo esecutivo, quantificate per

262,68 per esborsi ed C 3.800,00 per onorario di avvocato, oltre
accessori.
Ricorre l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale sulla base di
quattro motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore
ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato
manifestamente fondato.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione degli
artt. 616, 617 e 618 c.p.c. (art. 360, n. 4, c.p.c.)».
Con il secondo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 93, 409, 617, 618 e 618 bis
c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.)».
Con il terzo motivo si denunzia «nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118
disp. att. c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.)».
Con il Quarto motivo si denunzia «violazione o falsa applicazione
del combinato disposto dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 4 del D.M. n.
55/2014 (art. 360, n. 3, c.p.c.)».
2. È logicamente preliminare, ed assorbente, l’esame del secondo motivo del ricorso, che è manifestamente fondato (come del
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differenza in C 754,69, nonché le spese di lite, liquidate in C

resto già statuito da questa Corte in recenti precedenti tra le
medesime parti aventi ad oggetto analoga questione: cfr. ad es.
Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9654 del 13/04/2017; Sez. 6 – 3,
Ordinanza n. 11415 del 10/05/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n.
12034 del 16/05/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12032 del
16/05/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14337 del 08/06/2017;
Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14336 del 08/06/2017; Sez. 6 – 3, Or-

Come dedotto dall’istituto ricorrente, il giudizio di merito non è
stato instaurato nel termine perentorio fissato dal giudice
dell’esecuzione all’esito della fase sommaria.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che «il
credito azionato “in executivis” dal difensore de/lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorché consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro,
non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente; conseguentemente, non opera con riferimento al detto credito la competenza per materia del giudice del lavoro, prevista per l’opposizione all’esecuzione dall’art. 618-bis c.p.c.»
(Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 24691 del 06/12/2010, Rv.
615760 – 01, secondo giurisprudenza consolidata a far data da
Sez. L, Sentenza n. 17134 del 23/08/2005, Rv. 583401 – 01;
cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 11804 del 21/05/2007, Rv.
597805 – 01).
Del resto, nel caso di specie, il titolo esecutivo azionato non era
neanche costituito da un provvedimento del giudice del lavoro,
ma da una ordinanza di assegnazione del giudice dell’esecuzione
(emessa all’esito di una procedura instaurata sulla base di titolo
esecutivo costituito da sentenza del giudice del lavoro, ma per le
spese di lite distratte in favore del procuratore ai sensi dell’art.
93 c.p.c.), il che assorbe ogni questione sul punto.

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dinanza n. 23905 del 11/10/2017).

Ne consegue che è fondata la censura dell’istituto ricorrente secondo cui il giudizio di opposizione agli atti esecutivi avrebbe dovuto svolgersi secondo il rito ordinario, e non secondo il rito del
lavoro (e in senso contrario non è possibile argomentare da altri
precedenti di questa Corte relativi a controversie analoghe alla
presente, nelle quali il rito del lavoro seguito nel grado di merito
non era oggetto, come nel presente ricorso, di specifica censu-

Va quindi fatta applicazione del principio di diritto richiamato nel
ricorso, secondo cui «a norma dell’art. 618, comma 2, c.p.c. nel testo sostituito dall’art. 15 della legge 24 febbraio 2006 n. 52
-, l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della
fase sommaria di cui al primo comma della indicata disposizione,
deve avvenire, analogamente a quanto previsto dall’art. 616
c.p.c., con la forma dell’atto introduttivo richiesta nel rito con cui
l’opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione
piena; pertanto, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione, da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice»

(Cass.

Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19264 del 07/11/2012, Rv. 624337 01; Sez. 3, Ordinanza n. 1152 del 19/01/2011, Rv. 615946 01).
Avendo l’opponente introdotto il giudizio con ricorso invece che
con citazione, per rispettare il termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, avrebbe dovuto in tale termine non solo depositare il ricorso, ma anche notificarlo.
Non avendo proceduto in tal senso (il ricorso risulta depositato
entro il termine assegnato, ma la sua notifica è avvenuta in data
successiva alla sua scadenza), il Tribunale adito in sede di merito
avrebbe dovuto rilevare il mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art. 618 c.p.c., dichiarando inammissibile
l’opposizione agli atti esecutivi per tardiva instaurazione del giudizio di merito.

Ric. n. 28345/2016 – Ad. 4 dicembre 2017 – Ordinanza – Pagina 4 di 5

ra).

La sentenza che ha accolto l’opposizione è quindi affetta da nullità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c..

3. Il secondo motivo del ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata.
Gli altri motivi restano assorbiti.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa
Corte decide nel merito, dichiarando inammissibile l’opposizione
agli atti esecutivi proposta dalla parte qui intimata.
Per le spese del giudizio di merito nulla è a dirsi, essendo l’INPS
rimasta contumace.
Per quelle del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del
principio della soccombenza, come in dispositivo.

per questi motivi
La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta da Angela Tarantino;

condanna l’intimata al pagamento in favore dell’INPS delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida nella complessiva somma di C 2.500,00, oltre rimborso del contributo
unificato, C 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed
accessori come per legge.

Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2017.

Il presidente
Adelaide AMENDOLA

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